Il DURC e l'autocertificazione, tutta la storia fino alle due ultime circolari ministeriali

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione generale per l'Attività Ispettiva, ha inviato una lettera a varie associazioni di categoria (i...

11/06/2012
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione generale per l'Attività Ispettiva, ha inviato una lettera a varie associazioni di categoria (ivi comprese quelle di Comuni e Province), con il seguente oggetto: «Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) - art. 44 bis, D.P.R. n. 445/2000 - non autocertificabilità» (prot. n. 37/0000619/MA007.A001).

Il percorso motivazionale appare essere il seguente.
Le «certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione» di cui al d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 1, riguardano solo «stati, qualità personali e fatti». «In tale nozione, quindi, rientrano elementi di fatto oggettivi riferiti alla persona e che non possono non essere dalla stessa oggetto di sicura conoscenza».
«Cosa del tutto diversa (...) è la certificazione» di «regolare versamento», «che (...) non è la mera certificazione dell'effettuazione di una somma a titolo di contribuzione (come lascia intendere l'art. 46 lett. p, del D.P.R. 445/2000) ma una attestazione dell'Istituto previdenziale (...) effettuata dopo complesse valutazioni tecniche».
L'operatore economico non potrebbe mai rendere «una autodichiarazione» sulle «valutazioni effettuate da un Organismo tecnico» terzo, in quanto, per la loro discrezionalità tecnica, egli non sarebbe oggettivamente in grado di conoscerle in via preventiva.
«Pertanto il riferimento, nell'ambito dell'art. 44 bis, ad un controllo delle informazioni relative alla regolarità contributiva "ai sensi dell'art. 71" lascia intendere la possibilità», cioè il dovere «da parte della P.A., di acquisire un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere vagliati dalla stessa P.A. con le modalità previste per la verifica delle autocertificazioni».
In sostanza, l'Amministrazione dovrebbe necessariamente richiedere all'operatore economico la produzione del DURC, in quanto la sua eventuale semplice autocertificazione sarebbe irrilevante. Siccome però questo DURC contiene la dicitura prevista dal d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 02 ("Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi"), il DURC stesso varrebbe solo come una fondata ed ammissibile autocertificazione, in quanto basata su dati certi elaborati dagli istituti previdenziali. Rispetto a questo DURC funzionalmente equipollente ad autocertificazione, l'Amministrazione dovrebbe poi procedere alla verifica d'ufficio cui è tenuta.
In breve, potremmo dire che la tesi di fondo si basa sulla non dichiarabilità di ciò che non si può conoscere.
La tesi è confermata (sia pure con un significativo aggiustamento, proprio per i contratti pubblici) anche nella successiva comunicazione dell'INAIL, d'intesa con il Ministero (Prot. INAIL.60010.26/01/2012.0000573), in data 26 gennaio 2012.

Va anzitutto evidenziato, sinteticamente, il quadro giuridico di base della materia.
«Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: (...) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto» (d.P.R. 445/2000, art. 46, comma 1, lett. p)). L'art. 46 riguarda, come noto, le «dichiarazioni sostitutive di certificazioni».
L'art. 47 del d.P.R. 445/2000 riguarda, invece, le «dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà»:
«1. L'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo (...) . (...) 2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. (...) 3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà».

Ora, poiché il d.P.R. 445/2000, art. 46, comma 1, lett. p), menziona espressamente l'«assolvimento di specifici obblighi contributivi» (addirittura «con l'indicazione dell'ammontare corrisposto») fra «stati, qualità personali e fatti» ai quali corrisponde un documento rientrante fra le «normali certificazioni», seguendo il ragionamento ministeriale ci si chiede - per converso - quale allora possa essere questo documento, che però non sia il DURC. La risposta non c'è. La previsione di cui alla lett. p) sarebbe allora inutiler data se ad essa non corrispondesse un certificato. Appare quindi impossibile l'ipotesi che il documento tipico in materia non sia il DURC.

Anche ipotizzato (ma non concesso, come si è visto) che il DURC non sia la certificazione corrispondente alla summenzionata lett. p), opererebbe comunque la valenza residuale della dichiarazione sostituiva dell'atto di notorietà. «Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge», e non risulta che l'accertamento della regolarità contributiva vi rientri, «nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà» (comma 3 dell'art. 47). Tale previsione, anzi, renderebbe superflua la necessità della sussistenza della stessa dichiarazione sostituiva di certificazione.

E poi, se anche si volesse sostenere (senza condividerlo) che l'operatore economico non potrebbe autocertificare la regolarità contributiva, in quanto questa non riguarderebbe «stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato» ai sensi del comma 1 dell'art. 47, opererebbe comunque la previsione di chiusura di cui al comma 2 del medesimo art. 47. L'operatore economico sarebbe infatti legittimato ad autocertificare la propria regolarità contributiva, in quanto rientrante, quanto meno, tra i «fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza». Si fonda su un irragionevole travisamento della realtà l'ipotesi ministeriale che l'operatore economico possa non conoscere in termini esatti la propria posizione contributiva. E se anche così fosse - nel senso che l'operatore economico potrebbe non avere, eccezionalmente, la certezza di come gli istituti previdenziali abbiano tecnicamente elaborato la sua posizione contributiva - egli ha sempre la possibilità di richiedere privatamente un DURC. Questo configurerebbe uno di quei «fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza»: su questo DURC egli fonderebbe con certezza la sua autocertificazione.

Su quest'ultimo punto va però notato che «la richiesta di DURC per le seguenti tipologie: appalto/subappalto/affidamento di contratti pubblici di lavori, forniture e servizi[,] contratti pubblici di forniture e servizi in economia con affidamento diretto[,] agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni ed autorizzazioni[,] dal 13 febbraio p.v. potrà essere effettuata esclusivamente dalle Stazioni Appaltanti pubbliche o dalle Amministrazioni procedenti. Le imprese interessate, attraverso l'apposita funzione di consultazione disponibile sull'applicativo www.sportellounicoprevidenziale.it, potranno verificare la richiesta di DURC da parte della Stazione Appaltante pubblica o dell'Amministrazione procedente ed il suo iter» (cit. comunicazione INAIL).

Ma la "geniale" trovata dell'INAIL non annulla la possibilità oggettiva per l'operatore economico di conoscere con certezza la propria posizione contributiva, acquisendo un DURC che pur non riguardi le summenzionate «tipologie: appalto/subappalto/affidamento di contratti pubblici di lavori, forniture e servizi[,] contratti pubblici di forniture e servizi in economia con affidamento diretto».

è pacifico in giurisprudenza quanto (ex multis) afferma T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 19 febbraio 2009, n. 366: «la controinteressata (...) asserisce l'illegittimità del DURC esibito in sede di gara dalla ricorrente principale, Impresa - omissis - , in quanto lo stesso sarebbe stato rilasciato per ottenere l'attestazione SOA e non per la partecipazione a gare d'appalto, come invece sarebbe stato corretto, vista la procedura cui l'emissione era finalizzata. Ciò impedirebbe, di conseguenza, anche il riconoscimento, al documento prodotto (rilasciato il 27 maggio 2008 per una gara svoltasi il 30 luglio 2008), di una validità trimestrale, proprio perché la normativa consentirebbe un prolungamento della validità temporale - che di regola è mensile - soltanto per quei documenti rilasciati per la partecipazione alle gare d'appalto e non ad altri, come i DURC che si riferiscono alle attestazioni SOA. La doglianza non può essere accolta, in considerazione della circostanza, emergente dall'esame dello stesso DURC prodotto dalla ricorrente Impresa - omissis - , che lo stesso è stato rilasciato con la dicitura "Per partecipazione gare appalto" e con una validità di tre mesi a partire dal 27 maggio 2008. In senso contrario non assume rilievo decisivo il fatto che la predetta dicitura sia stata apposta con un timbro in un momento successivo alla generazione del certificato da parte del sistema informatico che, in origine, recava l'indicazione "per attestazione SOA alla data del 15/05/2008". Difatti, in alcuni casi è possibile che le voci previste per richiedere tramite il sistema informatico l'emissione di un DURC non contemplino tutte le sue possibili tipologie - nel caso di specie la voce "per la partecipazione a gare d'appalto" - e quindi l'ente previdenziale che lo rilascia procede all'integrazione del certificato con l'apposizione della stampigliatura, come avvenuto nel caso di specie. Tale procedimento deve essere considerato legittimo per due ordini di ragioni. In primo luogo, l'apposizione della stampigliatura manuale comunque è operata dall'ente che rilascia il certificato e, dunque, non lascia dubbi sulla sua autenticità e sulla correttezza dell'attestazione. Del resto, se non si ammettesse un tale modus procedendi, le imprese che richiedessero dei DURC ad enti previdenziali come la Cassa Edile della Provincia di - omissis - non potrebbero ottenere alcune tipologie di certificati, con gravi conseguenze per lo svolgimento delle proprie attività. Inoltre, ciò che assume un valore dirimente è la verifica dell'effettiva equivalenza delle diverse tipologie di DURC. Laddove questi documenti attestino la situazione complessiva dell'impresa con riferimento a tutti i lavori svolti o in corso di svolgimento e in relazione a tutti i cantieri ovunque ubicati, non vi è ragione di ritenere non idoneo il documento di regolarità contabile anche se lo stesso fosse stato rilasciato per una tipologia diversa rispetto a quella richiesta in quella specifica circostanza (in tal senso, C.G.A., 21 luglio 2008, n. 662). In presenza di una perfetta equivalenza tra le diverse tipologie di DURC sarebbe un puro formalismo, lesivo dei principi di concorrenza e di proporzionalità e in contrasto con le esigenze di semplificazione, ritenere non valido un certificato che comunque attesti quanto richiesto, ossia la situazione globale dell'impresa su tutto il territorio nazionale, esclusivamente perché utilizza una diversa dicitura. Soltanto allorquando si richieda una tipologia specifica che non abbia equivalenti, sarà necessario produrre quanto richiesto senza possibilità di esibire documenti assimilabili».

Pertanto, siamo oggettivamente fuori da fattispecie in cui l'autocertificazione non sia ammessa, in quanto certamente vi sono fattispecie simili. Cfr., in proposito, Cons. Stato, VI, 12 luglio 2011, n. 4195: «L'autocertificazione, in ogni caso, costituisce solo modalità di semplificazione procedimentale (salvo verifica dell'Amministrazione) in rapporto a dimostrazioni che il privato sarebbe tenuto ad offrire tramite documenti pubblici, ma non può sostituire atti non riconducibili a mere attestazioni, la cui acquisizione sia prevista a fini di diretta valutazione di contenuto da parte dell'Amministrazione stessa. A quest'ultima categoria appartengono, senza dubbio, i titoli artistico-culturali e professionali (...): titoli che, a partire dalle pubblicazioni scientifiche, non potevano certo essere oggetto di apprezzamento, in base alla mera elencazione fornita dall'interessato. L'automatica convertibilità del documento in autocertificazione, pertanto, non poteva invocarsi per i titoli di cui trattasi».

Il DURC non è assimilabile, sotto questo profilo, a «titoli artistico-culturali e professionali».

Costituisce una regola la previsione di cui al d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 01, periodo secondo: «Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati» - tutti i certificati - «e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47».

Anzi, il D.L. 70/2011, convertito nella L. 106/2011, all'art. 4, comma 14-bis, periodo primo, prevede che la regolarità contributiva sia pienamente autocertificabile, già come dichiarazione sostitutiva di certificazione. Non solo. Prevede che quest'ultima sia sufficiente al fine finanche della stipulazione del contratto e del pagamento della fattura: «Per i contratti di forniture e servizi fino a ventimila euro stipulati con la pubblica amministrazione e con le società in house, i soggetti contraenti possono produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera p), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in luogo del documento di regolarità contributiva». Tale norma, che volutamente non opera alcuna distinzione in relazione alla funzione per la quale la regolarità contributiva debba essere verificata, è stata oculatamente posta dal legislatore del decreto "sviluppo" per neutralizzare i fondamentalisti del formalismo giuridico, i quali, una fattura di venti euro, ad esempio, non la pagavano se non c'era il DURC. Questa norma, nella sua chiarezza, sia pure limitata in relazione all'importo, annulla di principio qualsiasi fondamento giuridico alla pretoria tesi ministeriale.

Nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, nello specifico, l'ordinaria autocertificabilità della regolarità contributiva è confermata dal D.Lgs. 163/2006, art. 38, comma 2, periodo primo: «Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445».
Peraltro, appare equivoca l'impostazione stessa della questione nella comunicazione ministeriale. Il problema non è se il DURC sia autocertificabile o meno, ma se lo sia il requisito di cui al D.Lgs. 163/2006, art. 38, comma 1, lett. i). Solo per slittamento concettuale poi si finisce col parlare di autocertificabilità del DURC. Concettualmente, è la regolarità contributiva ad essere autocertificabile ed il certificato tipico che le corrisponde è il DURC.

Sempre nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, ulteriore e chiaro dato normativo è fornito dal regolamento attuativo del codice.
Così prevede il d.P.R. 207/2010, art. 6, comma 3, lett. a): «Le amministrazioni aggiudicatrici acquisiscono d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva in corso di validità (...) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all'articolo 38, comma 1, lettera i), del codice». La corrispondente previsione, nel d.P.R. 445/2000, è quella di cui all'art. 44-bis, comma 1: «Le informazioni relative alla regolarità contributiva sono (...) controllate ai sensi dell'articolo 71, dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore». Si tratta, come noto, della verifica dell'autocertificazione di regolarità contributiva, resa in sede di offerta dall'operatore economico.
Non c'è invece un'autocertificazione dell'operatore da verificare, nella diversa ipotesi di cui al medesimo d.P.R. 207/2010, art. 6, comma 3, lett. b): «per l'aggiudicazione» già assunta, ma ancora da farsi diventare efficace. Qui la stazione appaltante verifica che l'operatore economico possegga il requisito di regolarità contributiva, alla data della definitiva aggiudicazione. La corrispondente previsione, nel d.P.R. 445/2000, è sempre quella di cui all'art. 44-bis, comma 1, ma in altro contenuto: «Le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d'ufficio (...) dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore».

In definitiva, sarebbe irrimediabilmente illegittima una previsione di disciplina di gara (formale od informale), che, aderendo alla tesi ministeriale, prevedesse l'obbligo di produrre «un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato» (concorrente o aggiudicatario che egli sia):
«la giurisprudenza ha chiarito che, ai sensi dell'art. 16 bis comma 10 d.l. 29 novembre 2008 n. 185, conv. nella l. 28 gennaio 2009 n. 2, il procedimento di rilascio del DURC è stato semplificato attraverso l'introduzione dell'obbligo in capo alle stazioni appaltanti pubbliche di acquisirlo d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge, sicché l'obbligo (illegittimo) fissato dal bando di gara di produrre il d.u.r.c. va ritenuto assorbito dalla generica dichiarazione di essere in regola con le norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, ferma restando la richiamata acquisizione d'ufficio che la stazione appaltante potrà disporre (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 26 ottobre 2010 , n. 13564)» (T.A.R. Sicilia, Catania, III, 16 gennaio 2012).

Conforme, già prima, Cons. Stato, V, 5 settembre 2011, n. 4981:
«Con il secondo motivo di gravame è stata censurata l'interpretazione che il Giudice di primo grado ha dato dell'art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, perché essa sarebbe inidonea a superare la circostanza che il bando di gara richiedeva comunque, a pena di esclusione, la produzione del DURC, non suffragabile da autodichiarazioni. (...) Il T.A.R» ha «perciò ritenuto che, a fronte della dichiarazione di essere in regola con i relativi adempimenti in materia di contributi (...) resa dai concorrenti in sede di richiesta di partecipazione alla gara e in presenza dell'impegno a produrre il DURC all'atto dell'aggiudicazione, la mancata allegazione del DURC all'offerta non potesse costituire legittima causa di esclusione. (...) Concorda la Sezione con la tesi».

E non è neppure questione di tassatività delle cause di esclusione di cui all'art. 46, comma 1-bis del codice. La previsione sarebbe stata illegittima già prima dell'entrata in vigore del decreto "sviluppo".

La cit. comunicazione INAIL del 26 gennaio 2012 opera tuttavia una significativa correzione interpretativa, rispetto alla pur confermata tesi principale, proprio per quanto riguarda i contratti pubblici.
Infatti, si afferma «che le fattispecie in cui è consentito all'impresa di presentare una dichiarazione in luogo del DURC sono solo quelle espressamente previste dal legislatore». Si rinvia a una nota n. 4, in cui si richiama la seguente normativa: «Articolo 38, comma 1 lett. i) e comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 e articolo 4, comma 14-bis della L. n.106/2011, per contratti di forniture e servizi fino a 20.000 euro stipulati con la pubblica amministrazione e con le società in house».
Al di fuori dei contratti pubblici viene ribadito, però, che l'autocertificazione della regolarità contributiva non è ammessa nei «casi in cui il legislatore ha previsto espressamente la presentazione del DURC da parte dei privati e, specificatamente, all'articolo 90, comma 9, del D.Lgs. 81/2008 secondo cui questo deve essere trasmesso "all'Amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività".
Ma, per quanto fin qui si è detto, tale interpretazione è illegittima senza mezzi termini. La previsione contenuta nel decreto-sicurezza, secondo cui occorrerebbe la presentazione del documento, è abrogata tacitamente dallo jus superveniens per incompatibilità.
E vorremmo anche dire: con valenza più ricognitiva che non innovativa.
Infatti, è vero che la lett. c) del comma 9 dell'art. 90 del D.Lgs. 81/2008 prescrive che il «committente o il responsabile dei lavori (...) trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività (...) il documento unico di regolarità contributiva delle imprese e dei lavoratori autonomi». Ma poi aggiunge, di seguito: «fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2». E quest'ultimo, si rammenta, già stabiliva che «le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge».
Ergo, si applica il d.P.R. 445/2000, art. 74: «Costituisce violazione dei doveri d'ufficio la mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà rese a norma delle disposizioni del presente testo unico» (comma 1). Costituisce «altresí» violazione «dei doveri d'ufficio (...) la richiesta e l'accettazione di certificati» (comma 2, lett. a)).

L'attuale versione del codice dei contratti pubblici, quella che fa seguito al terzo decreto "Monti" (D.L. 9 febbraio 2012, n. 33), prevede ancora che «resta fermo, per l'affidatario, l'obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, del decreto legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266» (D.Lgs. 163/2006, art. 38, comma 3, secondo periodo).

Il codice De Lise, invece che coordinare le disposizioni dei contratti pubblici con i principi normativi (ed auto-esecutivi, peraltro) in materia di documentazione amministrativa, si era limitato a un puro "copia e incolla" rispetto alla previsione del D.L. 210/2002, convertito nella L. 266/2002.

Di fronte alle reali prassi amministrative, che applicavano la norma alla lettera, era dovuto intervenire il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2, art. 16-bis, comma 10:
«In attuazione dei principi stabiliti dall'articolo 18, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e dall'articolo 43, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge».
Pertanto, già prima della L. 183/2001, il DURC in capo all'aggiudicatario doveva essere richiesto d'ufficio da parte del RUP della stazione appaltante (altra e non confliggente questione era poi quella di potersi tener conto di un DURC spontaneamente presentato dal privato).
In questo contesto, il terzo decreto "Monti" (D.L. 9 febbraio 2012, n. 33) avrebbe dovuto porre mano a un'opera di mera pulizia formale del codice dei contratti.

E infatti, una delle "bozze" che era circolata così prevedeva (cfr. https://www.lavoripubblici.it/documenti2012/lvpb1/decretolegge_semplificazione.pdf):
"2) al comma 3, primo periodo, le parole "; resta fermo, per l'affidatario, l'obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, del decreto legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266 e di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e successive modificazioni e integrazioni" sono soppresse;
3) al comma 3, dopo il secondo periodo, è aggiunto il seguente: "La stazione appaltante acquisisce d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva dell'affidatario, ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 16-bis, comma 10, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2 e dell'articolo 44-bis del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445"."
La versione definitiva del D.L. 9 febbraio 2012, n. 33 non reca più le suddette ipotesi di modifica del codice. Certo, sul piano giuridico-formale si tratta della consueta sciatteria del legislatore, in quanto e comunque, sul piano giuridico-sostanziale, l'interpretazione conduce diritta ai principi dell'autocertificabilità e dell'acquisizione d'ufficio.
La tesi ministeriale era stata condivisa anche in dottrina: «Dunque, alla luce della sentenza del TAR Catania e delle illustrate recenti normative ed interpretazioni, il requisito di regolarità contributiva, previsto espressamente quale requisito di ordine generale dall'articolo 38, comma 1, lettera "i" del codice dei contratti pubblici, coma va comprovato in sede di gara? Secondo il TAR, è illegittimo l'obbligo di produzione del DURC a carico dell'impresa, per cui il requisito va autodichiarato. Ad avviso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il requisito non può essere oggetto di autocertificazione. Quindi, la stazione appaltante come deve comportarsi? Deve consentire l'autocertificazione (negata dal Ministero) o deve prevedere l'obbligo, in capo all'impresa concorrente, di produrre il DURC in gara (vietato dal TAR)? La "vita" delle stazioni appaltanti è sempre più dura, pur se le argomentazioni del Ministero, fondate sulla complessità delle valutazioni a fondamento delle regolarità contributiva (valutazioni non di spettanza dell'impresa) sembrano maggiormente convincenti» (M. ALESIO, La difficile comprovazione in sede di gara del requisito di regolarità contributiva e le recenti novità in tema di certificazioni amministrative, in La Gazzetta degli Enti Locali, 22 febbraio 2012).

Ad ogni modo, poiché la regola è data dal principio autocertificatorio, le eventuali eccezioni ad esso debbono essere esplicitamente previste dal legislatore.
Su questa linea si pone il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 6, comma 5.

«In deroga a quanto stabilito dall'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, le disposizioni di cui ai commi 01 e 02 del predetto articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 non si applicano ai certificati e alle attestazioni da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché ai certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio».

Non rientrando la regolarità contributiva in nessuna eccezione prevista, essa soggiace alla regola dell'ordinaria autocertificabilità.

La circolare INPS 27 marzo 2012, n. 47, aderisce all'interpretazione ministeriale.

«Per quanto concerne il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), nel confermare nella sostanza la precedente disciplina il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione Generale per l'Attività Ispettiva ha precisato che l'articolo 44 bis definisce esclusivamente una modalità di acquisizione del DURC da parte delle Pubbliche Amministrazioni senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (INPS, INAIL, Cassa Edile) non possono essere sostituite da un'autocertificazione, che non insiste, evidentemente né su fatti, né su "status" né tantomeno su qualità personali. Peraltro, come precisato nel messaggio n. 1462 del 26 gennaio 2012 lo stesso Ministero ha chiarito l'inapplicabilità dell'articolo 40, comma 02, del D.P.R. n. 445 del 2000, in quanto nei casi previsti dal legislatore e, in particolare, dall'articolo 90, comma 9 del D.Lgs. n.81/2008, il DURC può essere espressamente presentato dai privati alla Pubblica Amministrazione».

Da quanto fin qui evidenziato emerge un evidente contrasto fra quadro normativo e giurisprudenziale da una parte e circolari amministrative dall'altra. Per la ovvia prevalenza della fonte sull'atto amministrativo interpretativo, non ci sarebbe stato bisogno di nessun intervento normativo chiarificatore.
Invece il legislatore, molto attento alla rilevanza pratica delle circolari amministrative, ha ritenuto di dover "abrogare" tacitamente queste ultime. Non altrimenti si spiega la ratio della legge di conversione del terzo decreto "Monti".
La L. 4 aprile 2012, n. 35, in sede di conversione, ha aggiunto il comma 6-bis all'art. 14 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 9: «Nell'ambito dei lavori pubblici e privati dell'edilizia, le amministrazioni pubbliche acquisiscono d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva con le modalità di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni».
L'intervento normativo deve quindi considerarsi pleonastico e tale va considerato.

A onor del vero va precisato che esso, invece, rischia di creare un nuovo problema interpretativo. Poiché, infatti, si fa riferimento ai soli «lavori pubblici», non si vorrebbe che venisse fuori la tesi che la novella normativa conferma implicitamente che per servizi e forniture il requisito della regolarità contributiva continua a non essere autocertificabile!

Cfr. Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Presidenza del Consiglio dei Ministri, circolare 31 maggio 2012, n. 6.
Tale circolare crea un insolito rapporto fra principio dell'acquisizione documentale d'ufficio e principio dell'autocertificazione, ponendo il secondo come eccezione rispetto al primo.

Si osserva, infatti, che «il legislatore (...) ha tenuto conto delle peculiarità della disciplina relativa al DURC, prevedendo che lo stesso debba sempre essere acquisito d'ufficio dalle Amministrazioni procedenti, fatto salvo il caso in cui la specifica normativa di settore preveda la presentazione di una dichiarazione sostitutiva. In tale ultima ipotesi l'Amministrazione verificherà la veridicità di quanto dichiarato dal privato». Il legislatore ha ribadito «implicitamente che le uniche eccezioni sono quelle dettate, appunto, dalla disciplina di settore. In tali casi, infatti, l'Amministrazione - ricevuta l'autocertificazione - dovrà procedere, ai sensi dell'art. 71, d.P.R. n. 445 del 2000, alla verifica di quanto dichiarato dal soggetto interessato» (doc. cit., paragrafo 1).

Va chiarito, invece, che si tratta solo di due momenti diversi che tuttavia si giustapponono, venendo prima ed in via ordinaria l'autocertificazione, cui segue la verifica documentale tramite acquisizione d'ufficio.

Anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con circolare 1 giugno 2012, n. 12, riprende l'impostazione del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione. La non auto-certificabilità del DURC sarebbe la regola, la sua autocertificabilità sarebbe l'eccezione.
Comunque il Ministero, dopo aver ribadito la sua ben nota teoria, si trova costretto ad affermare che «appare tuttavia possibile per l'impresa presentare una dichiarazione in luogo del DURC in specifiche ipotesi previste dal legislatore. In tal senso si ricorda l'art. 38, comma 1 lett. i, del D.Lgs. n. 163/2006» (che c'è sempre stato!) «e l'art. 4, comma 14 bis, del D.L. n. 70/2011 (conv. da L. n. 106/2011)».

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