Emergenza Covid-19, le parole del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla Camera dei Deputati

21/04/2020

Il 21 aprile 2020 il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha reso alla Camera dei Deputati un'informativa sulle recenti iniziative del Governo per fronteggiare l'emergenza Covid-19.

L'informativa del Presidente Giuseppe Conte alla Camera dei Deputati

Grazie Presidente, gentili deputate, gentili deputati,

l’odierna informativa mi consente di offrire al Parlamento un quadro compiuto delle più recenti iniziative che il Governo ha adottato sul piano interno e un aggiornamento sulle iniziative che, a livello europeo, sono in programma per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Questo passaggio viene compiuto nella chiara consapevolezza, di chi vi parla ma anche dell’intero Governo, della necessità di coinvolgere appieno il Parlamento in particolare in una fase in cui l’azione del Governo, vuoi per il carattere straordinario vuoi per la portata pervasiva dell’emergenza che stiamo affrontando, rileva direttamente su beni primari delle persone: la salute, la libertà, l’iniziativa economica, il lavoro.

Veniamo alle iniziative adottate sul piano interno.

Sulla legittimità e sulla ragionevolezza degli strumenti ai quali si è fatto ricorso, come sapete, è in atto un dibattito molto articolato, che riflette un variegato panorama di posizioni.

Non entro in questa discussione, anche se non rimango affatto indifferente a tutte le questioni da essa sollevate.

Desidero tuttavia ribadire, in quest’Aula, che la pandemia ha costretto a misure di estrema urgenza adottate sempre nel rispetto dei principi di massima precauzione e di proporzionalità.

In ogni più delicato passaggio, ho sempre avuto la massima premura affinché fosse preservato il delicato e complesso equilibrio fra i molteplici valori coinvolti, tutti di rango costituzionale, e affinché fosse assicurato che i diversi organi costituzionali, ciascuno espressione di irrinunciabili garanzie, fossero coinvolti nella misura più ampia possibile, soprattutto a tutela del principio supremo di democraticità che informa di sé l’intero ordinamento giuridico.

Sotto il profilo della risposta sanitaria all’emergenza, il Governo ha elaborato, in queste ultime settimane, una strategia che possiamo sintetizzare in cinque punti:

  1. dobbiamo mantenere e far rispettare, a tutti i livelli, le misure per il distanziamento sociale e promuovere l’utilizzo diffuso dei dispositivi di protezione individuale, fino a quando non saranno disponibili una specifica terapia e un vaccino.
  2. dobbiamo rafforzare le reti sanitarie del territorio come arma principale per combattere il virus. A questo riguardo, il Governo si sta adoperando perché siano rafforzati tutti i servizi di prevenzione e sta sollecitando una rinnovata integrazione tra le politiche sanitarie e quelle sociali, con particolare attenzione a case di cura e residenze sanitarie assistenziali, ove si è verificata, purtroppo, un’esplosione incontrollata dei contagi, specialmente in alcune aree del Paese.
  3.  intensificare, in tutto il territorio, la presenza di “Covid hospital” come strumento fondamentale della gestione ospedaliera dei pazienti. La presenza di strutture dedicate esclusivamente al Covid-19 riduce infatti notevolmente il rischio di contagio per gli operatori sanitari e per i pazienti ricoverati per altre malattie.
  4.  uso corretto dei test, sia di quelli molecolari (banalmente il tampone), che oggi sono l’unico strumento certo di identificazione del virus, sia di quelli sierologici (per intenderci, le analisi del sangue), utile strumento di indagine e conoscenza epidemiologica, anche al fine di predisporre un piano nazionale che potrà fotografare efficacemente lo stato epidemiologico del nostro Paese. Al riguardo, il 17 aprile è stata indetta dal Commissario Arcuri, su richiesta del Ministero della salute, una gara in procedura semplificata e di massima urgenza per la fornitura di kit reagenti e consumabili per l’effettuazione di 150.000 test finalizzati ad un’indagine campione sulla diffusione dell’infezione nella popolazione italiana, con possibile successiva estensione per l’effettuazione di ulteriori 150.000 test. La gara pubblica si concluderà in tempi strettissimi, entro il 29 aprile dovrebbe essere  sottoscritto il contratto, all’esito comunque di una procedura trasparente e rigorosa.
  5.  rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti sospetti (contact tracing) e di teleassistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’immediatezza nella individuazione dei contatti stretti dei casi positivi e il loro conseguente isolamento sono cruciali per evitare che singoli contagiati possano determinare nuovi focolai. Per questo, un’adeguata applicazione informativa direttamente disponibile su smartphone è uno strumento essenziale per accelerare questo processo. Questa applicazione sarà comunque offerta su base volontaria e non obbligatoria e faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non subirà limitazione nei movimenti o altri pregiudizi.

Un team composto dal Ministero dell’Innovazione, dal Ministero della Salute e da esperti in sicurezza cibernetica sta affiancando il Commissario Arcuri al fine di implementare questa applicazione nel migliore dei modi e con le più elevate garanzie.

Ho dato indicazioni affinché i capigruppo, di maggioranza e di minoranza, siano costantemente informati su questo processo applicativo. Io stesso mi riservo, in una fase più avanzata, di riferire puntualmente alle Camere sui dettagli di questa applicazione, nella consapevolezza che il coinvolgimento del Parlamento deve essere pieno e stringente, essendo coinvolti diritti costituzionali fondamentali, come la dignità della persona, il diritto alla riservatezza e all’identità personale, come pure la tutela della salute pubblica e, non ultima, l’esigenza di proteggere un asset informativo di primaria importanza nella logica degli interessi strategici nazionali.

Per quanto concerne la distribuzione di dispositivi sanitari e di protezione personale, comunico che, tramite il sistema “Analisi Distribuzione Aiuti (ADA)”, aggiornato in tempo reale, sono disponibili, lo potete verificare sui siti ufficiali del Governo, informazioni puntuali su dispositivi, apparecchiature e distribuzione che ogni giorno il Commissario Arcuri invia alle Regioni e alla Province autonome per fronteggiare l’emergenza.

Vi fornisco solo qualche dato riassuntivo per comprendere lo sforzo compiuto in un periodo in cui vi è una forsennata competizione di buona parte dei Paesi ad accaparrarsi questi materiali.

Al 19 aprile risultano distribuiti alle Regioni: circa 3.900 ventilatori per le terapie, 105 mila tubi endotracheali, 117 milioni di mascherine di varie tipologie.

Con riguardo, invece, alle più generali misure contenitive adottate dal Governo fin dall’inizio dell’emergenza epidemiologica e sulle quali ho riferito diffusamente nell’informativa resa alle Camere il 25 marzo scorso, ricordo che - in queste ultime settimane - sono stati adottati due ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, entrambi volti sostanzialmente a prorogare il regime restrittivo già in vigore.

Parlo del dPCM del 1° aprile con cui è stata prorogata, fino al 13 aprile 2020, l’efficacia delle disposizioni dei decreti del Presidente del Consiglio dell’8, del 9, dell’11 e del 22 marzo, nonché l’efficacia delle disposizioni previste in ordinanze ministeriali. Si tratta, come è noto, delle misure riguardanti il distanziamento sociale, il divieto di spostamenti (salvo comprovate esigenze), la chiusura delle scuole e di altri luoghi di aggregazione, nonché la sospensione delle attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle che erogano servizi di pubblica utilità o servizi pubblici essenziali.

Successivamente, siamo al 10 aprile, quelle stesse misure, sempre con dPCM, sono state prorogate, e parliamo del regime di disciplina vigente, sino al 3 maggio. La decisione di prorogare ulteriormente quello che è ormai comunemente definito lockdown è stata assunta alla luce dei dati epidemiologici delle ultime settimane, con particolare riguardo all’andamento dei contagi. Questi dati hanno confermato l’efficacia delle misure di contenimento adottate ma contestualmente anche l'esigenza di perseguire, con immutato rigore, lungo il percorso intrapreso, affinché i risultati conseguiti non andassero perduti.

Si prospetta, adesso, davanti a noi, una fase, molto complessa. Dobbiamo procedere a un allentamento del regime attuale delle restrizioni soprattutto quelle che riguardano le attività produttive, dobbiamo fare il possibile infatti per preservare l’integrità ed efficienza del nostro tessuto produttivo. I motori del Paese devono potersi riavviare. Ma questo riavvio deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato e articolato, che comporti una revisione dei modelli organizzativi di lavoro, delle modalità del trasporto pubblico e privato, di tutte le attività connesse.

Anche per le misure di distanziamento sociale ci saranno alcune modifiche. Non mi sfugge infatti e non sfugge all'intero Governo la difficoltà, per i cittadini, di continuare a osservare regole fortemente limitative della loro libertà di movimento, che hanno implicato una profonda modifica delle loro, delle nostre abitudini di vita. Il ritorno alla normalità, seppure con la gradualità necessaria, è un’aspirazione comprensibile di tutti.

Tutte queste esigenze mi vengono rappresentate da tanti cittadini che mi scrivono, ma mi sono state sollecitate anche da molti Parlamentari, li voglio qui ringraziare, perché facendosi interpreti delle tante istanze provenienti dai più diversi mondi, mi hanno scritto sollecitando soluzioni rapide e sostenibili. Anche per questo reputo doveroso informare il Parlamento circa la strategia che il Governo sta elaborando, proprio in questi giorni, allo scopo di procedere a un progressivo ma ordinato allentamento delle misure.

Per questa finalità, con specifico dPCM, sempre il 10 aprile, ho istituito un Comitato di esperti in materia economica e sociale, con il compito di elaborare proposte utili per orientare il Governo nelle decisioni che dovrà assumere al riguardo. Questo Comitato di esperti sta agendo di concerto con il Comitato tecnico-scientifico, già insediato da tempo, affinché le strategie individuate per la ripartenza economica si basino su imprescindibili precondizioni di sicurezza. Sono membri di diritto di questo Comitato di esperti anche il dott. Borrelli, Capo della Protezione Civile, e il Commissario straordinario, dott. Arcuri, in modo da ottenere il pieno coordinamento tra gli organi che ci coadiuvano in questa durissima sfida.

Con l’ausilio di questi esperti il Governo sta elaborando un programma di progressive aperture che sia omogeneo su scala nazionale, e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo però sotto controllo la curva del contagio. In modo, ed è qui il punto, da poter prontamente intervenire laddove questa si rinnalzi oltre una certa soglia. Soglia che non pensiamo debba essere formulata una volta per tutte in termini astratti ma che vogliamo commisurata alla specifica recettività delle strutture ospedaliere dell’area di riferimento.

Ovviamente per poter riprendere in sicurezza le attività economiche, dovrà essere garantito il pieno rispetto dei protocolli, a partire da quello firmato il 14 marzo scorso con i sindacati e le categorie produttive e successivamente aggiornato.

Una volta completato questo programma lo discuteremo con tutti i soggetti coinvolti (anche enti territoriali, organizzazioni datoriali, sindacati), al fine di acquisire anche le loro valutazioni e di condividerlo con tutti i soggetti interessati. Si tratta - e tengo a ripeterlo - di uno dei passaggi più sensibili e più complessi. Anche perché la nostra comunità nazionale sta facendo tanti sacrifici, non ci possiamo permettere di vanificarli e di sbagliare.

Siamo consapevoli, infatti, che un’imprudenza commessa in questa fase, dettata magari dalla legittima aspettativa di ripartire, può - in un momento in cui non è ancora esaurita, ma solo contenuta, la carica del contagio - potrebbe compromettere - dicevo - i sacrifici che, con responsabilità e disciplina, i cittadini hanno dovuto affrontare sino a questo momento.

E veniamo al sostegno all’economia, lo scorso 8 aprile è stato approvato il decreto-legge n. 23 del 2020, attualmente all’esame della Camera dei Deputati per la sua conversione in legge, con cui diventano operative nuove misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti.

Il provvedimento che prosegue e amplia lo spettro di interventi disposti nel decreto-legge cosiddetto “Cura Italia”, è incentrato su tre principali direttive: a) misure di sostegno alla liquidità delle imprese, volte a sbloccare ulteriori flussi di finanziamento garantiti a beneficio del sistema produttivo; b) misure di tutela degli asset strategici nazionali; c) misure fiscali volte a prorogare le scadenze esistenti e a incentivare le spese sostenute dalle imprese per una riapertura in sicurezza della produzione.

Sostenere l’erogazione agevolata di liquidità alle imprese, grazie alle garanzie pubbliche, aiuta a prevenire fenomeni di interruzione del credito e del circuito dei pagamenti, che rischia di compromettere la continuità delle attività economiche. Inoltre, per evitare il rischio di una perdita permanente di capacità produttiva e di crescita potenziale del nostro Paese, è fondamentale accrescere la protezione del nostro tessuto industriale. Per questa ragione, il decreto-legge include nuove misure, non vi sarà sfuggito, a tutela degli asset strategici italiani, estendendo l'ambito applicativo della Golden Power a nuovi settori, che originariamente non erano ricompresi in quelli ritenuti strategici e anche, attenzione, ulteriore estensione riguarda le operazioni intra-europee, che sino ad ora rimanevano escluse.

Questa emergenza sta incidendo sulle fasce più fragili della popolazione e rischia di creare nuove povertà. Non possiamo ignorare questo fenomeno che rischia di lacerare un tessuto sociale già provato dalla bassa dinamica della crescita, dalla persistenza di ampie diseguaglianze sociali accentuate nell'ultimo decennio.

Abbiamo compiuto alcuni primi passi, siamo peraltro consapevoli che tra una previsione normativa e la sua attuazione pratica occorre anche del tempio, anzi mi permetto con tutto il dovuto rispetto di sollecitare le Regioni che non hanno ancora fatto pervenire i flussi di farli pervenire quanto prima altrimenti non sarà possibile erogare la Cassa integrazione in deroga, come sapete, perché occorrono questi flussi. Abbiamo - dicevo - compiuto, alcuni primi passi anche per venire incontro alle urgenze dei cittadini che versano in condizioni di maggiore difficoltà.

A tal proposito, lo ricorderete, con il dPCM firmato il 28 marzo il Governo ha anticipato ai Comuni una quota del 66% delle erogazioni previste dal Fondo di solidarietà comunale, pari a 4,3 miliardi di euro, che sono stati ovviamente girati ai Comuni e che potranno essere utilizzati a ulteriore garanzia della piena funzionalità dei servizi pubblici erogati. Inoltre, con un’ordinanza della Protezione Civile del 29 marzo 2020, sono stati anticipati 400 milioni di euro sempre ai Comuni per consentire loro di distribuire aiuti alimentari ai cittadini più bisognosi, sotto forma di buoni spesa o, in alternativa, di generi alimentari e di prima necessità direttamente consegnati.

Ma il Governo è consapevole che c'è tanta sofferenza in questo momento e che questi interventi non sono affatto sufficienti, occorre un sostegno alle famiglie e alle imprese, prolungato nel tempo e ancora più incisivo.

La recessione indotta dalle necessarie misure di contenimento del virus avrà un impatto profondo e persistente anche sull’intera economia globale, non solo da noi, su quella europea. Le recenti previsioni del Fondo monetario internazionale stimano una caduta del prodotto interno lordo del 9,1% per il 2020, a cui seguirebbe una crescita del 4,8% nel 2021.

Di fronte a questo quadro così complesso, così difficile, dobbiamo potenziare assolutamente la nostra risposta di politica economica. È per questa ragione che in aggiunta ai 25 miliardi di euro già stanziati con il cosiddetto decreto-legge “Cura Italia”, il Governo invierà al Parlamento un’ulteriore Relazione, vi arriverà tra breve, contenente una richiesta di scostamento, un'ulteriore richiesta di scostamento, dagli obiettivi di bilancio programmati per il 2020, pari a una cifra ben superiore a quella stanziata a marzo. Una cifra davvero consistente, non inferiore, non inferiore a 50 miliardi di euro, che quindi si andranno ad aggiungere ai 25 miliardi per un intervento complessivo non inferiore a 75 miliardi di euro.

Questo ulteriore ricorso al disavanzo dovrà servire a finanziare varie misure destinate tra le altre cose: al rafforzamento del personale sanitario, della protezione civile e delle forze di sicurezza; alla proroga e al rafforzamento degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione e indennizzi per gli autonomi e per le partite IVA; al sostegno di coloro che non sono coperti da cassa integrazione; a misure di sostegno alle piccole, alle medie imprese; a fondi aggiuntivi per Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni; agli interventi di sostegno dei settori particolarmente colpiti dalle misure di contenimento del virus.

Sono consapevole che l’iter di conversione in legge dei decreti-legge finora adottati ha lasciato parzialmente insoddisfatte le legittime aspettative delle forze politiche di poter contribuire, con proprie proposte, alla definizione del quadro degli interventi.

Ringrazio sentitamente peraltro i Gruppi parlamentari per la consapevolezza mostrata del contesto particolarmente critico nel quale, in ragione dell’emergenza, siamo tutti costretti a operare.

Assicuro che, nella costruzione dell’ampio corpus di misure che troveranno collocazione nel prossimo decreto-legge, al quale ho fatto cenno, sarà assicurata la massima attenzione alle istanze e alle proposte dei parlamentari, anche in conformità agli impegni assunti dal Governo e formalizzati in specifici ordini del giorno, accolti in sede di esame parlamentare del decreto-legge cosiddetto “Cura Italia”.

Permettetemi poi di ringraziare, in particolare, la maggioranza che sostiene il Governo, i Presidenti dei Gruppi in primo luogo, ma anche ogni singolo parlamentare per l’impegno, la partecipazione, l’apporto costruttivo, anche quando critico, per il sostegno che non state facendo mai mancare.

In un momento così difficile per la vita della Nazione desidero confermare la piena disponibilità al dialogo, mio e dell'intero Governo, con le forze di opposizione: il contributo di una opposizione responsabile e consapevole della gravità di quest’ora troverà sempre apertura, sempre considerazione.

La sfida che ci attende, tuttavia, non può essere affrontata efficacemente ricorrendo soltanto alle politiche nazionali, visto che il virus non conosce confini e sta pervasivamente incidendo nei tessuti socio-economici di molti Paesi.

Affinché tutti i Paesi possano superare l’emergenza sanitaria, possano ricostruire le rispettive società e le economie, è necessario che le Nazioni sappiano mettere in campo una risposta coordinata, una risposta solidale.

L'ho ribadito nelle opportune sedi istituzionali - non solo al Consiglio europeo ma anche a livello di G7 e G20 in particolare -, l’Unione europea e l’Eurozona non possono permettersi di ripetere gli errori commessi durante la crisi finanziaria del 2008. Sono ancora davanti a noi, ben visibili. Allora non si riuscì ad affrontare in modo coordinato, unito e solidale uno shock comune e si decise addirittura un consolidamento fiscale affrettato e ingiustificato che, amplificando le divergenze fra i Paesi, produsse un secondo shock di natura asimmetrica nel 2010-11, portando alla crisi ben nota dei debiti sovrani e condannando l’Europa a una recessione più prolungata e a una ripresa più lenta e più debole rispetto alle altre aree maggiori economiche del mondo.

È un rischio che non possiamo più correre, poiché il fallimento nel produrre una risposta adeguata e coraggiosa porterebbe un grave, gravissimo danno allo stesso progetto europeo.

La Commissione ha già intrapreso una linea molto promettente: ha sospeso, ricordate, da subito il Patto di stabilità e di crescita, il divieto di aiuti di Stato e ha introdotto una inedita flessibilità nell’utilizzo di fondi strutturali. Anche la BCE è intervenuta e ha deliberato un nuovo programma di acquisto di titoli (il cosiddetto PEPP nell’acronimo) ben più consistente rispetto al passato.

L’Eurogruppo dello scorso 9 aprile ha preparato un rapporto per la risposta economica dell’Unione all’emergenza sanitaria ed economica che, oltre a tenere conto dei progressi compiuti, predispone un pacchetto di strumenti a disposizione degli Stati membri composto da quattro elementi principali.

Innanzitutto, viene costituito un fondo di garanzia europeo presso la Banca Europea degli Investimenti, la BEI, dotato di 25 miliardi di euro, che dovrebbe consentire l’attivazione fino a 200 miliardi di euro di finanziamenti per gli investimenti all’interno dell’Unione.

Il secondo elemento del pacchetto è il cosiddetto piano “Sure”, uno strumento di assistenza finanziaria che potrà erogare sino a 100 miliardi di euro in linee di credito dedicate alle misure di sostegno al reddito dei lavoratori temporaneamente privi di impiego.

Questi due elementi, seppure ancora insufficienti, già si caratterizzano – attenzione - per un finanziamento con garanzie comuni, e quindi a tassi di interesse particolarmente bassi, per spese e investimenti da effettuare nei Paesi membri.

Sul terzo elemento del pacchetto, ovvero l’attivazione di una linea di credito dedicata alle spese sanitarie ed erogata dal famigerato Meccanismo europeo di stabilità, il Mes, si è alimentato nelle ultime settimane un dibattito che rischia di dividere l’Italia in opposte tifoserie.

L’Europa non deve ritrovarsi nuovamente, lo dico molto chiaramente, a chiedere scusa, nei confronti di nessun Paese, come è successo in passato, quando ha imposto alla Grecia programmi particolarmente severi. Di qui la mia posizione di assoluta cautela: di fronte alla sfida epocale che abbiamo di fronte, non si può pensare che la risposta possa essere affidata a interventi peraltro modesti sul piano finanziario e per di più basati su un accordo intergovernativo come il Mes, pensato per gestire crisi assai diverse, riguardanti singoli Paesi e imputabili a squilibri di natura economica. È stato concepito in realtà, in virtù di decisione prese in passato, come uno strumento che ha sin qui espresso linee di finanziamento caratterizzate – lo sappiamo bene - da forti condizionalità macro-economiche e che ha consentito di dosare addirittura l’imposizione di progressive misure fiscali via via sempre più stringenti al soggetto finanziato, cose tutte queste che io ritengo inaccettabili data la natura di questa crisi.

Insieme ad altri otto Paesi membri, l’Italia ha lanciato una sfida ambiziosa all’Europa, invitandola a introdurre nuovi strumenti per affrontare e superare al più presto questa crisi. Alcuni di questi Paesi, che hanno condiviso questa nostra impostazione, hanno dichiarato da subito - penso alla Spagna - di essere interessati al Mes, purché non abbia le rigide condizionalità applicate in altre circostanze, ma solo la condizione che l’utilizzo del finanziamento sia per far fronte alle spese sanitarie, dirette o indirette che siano. Ecco, rifiutare la nuova linea di credito significherebbe fare un torto ai Paesi che pure sono a noi affiancati in questa battaglia e che intendono invece usufruirne.

Resto però convinto che all’Italia serva altro.

All’ultima riunione dell’Eurogruppo è stato compiuto un deciso passo avanti in questa direzione, perché nel paragrafo 16, relativo all’utilizzo del Mes, è stata proposta una linea di credito, chiamata “pandemic crisis support” e adattata alla natura simmetrica dello shock legato al Covid-19, soggetta alla sola condizione dell’utilizzo del finanziamento per le spese sanitarie e di prevenzione, dirette e indirette. Per capire se effettivamente sarà così, bisognerà però attendere l’elaborazione dei documenti relativi ai termini di finanziamento, che verranno predisposti per erogare questa nuova linea di credito. Su questo versante mi attendo ulteriori chiare prese di posizione anche in seno al Consiglio Europeo, e in ogni caso siamo disponibili a lavorare con i Paesi direttamente interessati a questa nuova linea di credito affinché, anche in sede regolamentare, non siano introdotte condizionalità di sorta, macro-economiche o anche specifiche.

Quanti oggi esprimono dubbi e perplessità su questa nuova linea di credito, a mio personale avviso contribuiscono a un dibattito democratico e costruttivo, e sono io il primo a dire che bisognerà valutare attentamente i dettagli dell’accordo.

Solo allora potremo valutare se questa nuova linea di credito pone condizioni, quali condizioni pone, e solo allora potremo discutere se il relativo regolamento è conforme al nostro interesse nazionale, e quindi se conveniente o meno questo finanziamento per i nostri interessi.

Come ho già dichiarato in altre sedi, ritengo che questa discussione, in un Paese civile e democratico, debba avvenire in modo pubblico e trasparente, qui dinanzi al Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola.

Ma la verità è che la trattativa in cui siamo impegnati in Europa è particolarmente complessa, non ce lo dobbiamo nascondere, perché la risposta comune non può poggiare solo su queste misure: deve essere molto più efficace, deve essere molto più consistente.

Noi siamo ben convinti della forza delle nostre ragioni.

All’inizio eravamo soli, quando siamo partiti. Poi nelle scorse settimane ho proposto una lettera, un vero e proprio manifesto programmatico se mi permettete, che è stato sottoscritto da altri 8 Paesi, che ora sono con noi a chiedere strumenti nuovi, adatti alla situazione eccezionale che stiamo vivendo.

Il quarto elemento del pacchetto è un pezzo fondamentale della nostra strategia europea: European Recovery Fund, in grado di poter finanziare progetti comuni di interesse europeo, per avviare un piano di ricostruzione fondato sugli investimenti, l’innovazione, la sostenibilità ambientale, la tutela della salute e dell’ambiente.

Il rapporto dell’Eurogruppo dello scorso 9 aprile richiama la necessità di costruire questo strumento, che l’Italia intende realizzare quanto più velocemente possibile, strutturandolo come un veicolo in grado di finanziarsi con debito comune sui mercati finanziari.

Sarà - questo - il tema centrale della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo, prevista per il prossimo giovedì 23 aprile.

L’Italia, insieme agli altri Paesi che condividono questa medesima strategia, sostiene la necessità di una risposta coordinata e ambiziosa rispetto allo shock da Covid-19 con la conseguenza che il nuovo strumento di finanziamento dovrà nel nostro intendimento:

  • essere conforme innanzitutto ai trattati europei, chiariamolo questo, non abbiamo il tempo di operare modifiche che comporterebbero una lunga, complessa procedura;
  • dovrà essere gestito a livello europeo e offerto a tutti i Paesi interessati, senza assumere una caratterizzazione bilaterale;
  • dovrà essere particolarmente consistente e qui parlo della dimensione finanziaria;
  • dovrà essere mirato a far fronte a tutte le conseguenze negative economiche e sociali prodotte direttamente dal Covid-19;
  • dovrà essere immediatamente disponibile, e attenzione, se pure verrà a ricadere e appoggiare sul Quadro Finanziario Pluriennale, dovrà essere messo a disposizione di tutti i Paesi interessati, subito, immediatamente, attraverso un meccanismo di garanzie che ne anticipino l’applicazione, tecnicamente si può, si parla di un bridge;
  • non dovrà infine avere le condizionalità, anche, immaginate, in termini di cofinanziamento o modalità di spesa, che normalmente si accompagnano e caratterizzano gli ordinari piani di finanziamento strutturali dell’Unione europea.

Al momento abbiamo anche un’iniziativa della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che, per quanto da essa stessa specificamente anticipato, potrebbe avere tutte le caratteristiche e muovere proprio in questa direzione.

Sul tavolo, è noto, perché cronaca anche di questi giorni, vi è anche una proposta francese che legherebbe il Recovery Fund a un veicolo costruito ad hoc, in grado di emettere strumenti di debito comune e di erogare fondi ai paesi membri.

Noi appoggiamo questa proposta, l’abbiamo appoggiata avendo però chiesto di integrarla rispetto alla sua originaria formulazione, in modo da rispondere più puntualmente e ampiamente ai requisiti che riteniamo imprescindibili e che ho sopra indicato.

Da ultimo è stata presentata, è storia ormai, e cornaca di questi giorni, anche una proposta spagnola che pure, con qualche suggerimento di variazione, potremmo appoggiare, per la conformità alle caratteristiche e alle finalità più sopra indicate.

Ai Paesi che condividono con noi la medesima linea di intervento abbiamo riservatamente, come si addice a queste trattative, anticipato anche una nostra proposta che riteniamo pienamente conforme all’art. 122 del Trattato sul funzionamento europeo, ma a noi, non l’abbiamo presentata ufficialmente, perché interessa portare a casa un risultato, non rimarcare una nostra primazia. In questo momento riteniamo opportuno condividere quanto più possibile e unificare le proposte sul tavolo, senza rischiare di dividerci, con la conseguenza di rallentare il processo decisionale.

Dobbiamo agire presto perché il ritardo comprometterebbe il risultato: è un rischio questo che l’Europa non può correre. Dobbiamo affrettarci, senza indugio, a rafforzare la nostra casa comune, e dobbiamo ripararla in fretta per sperare di competere in modo efficace con le altre economie mondiali.

Quest’ultimo aspetto non riveste certamente un carattere di minore importanza: al mantenimento di un equilibrato e sostenibile mercato interno fa evidentemente da corollario, nell’azione esterna dell’Unione europea, quel “level playing field” che le consentirebbe di restare al passo con i grandi players globali.

Le consultazioni da me avute in questi giorni a livello G7 e G20, hanno fatto da subito emergere – e non smetto di segnalarlo ai miei omologhi - la magnitudo dello spazio fiscale messo in campo da USA, Cina e Giappone, cito solo i nostri maggiori interlocutori. Di fronte a ordini di grandezza di diversi trilioni di dollari, la risposta complessiva europea non si è ancora configurata di livello adeguato.

È questa la ragione per cui non potrò, nell’interesse del paese, accettare un compromesso al ribasso. Qui non siamo di fronte a un negoziato a somma zero. Non ci saranno alcuni vincitori e alcuni perdenti.

Sono intimamente convinto, parlando di Europa, che o vinceremo tutti o perderemo tutti.

Il prossimo incontro europeo a livello di leader dei 27 Stati Membri dell’Unione europea non ritengo sarà quello risolutivo per questa finalità, ma farò di tutto, di tutto, perché esprima un indirizzo politico chiaro nell’unica direzione ragionevole.

Grazie.

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