Codice dei contratti: Il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Ci risiamo. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Arriva la notizia che per il Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 che ha subito in un anno cen...

26/05/2017

Ci risiamo. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Arriva la notizia che per il Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 che ha subito in un anno centinaia e centinaia di modifiche ed integrazioni con:

  • l'avviso di rettifica monstre di 8 pagine pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2016;
  • la legge 11 dicembre 2016, n. 232 recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019" (Gazzetta Ufficiale 21/12/2016, n. 297 - Supplemento ordinario n. 57);
  • il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 recante "Proroga e de-finizione di termini" (Gazzetta Ufficiale 30/12/2016, n. 304) convertito dalle legge 27 febbraio 2017, n. 19 (Gazzetta Ufficiale 28/02/2017, n. 49);
  • il decreto-legislativo 19 aprile 2017, n. 56, cosiddetto “decreto correttivo” recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Gazzetta Ufficiale 5/5/2017, n. 103 - Supplemento ordinario n. 22),

arrivano due ulteriori modifiche con due emendamenti presentati dal Governo alla cosiddetta “manovrina” di cui al decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo. Si tratta dell’emendamento 52.027 (raccomandazione vincolante Anac, art. 211, comma 2 codice appalti) e dell’emendamento 52.028 (Anac, riorganizzazione).

Ritorna, quindi, il brutto vizio, di inserire modifiche al Codice dei contratti in leggi che non hanno nulla a vedere con il Codice dei contratti stesso. Non sarebbe stato più corretto interrompere le brutte abitudini di modifiche a spizzichi e bocconi e concentrare le modifiche stesse in una legge specifica magari una o due volte all’anno? Ma torniamo agli emendamenti presentati dal Governo.

Il primo emendamento riguarda l’inserimento nell’articolo 211 dopo il comma 1 dei tre seguenti ulteriori commi 1-bis, 1-ter ed 1-quater: “1-bis. L'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. 1-ter. L'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante. Se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l'articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 1-quater. L'ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter” che, anche, se in maniera più ammorbidita, ridanno a Raffaele Cantone quei poteri che erano stati tolti con l’abrogazione del previgente comma 2 abrogato dal “decreto correttivo”.

Il secondo emendamento reintroduce la norma depennata, nell’ultimo passaggio al Consiglio dei Ministri, dallo schema del decreto correttivo sugli appalti. Si tratta della modifica dell’articolo 213, comma 1 con cui veniva inserito alla fine il seguente periodo: “L'Autorità nazionale anti corruzione definisce, con propri regolamenti, la propria organizzazione, il proprio funzionamento e l'ordinamento giuridico del proprio personale secondo i principi contenuti nella legge 14 novembre 1995, n. 481 Il trattamento economico del personale dell'Autorità non può eccedere quello già definito in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o febbraio 2016, adottato ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti continua ad applicarsi il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o febbraio 2016. Dall'applicazione del presente articolo non devono comunque derivare maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Si tratta della misura con cui è stabilito che l'Anac possa definire con propri regolamenti le norme concernenti la propria organizzazione, il proprio funzionamento, l'ordinamento giuridico e la disciplina economica del proprio personale.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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