Servizi di architettura e di ingegneria: Un pasticcio all'Italiana

Il Governo con l'articolo 9 commi 1 e 4 del decreto-legge 24 gennaio, n. 1 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha proceduto all'abrogazione sia delle...

18/04/2012
Il Governo con l'articolo 9 commi 1 e 4 del decreto-legge 24 gennaio, n. 1 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha proceduto all'abrogazione sia delle “tariffe delle professioni regolamentate del sistema ordinistico” che delle “disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano” alle tariffe stesse.
Mentre il problema è di facile lettura per le Opere private, in cui ogni singolo professionista dovrà pattuire il proprio compenso (adeguato all'importanza dell’opera) al momento del conferimento dell'incarico, rendendo noto al cliente il grado di complessità dell'incarico ed indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, lo stesso non può dirsi per le Opere pubbliche.

In primo luogo occorre osservare come per quanto concerne le Opere pubbliche, con l'abrogazione della legge n. 143 del 1949 e del D.M. 4/4/2001 verrebbero meno tutti i riferimenti del Codice dei contratti a tali leggi ed in questa condizione non potrebbe darsi attuazione all'articolo 264, comma 1, lettera c) del Regolamento n. 207 in cui viene precisato che il bando deve contenere l'importo stimato dell'intervento cui si riferiscono i servizi da affidare nonché le relative classi e categorie dei lavori individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali con un chiaro riferimento, per quanto concerne i servizi di architettura e di ingegneria all'articolo 14 dell’allegato alla legge 2 marzo 1949, n. 143 richiamato, anche, all’interno del D.M. 4/4/2001.
E' impossibile, quindi, se la legge n. 143/1949 è abrogata, fare riferimento alle classi e categorie individuate dal citato articolo 14.
Ecco il primo pasticcio

In secondo luogo con l'abrogazione delle disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe stesse disposta dal citato comma 4 dell'articolo 9 verrebbero abrogati alcuni commi di alcuni articoli del Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 163/2006 e precisamene i commi 1 (parzialmente), 2, 3 e 6 dell'articolo 92, il comma 10 (parzialmente) dell'articolo 240, il comma 5 (parzialmente) dell'articolo 243, il comma 17 dell'articolo 253 ma, anche alcuni commi di alcuni articoli del Regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 207/2010 e precisamente la lettera b) (parzialmente) del comma 1 dell'articolo 50, i commi 1, 3, 4 e 5 dell'articolo 238, il comma 2 dell'articolo 262, il comma 1, lettera c) dell'articolo 264,il comma 6 dell'articolo 314; nella speranza di non avere dimenticato nulla.
Il secondo pasticcio è legato a quanto previsto dall'articolo 255 del Codice dei contratti in cui viene detto testualmente: “Ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute.

In terzo luogo vale la pena ricordare che il testo originario dell’articolo 92 del Codice dei contratti, successivamente all’emanazione del “Decreto Bersani” (Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) nella parte in cui precisava che i corrispettivi erano minimi inderogabili e che ogni patto contrario era nullo è stato modificato dai D.Lgs. nn. 6/2007, 113/2007 e 152/2008 nel testo attuale in cui viene precisato soltanto che tali corrispettivi “possono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti, ove motivatamente ritenuti adeguati, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dell'importo da porre a base dell'affidamento”.
In tale situazione è chiaro che i corrispettivi di cui al D.M. 4/4/2001 ed alla legge n. 143/1949 oltre a non essere minimi inderogabili, sono utili soltanto per definire gli importi a base degli affidamenti per i quali ogni singolo concorrente può effettuare il ribasso ritenuto opportuno
Ecco il terzo pasticcio legato al fatto che, senza alcun riferimento tariffario per la determinazione degli importi da porre a base degli affidamenti, tali importi potranno essere determinati discrezionalmente dal Responsabile del procedimento con il rischio di far rientrare il servizio da affidare all'interno di una soglia (40.000 Euro - 100.000 Euro - 200.000 Euro) invece che in un'altra contraddicendo, in questa maniera, quell'aspirazione alla trasparenza che dovrebbe ispirare l'azione pubblica.

In questa situazione, generatasi per la negligenza di tutti coloro che hanno partecipato o come attori o come soggetti istituzionali interessati al problema, che potrebbe portare alla paralisi degli affidamenti dei servizi di architettura e di ingegneria occorrerebbe un chiaro, tempestivo e risolutore intervento dei Ministeri delle Infrastrutture e della Giustizia che non dovrebbero fare altro che:
  • chiarire in primo luogo se, per le opere pubbliche, sono ancora in vigore le legge n. 143/1949 ed il D.M. 4/1/2001;
  • nell'eventalità che le norme sopra indicate debbano intendersi abrogate anche per le opere pubbliche, procedere, esplicitamente e senza ulteriori equivoci, all’abrogazione di tutte quelle parti del codice dei contratti e del Regolamento di attuazione che sono in contrasto con tali abrogazioni.
Successivamente l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture dovrebbe aggiornare la determinazione n. 5 del 7/7/2010 recante “Linee guida per l'affidamento dei servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria”.

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