Sblocca Cantieri e Codice dei contratti, Cantone (ANAC): ‘Un appalto di lavoro ben fatto deve partire da una buona progettazione indipendente’

L'intervista al Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sulla situazione del Codice dei contratti dopo lo Sblocca Cantieri

di Gianluca Oreto - 23/04/2019

La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18 aprile 2019 del Decreto-Legge 18 aprile 2019, n. 32 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (c.d. Sblocca Cantieri) ha completato la fase uno del progetto di revisione della contro-riforma del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti).

Contro riforma che, dopo lo Sblocca Cantieri che ha apportato modifiche puntuali, prevederà la definizione di una legge delega con la quale il Governo potrà scegliere se riscrivere completamente il Codice dei contratti oppure modificarlo ulteriormente.

Per ciò che riguarda lo Sblocca Cantieri, ho intervistato il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone, ovvero il soggetto che più è stato operativo in questi primi 3 anni di applicazione del Codice dei contratti, che più risentirà delle modifiche apportate.

Di seguito le mie domande e le risposte del Presidente Cantone.

Lo sblocca cantieri, se sarà confermato anche in sede di conversione in legge, conferma la volontà politica di tornare ad un regolamento unico con l'accantonamento delle soft law. Il rischio è quello di vanificare il lavoro svolto dall'ANAC che finora è stato l'unico dei soggetti attuatori ad aver rispettato i tempi. Cosa ne pensa?

Il “ritorno” al regolamento è una scelta politica che ad un certo punto è parsa quasi obbligata; la maggioranza degli operatori (dalle stazioni appaltanti agli imprenditori) non ha accettato il sistema della regolazione flessibile o forse non ne ha compreso lo spirito, ma si tratta di un fatto di cui era giusto prendere atto.  A noi era stato dato un compito e abbiamo provato ad adempierlo mettendo in campo tutte le risorse disponibili; adesso vi è una diversa idea da parte del legislatore e la accettiamo serenamente. Mi auguro che il nostro lavoro possa essere recuperato nel testo del regolamento, perché esso è stato il frutto del continuo confronto con gli operatori e quel confronto è certamente un lascito positivo della precedente opzione.

Viene anche previsto che tutte le linee guida vincolanti sino ad oggi predisposte dall’ANAC cesseranno di essere in vigore entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge mentre non è precisato cosa succederà se entro tale scadenza non entrerà in vigore il nuovo Regolamento. Tra le altre cose nulla si dice sui tanti provvedimenti attuativi che avrebbero dovuto emanare i Ministeri ma che fin'ora non hanno visto la luce. Il rischio è di continuare ad avere un impianto normativo monco. Cosa ne pensa?

Nel testo che ho letto, che è quello che è stato trasmesso alle camere ma non ancora quello ufficiale pubblicato in gazzetta ufficiale, si prevede opportunamente che le linee guida restino in vigore fino all’entrata in vigore del regolamento e questa soluzione (se è quella effettivamente adottata) mi sembra razionale e dovrebbe evitare vuoti normativi. Con l’entrata in vigore del decreto legge, noi ovviamente e doverosamente ci fermeremo anche con l’aggiornamento delle linee guida in corso; è un peccato soprattutto per l’aggiornamento delle linee guida sugli illeciti professionali con le quali che avevamo intrapreso, anche su impulso degli operatori economici, scelte coraggiose e che erano in attesa, per l’adozione definitiva, del parere del Consiglio di Stato. Non mi sono fatto precisa un’idea su cosa dovrà fare il regolamento con riferimento ai provvedimenti del ministero mai adottati; credo che potrà direttamente intervenire ex novo. La soluzione peggiore sarebbe un regolamento carente e monco, ma non credo che il governo voglia adottare questa opzione, che contrasterebbe con l’idea che questo provvedimento deve garantire la certezza dei rapporti giuridici.

Viene "accantonato" il divieto di appalto integrato per le opere i cui progetti definitivi siano approvati dall'organo competente entro il 31 dicembre 2020, con pubblicazione del bando entro i successivi dodici mesi dall’approvazione dei predetti progetti. Vi è, quindi, un ritorno a tempo dell'appalto integrato. Pensa che in questo modo sarà dato il tanto desiderato impulso alle gare?

Le mie perplessità sull’appalto integrato restano immutate; io credo che un appalto di lavoro ben fatto deve partire da una buona progettazione che sia anche “indipendente”; nell’appalto integrato la commistione fra progetto ed opera rischia di incidere sulla qualità dei lavori. Del resto con il codice si era rinunciato all’appalto integrato non certo per capriccio, ma proprio sulla scorta di una esperienza non positiva maturata. Si torna indietro, fra l’altro, non perché si contesta la giustezza della scelta ma perché le stazioni appaltanti (non tutte per la verità) non si sono adeguate ed organizzate rispetto alla novità. Ciò detto, credo potesse essere utile ritornare ad utilizzare l’istituto per attività oggettivamente meno complesse, ma se le nuove norme, come risulteranno anche dalla conversione, lo faranno rientrare a pieno titolo, non credo si debba considerare un dato positivo. Lo voglio dire con chiarezza, sbloccare le opere può essere un obiettivo accettabile, ma farle bene è l’obiettivo vero da perseguire con un codice dei contratti pubblici!

Nel caso di appalto integrato viene previsto il pagamento diretto del progettista che collabora con l’appaltatore. Cosa ne pensa?

Nella lettura ancora molto veloce del testo del decreto non ho fatto caso a questa norma, che forse può essere utile a garantire una maggiore “indipendenza” del progettista e per questa ragione la condivido.  Ma aggiungo, è la prova che i limiti dell’appalto integrato sono riconosciuti anche dal legislatore dello “sblocca cantieri” che evidentemente dell’istituto non si fida. Una delle cose migliori del codice del 2016 era proprio rappresentata dalla centralità del progetto e quel valore credo vada assolutamente preservato.

Viene esteso a 15 anni antecedenti la data di sottoscrizione del contratto con la SOA per il conseguimento della qualificazione. È sempre stato molto critico nei confronti dell'attestazione SOA, qual è il Suo punto di vista?

Credo che l’estensione ai 15 anni sia una delle norme meno condivisibili (e azzarderei nel dire, peggiori) del decreto; rischia di abbassare il livello reale di qualificazione delle imprese e di sminuire la valutazione delle SOA; già prima del codice del 2016 era previsto il termine di 5 anni per la valutazione dei requisiti, che poi era stata alzato a 10 su richiesta del mondo imprenditoriale, soprattutto in relazione alla situazione di crisi del settore dei lavori pubblici; il codice del 2016 aveva confermato il quinquennio che poi era stato portato di nuovo a 10 anni per le stesse ragioni. Quindici anni è un termine che, dal punto di vista imprenditoriale, è assolutamente enorme; valutare requisiti di un tempo precedente così lungo significa davvero non dare peso alcuno all’attività reale e non “premiare” quelle entità che operano davvero. Quanto alle SOA, l’ANAC con l’attuale consiglio è stata molto rigorosa, giungendo anche a dichiarare varie decadenze dall’autorizzazione per comportamenti molto gravi, ma il settore, a mio avviso, ha guadagnato in trasparenza e correttezza ed io ho modificato, almeno in parte, la mia posizione anche esprimendola pubblicamente; le SOA ad oggi sono difficilmente sostituibili e svolgono un ruolo utile per consentire che imprese qualificate partecipino ai lavori pubblici.

Viene risolta l'empasse relativa all'albo dei commissari di gara. Era davvero necessaria un'ulteriore proroga di 60 giorni per la piena operatività dell’Albo?

Era indispensabile; la proroga precedente scadeva il 15 aprile e il decreto è del 19 aprile; non potevamo certo far partire l’albo sulla base di testi normativi informali che non hanno alcun valore e che fra l’altro sono stati più volte modificati. E poi è necessario aggiornare il software di cui l’Autorità si è dotata che era calibrato sull’estrazione di tutti e tre i commissari. Un tempo tecnico quello previsto, quindi, assolutamente necessario. E poi vogliamo essere sicuri che la scelta delle commissioni esterne resti davvero; si sentono tante voci contrarie che potrebbero trovare ascolto in sede di conversione.

È stata confermata l'eliminazione degli incentivi ai tecnici della P.A. per le attività di programmazione e previsto che gli stessi siano conferiti per le attività di progettazione. È una problematica che negli anni è stata modificata più volte, qual è il Suo punto di vista in merito?

Ammetto che non ho un’idea precisa in materia; questi continui cambiamenti di rotta del legislatore non sono un bel segnale; questo di sicuro. Ed aggiungo, che la cultura di cui sono portatore dà per scontato che se lavoro per la mia amministrazione non dovrei aver bisogno di essere ulteriormente pagato per espletare i miei compiti. Se la norma era stata eliminata era perché probabilmente aveva dato luogo a qualche problema e a qualche preoccupazione. Quei problemi e quelle preoccupazioni sono superate? Non credo ma preferisco fermarmi alla domanda.

In riferimento al subappalto, vengono eliminati l'obbligo di indicare la terna di nominativi di sub-appaltatori e l'obbligo per l'offerente di dimostrare l'assenza, in capo ai subappaltatori indicati, di motivi di esclusione. Viene anche previsto l'utilizzo del subappalto fino alla quota del 50% dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Pensa sia la strada giusta?

La materia del subappalto è foriera di molti problemi su molti aspetti; l’utilizzo del subappalto ha una serie di rischi abbastanza oggettivi; sulla qualità dell’opera (ho vinto l’appalto dimostrando di avere alcuni requisiti e poi faccio fare a terzi una parte anche consistente del lavoro, pagando meno di quanto mi viene riconosciuto) e per i rischi di infiltrazione criminale (i subappalti o i loro parenti stretti, e cioè i noli a caldo o a freddo, sono lo strumento utilizzato dalle mafie per mascherare tangenti). Perciò si tende da sempre a mettere dei limiti nell’utilizzo. La scelta della terna aveva una sua ragion d’essere (l’appaltante deve sapere chi potrà svolgere i lavori), consentiva i controlli (posso controllare chi sono) ed era un argine contro la criminalità (se li indico prima è molto più difficile che siano la foglia di fico di una estorsione che si verificherà dopo); la soluzione, però, ha creato molti problemi pratici e fra l’altro non è in linea con le indicazioni comunitarie che non conoscono questi limiti. Escludere poi chi vinceva la gara per un problema del subappaltatore era eccessivo. Una riforma era tutto sommato scontata; la norma non è mai stata accettata davvero soprattutto dal mondo delle imprese. Certo più si aumentano gli spazi del subappalto, più crescono i rischi ma qui va detto che con il recente decreto sicurezza si sono inasprite molto le pene (da una contravvenzione è diventato un delitto punito con la reclusione fino a 5 anni) per i subappalti non autorizzati e questo forse sterilizzerà in parte i rischi di infiltrazione criminale; restano alcune perplessità per l’incidenza di questo strumento sulla qualità delle opere; ma capisco che questo è un tema considerato recessivo rispetto alla necessità di “fare”.

Ringrazio il Presidente Cantone per il prezioso contributo e lascio come sempre a voi ogni commento.

A cura di Ing. Gianluca Oreto

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