Superbonus 110%: generato un valore economico di 124,8 miliardi di euro

14/07/2022

Come scriviamo spesso in queste pagine, una misura fiscale può piacere o meno, poi si devono prendere in considerazione gli aspetti di natura tecnica e quelli economici. Quando si parla di superbonus 110%, però, la tendenza è affidarsi a considerazioni di pancia che di oggettivo hanno poco o nulla.

Superbonus 110%: le frodi e i costi per lo Stato

Sulle detrazioni fiscali del 110% (superbonus) due dei mantra riportati dalla stampa generalista sono:

  • il superbonus 110% ha generato oltre 5 miliardi di frodi;
  • il superbonus 110% è insostenibile per le casse dello Stato.

Sul primo punto è già stata molto chiara l'Agenzia delle Entrate che ha rilevato che del totale delle frodi rilevate, appena il 3% riguardano il superbonus ovvero neanche l'1% dell'ammontare di detrazioni a fine lavori.

Per quanto concerne il costo per lo Stato, è stata l'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) a fare delle prime valutazioni rilevando che per ogni miliardo di euro speso in Superbonus dallo Stato:

  • 470 milioni di euro corrispondono a maggiori entrate;
  • 530 milioni di euro sarebbe il costo effettivo dello Stato.

Questo senza considerare gli effetti positivi dell'indotto.

Gli effetti del superbonus

E proprio sugli effetti dell'indotto si è concentrato l'Istituto di ricerca Nomisma con uno studio che valuta l'impatto sociale e ambientale del Superbonus 110%.

Lo studio ha rilevato che 38,7 miliardi di euro di spesa in superbonus (quelle generate fino a giugno 2022) generano 124,8 miliardi di euro:

  • 56,1 miliardi come effetto diretto - la spesa aggiuntiva in superbonus genera una produzione nel settore delle costruzioni ed in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo;
  • 25,3 miliardi come effetto indiretto - ogni settore attivato direttamente ne attiva altri in modo indiretto;
  • 43,4 miliardi come effetto indotto - le produzioni dirette e indirette remunerano il fattore lavoro con redditi che alimentano una spesa in consumi finali che a sua volte richiede maggiori produzioni.

Ma non solo, perché i 38,7 miliardi di euro in superbonus generano anche un effetto occupazionale:

  • 410.000 occupati nel settore delle costruzioni;
  • 224.000 occupati nei settori collegati.

Il commento di Riccardo Fraccaro (M5S)

Ieri l'Istituto di ricerca Nomisma ha pubblicato uno studio che valuta l'impatto sociale e ambientale del Superbonus 110%.

Ebbene, anche in questo caso i dati parlano chiaro: il Superbonus ha portato benefici ambientali,  economici e sociali notevoli e contrariamente allo storytelling dei suoi detrattori, non è affatto un costo insostenibile per lo Stato.

L' impatto economico generato dal Superbonus, si legge nel documento, risulta positivo: l'investimento di 38,7 miliardi di € nella misura genera sull'economia nazionale un valore economico pari a 124,8 miliardi di € 

(56,1 miliardi di € di effetto diretto, 25,3 miliardi  di € di effetto indiretto e 43,4 miliardi di € di effetto indotto).

Riguardo il valore ambientale generato, Nomisma ricorda che il settore delle costruzioni è uno dei maggiori produttori globali di CO2, responsabile di circa 1/3 delle emissioni globali.

Il Superbonus ha già consentito di contenere in maniera significativa l'impronta ecologica con la riduzione di 979 mila tonnellate di CO2 e contribuisce alla produzione di energia rinnovabile con quasi il 50% dell'incremento di potenza di fotovoltaico/pannelli solari installati sul parco immobiliare italiano.

Inoltre, prosegue la relazione, il costo medio sostenuto per abbattere una tonnellata di CO2 con questa misura è stato di 55 €, di molto minore rispetto al settore dell'industria (95 € per tonnellata), ma leggermente maggiore dell'abbattimento di CO2 tramite interventi  sulla mobilità.

Nomisma calcola che a fronte di una spesa statale di  38,7 miliardi di €  il Superbonus ha consentito di generare per ogni beneficiario un risparmio annuo medio di 500 € in bolletta.

Altro aspetto della misura, spesso sottovalutato, è che opera esclusivamente sul patrimonio immobiliare esistente, producendo effetti positivi sul contenimento di consumo di suolo e minori investimenti sulla realizzazione di servizi e infrastrutture collegate. I vantaggi generati dall'investimento immobiliare, da parte dei beneficiari del Superbonus 110, rispetto al nuovo è quantificabile in 15,3 miliardi di € complessivi.

Infine lo studio Nomisma prende in esame il valore sociale generato e ci riporta numeri straordinari:

le imprese del settore edile hanno beneficiato di un flusso aggiuntivo di domanda che si è tradotta in maggior occupazione, pari a 634 mila occupati totali. Nel settore costruzioni in particolare, prosegue il testo, si traduce in 410 mila occupati, a cui si aggiungono i 224 mila occupati derivanti dai settori collegati.

Vale la pena riportare integralmente questo passaggio: nonostante alcune evidenze mostrino che la misura abbia favorito in media i ceti  medio alti, ci sono ben 483 mila famiglie con reddito medio basso che, grazie al superbonus, hanno avuto l'occasione di effettuare i lavori di riqualificazione energetica profonda alla propria abitazione, a costo zero e consentendogli inoltre di  risparmiare 40 mila € per unità abitativa rispetto a chi ha scelto di acquistare un immobile nuovo.

Infine segnala che la riqualificazione dei cantieri superbonus ad oggi conclusi ha consentito un incremento del valore immobiliare di almeno 4,8 miliardi, nell'ipotesi in cui tutte le unità immobiliari riqualificate rientrino nelle classi energetiche inferiori.

Il mio insistere sulla bontà di questa norma non è dovuto ad una affezione sentimentale. Accoglierei con entusiasmo una qualsiasi altra misura in grado di produrre gli stessi effetti positivi.

Ma in mancanza di un'alternativa rendere il Superbonus inutilizzabile mi sembra una follia che non tiene conto dei benefici della misura né dei danni ai cittadini che si sono affidati allo Stato e che oggi si ritrovano a rischio fallimento con cassetti fiscali pieni di crediti.

Ma c'è chi li chiama capricci

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