Il principio del risultato nei contratti pubblici: la giurisprudenza ne amplia la portata

di Redazione tecnica - 19/05/2025

Un incentivo pubblico può essere negato per un’irregolarità formale? Qual è il limite tra rigore formale e tutela dell’interesse pubblico? E il principio del risultato, di cui all’art. 1 del nuovo Codice dei contratti, può essere utilizzato anche al di fuori del perimetro degli appalti?

Principio del risultato: interviene il Consiglio di Stato

A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3959 del 9 maggio 2025, con la quale la Sezione II ha accolto l’appello di una società idroelettrica, aprendo una riflessione destinata ad avere effetti ben oltre il caso concreto.

Un’occasione utile per approfondire il significato e l’ambito di applicazione del principio del risultato, la sua origine costituzionale e la sua efficacia anche in settori diversi da quelli regolati espressamente dal D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti).

La controversia ha origine da tre istanze con cui una società, titolare di impianti idroelettrici, aveva chiesto l’ammissione agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ai sensi del D.M. 6 luglio 2012. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), pur riconoscendo il rispetto di un primo criterio tecnico di priorità, ha negato il beneficio assumendo il mancato rispetto di un secondo requisito: l’utilizzo del deflusso minimo vitale (DMV) previsto all’art. 10, comma 3, lett. e), romanino iv), del decreto ministeriale.

Per il GSE, infatti, l’assenza di un’espressa previsione del DMV nella concessione di derivazione comportava l’impossibilità di applicare tale criterio di priorità. Di conseguenza, l’ammissione agli incentivi è stata completamente negata. Dopo il ricorso al TAR (respinto), si è passati al Consiglio di Stato.

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