ANAC: Aggiornato il Piano Nazionale Anticorruzione 2013-2016

Nella seduta del 28 ottobre scorso, il Consiglio dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha approvato la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 recan...

03/11/2015
Nella seduta del 28 ottobre scorso, il Consiglio dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha approvato la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 recante “Aggiornamento per il 2015 del PNA (Piano Nazionale Anticorruzione) 2013-2016”, già in vigore da ieri 2 novembre.
Con la determinazione recante l’aggiornamento che rappresenta il primo atto di Anac in questa materia dopo l’approvazione del PNA nel 2013, l’Autorità ha voluto imprimere una decisa svolta nella direzione del miglioramento della qualità dei Piani anticorruzione delle amministrazioni pubbliche.

I Piani fin qui adottati si sono rivelati per più aspetti gravemente carenti, soprattutto per la mancata individuazione di adeguate misure di prevenzione della corruzione, che fossero il frutto di una compiuta autoanalisi organizzativa delle amministrazioni, alla ricerca di aree e attività più esposte al rischio di corruzione.
In attesa di un nuovo e più organico Piano Nazionale Anticorruzione 2016-2018, sul quale l’Autorità sta già lavorando, si è voluto segnalare alle amministrazioni la necessità di concentrarsi sulla effettiva individuazione e attuazione di misure proporzionate al rischio, coerenti con la funzionalità e l’efficienza, concrete, fattibili e verificabili, quanto ad attuazione e ad efficacia.
L’Aggiornamento è articolato in una parte generale e in una parte speciale, dedicata a due approfondimenti in settori particolarmente esposti al rischio corruttivo: i contratti pubblici e la sanità. Per ciascuno di questi settori si individuano eventi rischiosi e si indicano alcune possibili misure di prevenzione.
Entrando nel dettaglio della parte speciale nella stessa si legge che il risultato dell’analisi dei PTPC (Piani triennali prevenzione corruzione) ha evidenziato l’esigenza di un intervento mirato sui contratti pubblici, con l’intento di fornire indicazioni operative a tutte le amministrazioni, nella loro veste di buyers pubblici, per il trattamento di questa specifica area di rischio. Sono, infatti, state rilevate alcune criticità ricorrenti quali:
  • assenza di un’adeguata analisi di contesto interno ed esterno con riferimento all’area specifica (mancata rilevazione dei possibili conflitti di interesse, del numero di contenziosi, mancata individuazione delle lobbies e dei portatori di interessi privati che possono incidere sul procedimento di approvvigionamento);
  • assenza di un’appropriata descrizione del processo, mediante puntuale articolazione delle fasi e dei relativi processi, rilevanti ai fini dell’esatta individuazione del rischio e delle connesse misure di prevenzione;
  • assenza di una visione strategica complessiva del processo di approvvigionamento.

A tal proposito il PNA (Piano Nazionale Anticorrizione) contiene, nell’allegato 2, un elenco esemplificativo di sottoaree di rischio. Si tratta delle attività legate alla definizione dell’oggetto dell’affidamento, alla individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento, ai requisiti di qualificazione e di aggiudicazione, alla valutazione e verifica dell’anomalia delle offerte, alla gestione delle procedure negoziate e di affidamento diretto, alla revoca del bando, alla redazione del cronoprogramma, all’adozione di varianti, al subappalto e all’utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto.

Un paragrafo della nuova determinazione dell’ANAC (paragrafo 4.2) è dedicato alla progettazione della gara e nello stesso viene evidenziato come diversi sono gli eventi rischiosi che possono essere considerati, quali ad esempio:
  • la nomina di responsabili del procedimento in rapporto di contiguità con imprese concorrenti (soprattutto esecutori uscenti) o privi dei requisiti idonei e adeguati ad assicurane la terzietà e l’indipendenza;
  • la fuga di notizie circa le procedure di gara ancora non pubblicate, che anticipino solo ad alcuni operatori economici la volontà di bandire determinate gare o i contenuti della documentazione di gara;
  • l’attribuzione impropria dei vantaggi competitivi mediante utilizzo distorto dello strumento delle consultazioni preliminari di mercato;
  • l’elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo di sistemi di affidamento, di tipologie contrattuali (ad esempio, concessione in luogo di appalto) o di procedure negoziate e affidamenti diretti per favorire un operatore;
  • la predisposizione di clausole contrattuali dal contenuto vago o vessatorio per disincentivare la partecipazione alla gara ovvero per consentire modifiche in fase di esecuzione;
  • la definizione dei requisiti di accesso alla gara e, in particolare, dei requisiti tecnico-economici dei concorrenti al fine di favorire un’impresa (es. clausole dei bandi che stabiliscono requisiti di qualificazione);
  • le prescrizioni del bando e delle clausole contrattuali finalizzate ad agevolare determinati concorrenti;
  • l’abuso delle disposizioni in materia di determinazione del valore stimato del contratto al fine di eludere le disposizioni sulle procedure da porre in essere;
  • la formulazione di criteri di valutazione e di attribuzione dei punteggi (tecnici ed economici) che possono avvantaggiare il fornitore uscente, grazie ad asimmetrie informative esistenti a suo favore ovvero, comunque, favorire determinati operatori economici.

Nello stesso paragrafo 4.2 vengono, poi, così esempificate le possibili misure da adottare:
  • previsione di procedure interne che individuino criteri di rotazione nella nomina del RP e atte a rilevare l’assenza di conflitto di interesse in capo allo stesso;
  • effettuazione di consultazioni collettive e/o incrociate di più operatori e adeguata verbalizzazione/registrazione delle stesse;
  • obbligo di motivazione nella determina a contrarre in ordine sia alla scelta della procedura sia alla scelta del sistema di affidamento adottato ovvero della tipologia contrattuale (ad esempio appalto vs. concessione);
  • adozione di direttive interne/linee guida che introducano criteri stringenti ai quali attenersi nella determinazione del valore stimato del contratto avendo riguardo alle norme pertinenti e all’oggetto complessivo del contratto;
  • audit su bandi e capitolati per verificarne la conformità ai bandi tipo redatti dall’ANAC e il rispetto della normativa anticorruzione;
  • adozione di direttive interne/linee guida che limitino il ricorso al criterio dell’OEPV in caso di affidamenti di beni e servizi standardizzati, o di lavori che non lasciano margini di discrezionalità all’impresa;
  • obbligo di dettagliare nel bando di gara in modo trasparente e congruo i requisiti minimi di ammissibilità delle varianti progettuali in sede di offerta;
  • sottoscrizione da parte dei soggetti coinvolti nella redazione della documentazione di gara di dichiarazioni in cui si attesta l’assenza di interessi personali in relazione allo specifico oggetto della gara;
  • utilizzo di clausole standard conformi alle prescrizioni normative con riguardo a garanzie a corredo dell’offerta, tracciabilità dei pagamenti e termini di pagamento agli operatori economici;
  • previsione in tutti i bandi, gli avvisi, le lettere di invito o nei contratti adottati di una clausola risolutiva del contratto a favore della stazione appaltante in caso di gravi inosservanze delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità;
  • misure di trasparenza volte a garantire la nomina di RP a soggetti in possesso dei requisiti di professionalità necessari;
  • pubblicazione di un avviso in cui la stazione appaltante rende nota l’intenzione di procedere a consultazioni preliminari di mercato per la redazione delle specifiche tecniche.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it
     
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