SCIA in sanatoria e prescrizioni: il Consiglio di Stato conferma la legittimità del rilascio condizionato
Anche prima del Salva Casa la Pubblica Amministrazione poteva subordinare l’accoglimento della SCIA in sanatoria a interventi di ripristino parziale: cosa cambia oggi con l’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia
La P.A. può subordinare l'accoglimento alla realizzazione di opere correttive? Qual è il confine tra vincolo e discrezionalità nella SCIA ex art. 37 del TUE? E cosa cambia con il Salva Casa?
SCIA in sanatoria e prescrizioni: la sentenza del Consiglio di Stato
La disciplina della SCIA in sanatoria è stata (e lo è tutt’ora per i contenziosi più datati) uno dei terreni più scivolosi del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in particolare quando si tratta di individuare i limiti del potere comunale rispetto alla regolarizzazione di abusi formali. A ciò si aggiunge l’ambiguità sulle condizioni eventualmente imponibili dall’amministrazione, che rende sempre più rilevante il contributo interpretativo della giurisprudenza.
Benché molte delle problematiche connesse all’utilizzo della SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37 del Testo Unico Edilizia (TUE) siano state superate dopo la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), restano ancora molti contenzioni sui quali la giurisprudenza sta intervenendo.
Sull’argomento registriamo una nuova e importante pronuncia del Consiglio di Stato - sentenza 17 giugno 2025, n. 5288 – che ha fatto chiarezza su un punto critico: la possibilità di subordinare l’accoglimento di una SCIA in sanatoria alla realizzazione di opere di ripristino parziale.
Il caso oggetto della controversia riguarda un immobile, dove il proprietario aveva presentato una SCIA in sanatoria ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001 per regolarizzare la trasformazione di quattro finestre in porte d’accesso al piano terra. Il Comune, pur riconoscendo in un primo momento la doppia conformità, successivamente ha subordinato l’accoglimento della pratica al ripristino di tre delle quattro aperture.
In primo grado il TAR ha dato ragione al privato, affermando che il Comune non avrebbe potuto introdurre prescrizioni aggiuntive. Di parere opposto, invece, il Comune che ha richiesto l’intervento del Consiglio di Stato.
Cosa dice la giurisprudenza sulla SCIA in sanatoria
Come anticipato in premessa, quando si parla della “vecchia” SCIA in sanatoria non è possibile dare nulla per scontato. Ad esempio, che valore ha il silenzio della P.A. su queste istanze? Fornire una risposta univoca non è affatto semplice. Secondo due recenti sentenze del Consiglio di Stato (sentenza 4 gennaio 2023, n. 160 e sentenza 1 marzo 2023, n. 2192), ad esempio, si tratta di silenzio-inadempimento ma vi invito a leggere l’interessante approfondimento pubblicato su queste pagine e scritto dall’Avv. Andrea Di Leo (SCIA in sanatoria e silenzio inadempimento: i conti senza l’oste?) e quello elaborato dal sottoscritto (Abusi edilizi: gli effetti del silenzio sulla SCIA in sanatoria) come commento alla Sentenza del Consiglio di Stato 20 febbraio 2023, n. 1708.
Tra le sentenze emanate su questo argomento vi segnalo anche:
- TAR:
- Lazio, sentenza 24 aprile 2023, n. 7008;
- Abruzzo, sentenza 2 maggio 2024, n. 242;
- Campania, sentenza 31 gennaio 2025, n. 854
- Consiglio di Stato:
Dalla lettura delle citate sentenze emerge come si siano formati 3 diversi orientamenti:
- secondo un primo filone giurisprudenziale il silenzio sulla SCIA in sanatoria sarebbe da qualificarsi come silenzio rigetto;
- un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio della PA debba qualificarsi come assenso;
- un ultimo orientamento, condiviso dal Consiglio di Stato, ritiene che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'amministrazione procedente, pena la sussistenza di un'ipotesi di silenzio inadempimento.
Il nuovo intervento del Consiglio di Stato
Con la recentissima sentenza n. 5288/2025 registriamo nuovi interessanti spunti secondo i quali:
- l’amministrazione può legittimamente subordinare l’accoglimento dell’istanza a prescrizioni conformative, purché non ne snaturino la funzione;
- il potere del Comune in sede di esame della SCIA ex art. 37 non è affatto vincolato, come invece per l’art. 36 TUE, ma si accompagna alla facoltà di applicare anche le sanzioni previste dagli artt. 31-35 d.P.R. 380/2001;
- l’adozione di prescrizioni correttive – in questo caso, la riconversione di alcune aperture – è funzionale alla tutela del decoro urbano e della coerenza urbanistica, in linea con quanto già ammesso in giurisprudenza per i permessi in sanatoria (Cons. Stato, n. 2860/2016 e n. 4176/2015).
Il Consiglio di Stato ha, quindi, accolto l’appello del Comune, riconoscendo che le prescrizioni imposte (ripristino di tre varchi su quattro) costituivano una modalità legittima per mitigare gli effetti dell’abuso e facilitare una parziale regolarizzazione.
Analisi tecnica
L’aspetto tecnico rilevante è la conferma di un principio operativo: anche in sede di sanatoria “deformalizzata” (ex art. 37 TUE), il Comune può intervenire attivamente per contenere gli effetti delle trasformazioni abusive, senza essere vincolato a un'automatica approvazione o rigetto.
In pratica, siamo di fronte a un titolo abilitativo "condizionato", utile per:
- evitare un rigetto totale dell’istanza, con ulteriore aggravio procedurale per il cittadino;
- tutelare l’interesse pubblico al rispetto dell’impianto urbanistico;
- semplificare la gestione delle irregolarità minori, senza eludere i principi del governo del territorio.
Questa interpretazione si differenzia da quanto previsto per l’art. 36 TUE, dove il potere dell’amministrazione è più strettamente vincolato alla verifica della doppia conformità, e non ammette prescrizioni modificative.
Cosa è cambiato con il Salva Casa
Dicevo in premessa che la situazione sulla SCIA in sanatoria è notevolmente cambiata (in meglio) con il Salva Casa che:
- da una parte ha abrogato il comma 4 dell’art. 37 (relativo proprio alla SCIA in sanatoria con doppia conformità);
- dall’altra ha inserito la SCIA in sanatoria all’interno del nuovo art. 36-bis relativo alla gestione degli abusi parziali e delle variazioni essenziali.
Con la nuova SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis, è espressamente prevista la facoltà della P.A. di concedere la regolarizzazione postuma condizionata alla realizzazione di interventi (anche strutturali) necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
La sentenza n. 5288/2025, pur riferita alla disciplina previgente, conferma la coerenza sistematica del nuovo art. 36-bis, che formalizza espressamente quanto già era possibile in via interpretativa: prescrizioni finalizzate alla mitigazione degli abusi minori.
Conclusioni
Il nuovo intervento del Consiglio di Stato introduce un punto fermo nella disciplina della SCIA in sanatoria:
- la regolarizzazione può essere accolta con prescrizioni correttive, quando queste sono finalizzate a ristabilire un equilibrio urbanistico e paesaggistico;
- non si forma alcun silenzio-assenso, né l’inerzia dell’amministrazione può essere equiparata a un titolo legittimante in caso di SCIA presentata ai sensi dell’art. 37;
- i tecnici devono attendere un provvedimento espresso e tenere conto che l’amministrazione potrà subordinare il via libera a interventi integrativi di mitigazione (punto sul quale mi trova parecchio dubbioso).
In definitiva, la SCIA in sanatoria si conferma uno strumento flessibile ma non automatico, il cui esito è strettamente legato alla valutazione tecnica dell’intervento e all’interesse pubblico sotteso alla regolarizzazione. Una sentenza da conoscere, soprattutto alla luce del nuovo art. 36-bis e delle continue evoluzioni della disciplina post-Salva Casa.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 17 giugno 2025, n. 5288