VEPA in area vincolata: serve davvero il titolo edilizio?
Riflessione critica sulla sentenza del TAR Lazio n. 9579/2025 e sul principio di “indifferenza del titolo” nelle aree soggette a vincolo
Se le Vetrate Panoramiche (c.d. VePA) sono inserite tra gli interventi di “edilizia libera”, possono essere oggetto di ordinanza di demolizione se realizzate in area vincolata senza titolo edilizio? È corretto affermare che in questi casi non basta l’autorizzazione paesaggistica ma serve anche titolo edilizio anche “minimale” quale la SCIA? E che senso ha parlare di edilizia libera se poi, di fatto, serve comunque un titolo?
A queste domande ha cercato di rispondere il TAR Lazio con la sentenza del 19 maggio 2025, n. 9579, oggetto dell’articolo pubblicato su LavoriPubblici.it con il titolo “VEPA in area vincolata: il TAR ribadisce i limiti dell’edilizia libera”, mediante la quale abbiamo offerto una prima analisi del caso, che merita però un ulteriore approfondimento, anche alla luce delle possibili ricadute applicative sul piano tecnico-operativo.
VEPA e vincoli: il fatto
Il caso riguardava l’installazione di una vetrata panoramica amovibile su un balcone aggettante, in un’area soggetta a doppio vincolo: paesaggistico e archeologico. Il Comune, ritenendo che l’intervento comportasse un aumento della superficie utile lorda in assenza dell’autorizzazione paesaggistica e del prescritto titolo edilizio, emetteva un’ordinanza di demolizione.
A questo punto il privato:
- rende noto di aver intrapreso il procedimento di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica previsto dall’art. 167, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 42/2004;
- rappresenta che l’opera rientrasse tra gli interventi di edilizia libera ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b-bis) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
L’opera in questione, infatti, avrebbe le seguenti caratteristiche:
- amovibile e richiudibile “a pacchetto”;
- totalmente trasparente;
- installata su un balcone aggettante;
- non configurante uno spazio stabilmente chiuso;
- non integrante una variazione di volumi e superfici.
La decisione del TAR
Il TAR ha respinto il ricorso, affermando che:
- anche gli interventi di edilizia libera devono rispettare la disciplina vincolistica;
- l’assenza totale di titolo giustifica l’ordine di demolizione;
- in presenza di vincoli, non basta l’autorizzazione paesaggistica: serve anche un titolo edilizio, anche solo ai fini di rendere tracciabile e controllabile l’intervento.
Secondo il TAR “…quand’anche l’intervento in questione dovesse ritenersi rientrante nel novero di quelli eseguibili in assenza di titolo abilitativo, nondimeno ciò non esimerebbe l’autore del medesimo dal rispettare le prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 42/2004 e, a tal fine, dal munirsi di un titolo – quantunque minimale quale potrebbe essere anche la sola SCIA ex art. 22, d.P.R. n. 380/2001 – accompagnato, comunque, dall’assenso alla realizzazione dell’intervento da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo gravante sull’area”.
Tralasciando la definizione di titolo “quantunque minimale” che i giudici accostano alla SCIA, il TAR ribadisce che:
- nelle aree soggette a vincolo paesaggistico, ogni intervento edilizio privo di autorizzazione paesaggistica e di titolo abilitativo è soggetto a demolizione, a prescindere dalla sua eventuale riconducibilità all’edilizia libera;
- non rileva quale sia il titolo edilizio più corretto o adeguato a eseguire l’opera: ciò che conta è che l’intervento sia stato realizzato in assenza totale di autorizzazioni, sia sotto il profilo urbanistico che paesaggistico.
A supporto di questa tesi il TAR cita l’art. 27 del Testo Unico Edilizio che, a suo dire, “impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico”. Secondo i giudici di primo grado, non rileva quale sia il titolo edilizio più corretto o adeguato a eseguire l’opera, ciò che rileva è che l’opera sia stata eseguita in totale assenza di qualsiasi forma di assenso preventivo, sia urbanistico che paesaggistico, sia sotto il profilo urbanistico che paesaggistico. In questi casi, l’amministrazione ha l’obbligo di disporre la demolizione, senza che sia necessario verificare la possibilità di sanatoria. Questo approccio si fonda sul cosiddetto principio di “indifferenza del titolo” nei contesti vincolati, ormai consolidato anche in giurisprudenza di merito e di legittimità.
Le criticità della pronuncia
La posizione del TAR, pur formalmente coerente con la giurisprudenza maggioritaria, presenta alcuni elementi critici che ritengo opportuno evidenziare puntualmente.
Edilizia libera e vincoli: due piani distinti
L’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 prevede che determinati interventi (tra cui le VEPA) possano essere eseguiti senza titolo edilizio, ma fatte salve le normative di settore, tra cui il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Questo implica che l’autorizzazione paesaggistica sia necessaria, ma non trasforma automaticamente l’intervento in uno subordinato a titolo edilizio.
Il titolo edilizio
Se l’intervento è “edilizia libera”, che senso ha richiedere un titolo edilizio? E quale sarebbe, di preciso? I giudici parlano astrattamente di titolo “quantunque minimale” (definizione che appare discutibile) accostandolo alla SCIA ex art. 22 del Testo Unico Edilizia. Ma per quale motivo non si potrebbe anche utilizzare la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi dell’art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001? E, oltretutto, non si potrebbe "gestire" la difformità presentando una CILA tardiva ai sensi del comma 5 del citato art. 6-bis? Si potrebbe applicare questo meccanismo anche alle VEPA in zona vincolata, evitando così un formalismo inutile?
Il rischio di svuotare la semplificazione normativa
Se si arriva a concludere che per ogni VePA in area vincolata occorre autorizzazione paesaggistica + titolo edilizio (qualunque), si neutralizza il significato stesso di “attività edilizia libera”. In sostanza, si crea un regime ibrido, in cui l'intervento è formalmente libero ma sostanzialmente sottoposto a una doppia autorizzazione.
Conclusioni
La nuova sentenza del TAR Lazio riporta al centro del dibattito un tema operativo di forte attualità: l’effettiva applicabilità dell’edilizia libera in presenza di vincoli paesaggistici e archeologici.
Da questa vicenda emergono alcuni spunti chiave:
- la VePA è edilizia libera secondo la legge, ma solo se non esistono vincoli;
- in presenza di vincoli, l’autorizzazione paesaggistica è sempre necessaria, ma non dovrebbe comportare automaticamente l’obbligo di un titolo edilizio formale;
- se si ritiene comunque necessario un titolo, una CILA potrebbe costituire un compromesso accettabile, evitando demolizioni sproporzionate e mantenendo un minimo di coerenza sistematica.
Alla luce della frammentazione normativa degli ultimi anni, si
potrebbe sostenere l’esigenza di un chiarimento ministeriale o di
una circolare interpretativa che separi con maggiore precisione il
piano edilizio da quello paesaggistico, offrendo ai tecnici uno
strumento chiaro e univoco per operare.
Ma il nodo vero è un altro: professionisti dell’area tecnica e
giuristi non chiedono più interpretazioni, ma modifiche normative
che armonizzino disposizioni oggi in conflitto e, soprattutto, una
riforma organica del Testo Unico Edilizia, capace di partire dalla
realtà concreta del patrimonio immobiliare italiano e dalle
esigenze operative di chi lo governa ogni giorno.
In mancanza di certezze normative, cresce il rischio di contenziosi e interpretazioni contrastanti: un’illusione normativa, destinata a svanire non appena si affaccia un vincolo, anche solo formale.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio