Incarichi gratuiti, Fondazione Inarcassa critica sulla sentenza del Consiglio di Stato

15/11/2021

La recente sentenza del Consiglio di Stato è a dir poco inaccettabile. Non ci sono altre parole per definirla. La pronuncia del massimo organo di giustizia amministrativa su un bando del MEF, che prevedeva il conferimento di incarichi a titolo gratuito, rischia di avere risvolti pesantissimi sul futuro della libera professione. Questa volta i giudici di palazzo Spada si sono spinti oltre i limiti della ragionevolezza. In sostanza, invitano la P.A. ad affidare incarichi gratuiti perché l’equo compenso si applica solo nei casi in cui sia previsto un compenso. Questo vuol dire che i liberi professionisti possono lavorare gratis per lo Stato, perché ciò che conta, secondo i giudici, sono la gratificazione e la soddisfazione personale del servizio prestato alla cosa pubblica. Peccato, però, che siano sempre i liberi professionisti a farne le spese e che queste assurde motivazioni non vengano applicate ai compensi delle cariche pubbliche, compresi quelli dei giudici. Quando lo faranno loro, allora ci potremo pensare”.

Questo il commento di Franco Fietta, presidente della Fondazione Inarcassa, in merito alla sentenza n. 7442/2021 del Consiglio di Stato che si è pronunciato su un bando del Ministero dell’Economia e delle Finanze che prevedeva il conferimento di incarichi per consulenze gratuite contro cui hanno fatto ricorso gli ordini degli avvocati di Roma e Napoli.

A parte le facili battute, è una sentenza che lede la dignità professionale - conclude Fietta - perché sono migliaia in Italia i liberi professionisti che operano con la P.A.. Se si consente alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a zero, come potranno versare i contributi previdenziali, essere assicurati per la prestazione resa o investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione? La stessa P.A., fissando la gratuità della prestazione, quale qualità potrà pretendere? È chiaro quindi che questa sentenza apre a forme di distorsione del mercato, per non parlare di altro, contro cui la stessa ANAC è impegnata da tempo”.

Il Consiglio di Stato entra a gamba tesa sul dibattito parlamentare che in queste settimane si sta portando avanti per rafforzare la disciplina dell’equo compenso. La sentenza impone quindi di proporre correttivi per evitare le assurde interpretazioni della sentenza. La Fondazione Inarcassa, che sta interloquendo con le principali forze politiche per migliorare la legge sull’equo compenso in questi giorni in discussione al Senato, ringrazia la senatrice Fiammetta Modena e il senatore Francesco Urraro per l’attenzione che rivolgono ai temi della libera professione. Con loro è stato avviato da tempo un percorso legislativo per inquadrare il tema della giusta retribuzione all’interno della certezza normativa.

I liberi professionisti attendono una risposta - osserva il senatore Francesco Urraro della Commissione Giustizia - Il parlamento sta lavorando ad una legge sull’equo compenso che dia maggiori tutele alla libera professione. Siamo a buon punto e occorre il massimo impegno da parte di tutte le forze politiche e dei principali stakeholder. Dobbiamo recuperare la fiducia delle partite iva che lavorano con la pubblica amministrazione. Non è in discussione la gratificazione del professionista che contribuisce alla cosa pubblica, ma le prestazioni professionali devono essere retribuite sempre e in modo equo”.

Nel contesto della discussione sull’equo compenso la sentenza in esame può essere interpretata in modo distorsivo - spiega la senatrice Fiammetta Modena, componente della Commissione Giustizia e Commissione Bilancio - Il Bando del MEF è stato annullato per indeterminatezza. Era un avviso che prevedeva prestazioni gratuite per gli avvocati. Però la sentenza afferma la possibilità per la P.A. di pubblicare bandi in cui richiedere collaborazioni gratuite. È opportuno un intervento legislativo”.

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