Consultazioni preliminari di mercato: nuovo intervento del Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato entra sull'argomento consultazioni preliminari di mercato

di Redazione tecnica - 29/11/2020

Parliamo di consultazione preliminare di mercato, diritto di difesa, impugnazione dell'avviso e procedura negoziata. Lo facciamo analizzando la sentenza del Consiglio di Stato n. 7239/2020 pubblicata lo scorso 20 novembre.

Il fatto e il ricorso

Parliamo del servizio di elisoccorso e di elicotteri in questo articolo. A proporre ricorso una società che aveva risposto ad un avviso di consultazione preliminare per l'acquisto di un nuovo velivolo indetto dalla Cassa provinciale antincendi di Trento. Ma l'Ente, con una delibera, spiegava che l'unica scelta possibile era quella di acquistare un elicottero identico a quello perso nell'incidente di qualche mese prima, avviando una procedura negoziata con la società che poi ha fatto ricorso. E' stata un'altra società a fare ricorso su questa scelta dell'Ente, domandando la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con l'unica società che si era presentata. E il Tar dava ragione alla seconda società, perché, secondo il giudice di primo grado, la procedura dell'Ente era stata anomala "essendo stata avviata la consultazione preliminare di mercato prima della decisione definitiva dell’acquisto dell’elicottero essendo ancora in campo la scelta per il noleggio a lungo termine e quindi "quella consultazione di mercato doveva essere qualificata come “una semplice fase di gara, non finalizzata all’aggiudicazione di alcun contratto”, con la conseguenza di escludere l’onere della società che ha fatto ricorso al Tar sia di immediata impugnazione, trattandosi di atto non immediatamente lesivo, sia di prendere parte alla predetta consultazione a pena di decadenza".

Il diritto di difesa

Secondo la società esclusa che ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, il Tar non le avrebbe consentito il pieno esercizio del diritto di difesa, respingendo il rinvio dell'udienza. Motivo infondato, per il Consiglio di Stato, perché, analizzando gli atti di notifica, la società che ha proposto appello "aveva la piena possibilità di svolgere le difese, anche eventualmente depositando la documentazione ritenuta utile a contrastare le (nuove) allegazioni della ricorrente". Infatti, la circostanza che il termine per il deposito documentale sia venuto a scadenza nel giorno di avvenuto deposito dei motivi aggiunti, cose che viene contestata dalla società, "non costituisce ragione sufficiente a disporre il rinvio dell’udienza di discussione della causa, poiché ad assumere rilevanza per il compiuto esercizio dei diritti di difesa è il momento in cui la parte ha acquisito conoscenza effettiva dell’altrui atto impugnatorio".

La consultazione preliminare di mercato

Finisce anche questo argomento sulle scrivanie dei giudici del Consiglio di Stato chiamati ad analizzare il primo giudizio del Tar. Secondo la società che ha fatto ricorso, quest'ultimo andava accolto perché la consultazione non era "un mero strumento di sondaggio di mercato" (e cita l'articolo 66 del decreto legislativo numero 50 del 2016), ma l'atto di avvio di una gara ufficiosa per il sicuro vincolo che ne derivava a carico dell'amministrazione precedente, "come dimostrato dal fatto che i termini e le condizioni dell’avviso erano poi stati trasfusi negli atti della successiva procedura negoziale i quali tutti avevano nella precedente consultazione e nei suoi esiti il loro evidente presupposto. Ne doveva conseguire l’applicazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui in caso di gara ufficiosa gli operatori economici sono titolari di una situazione di interesse legittimo solo se vi abbiano preso parte, potendone così contestare anche gli esiti, restando altrimenti la loro posizione quella di mero interesse di fatto; divenuto inoppugnabile per tali ragioni, l’esito della consultazione, erano da considerarsi sottratti ad impugnazione anche tutti gli atti che ne erano seguiti, ivi compreso l’affidamento a seguito della procedura negoziata". Ma per il consiglio di Stato non è così.

Acquisire le informazioni prima di una procedura di gara

Secondo i giudici del consiglio di Stato, la consultazione preliminare di mercato è "uno strumento per le stazioni appaltanti con il quale è possibile avviare un dialogo informale con gli operatori di settore per acquisire le informazioni ritenute necessarie al successivo svolgimento di una procedura di gara. Può costituire lo strumento attraverso il quale accertare l’eventuale infungibilità dei beni, prestazioni e servizi, ed assumere, su tale presupposto, scelte limitative del confronto concorrenziale". E d'altronde lo dice anche l'Anac: "La consultazione preliminare di mercato non costituisce una procedura di affidamento di un contratto pubblico". Per questo, dicono i giudici, "non v’è ragione per ritenere che l’onere di impugnazione vada retratto fino all’avviso di avvio della consultazione preliminare di mercato, proprio per la natura di fase pre-gara finalizzata alla sola raccolta di informazioni, cui non è detto segua la scelta di una procedura limitativa della concorrenza, potendo l’amministrazione sempre determinarsi per la più ampia apertura al mercato nella scelta del contraente. Anche quando la consultazione di mercato sia avviata con richiesta di requisiti particolarmente stringenti per la fornitura, l’operatore che avverta di poter essere escluso per la mancanza di tali requisiti ha la facoltà, ma non l’onere a pena di decadenza, di impugnazione, potendo attendere gli sviluppi della successiva fase procedurale contenenti le definitive scelte della stazione appaltante per l’affidamento del contratto pubblico". Quindi la società che ha fatto e vinto il ricorso al Tar, "non era tenuta ad impugnare l’avviso di consultazione preliminare di mercato, in quanto atto non immediatamente lesivo, né era tenuta a prendere parte alla procedura, potendo legittimamente decidere di non rispondere all’invito dell’amministrazione".

Pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi

In appello, la società ha spiegato che l'ente che ha bandito la gara, aveva l'obbligo di pubblicità sul portale istituzionale, "con i conseguenti effetti decadenziali in caso di mancata tempestiva impugnazione", e si cita l'articolo 32 della legge numero 69 del 2009 che dice: "Gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati". Nel caso anlizzato, essendo avvenuta la pubblicazione sul portale dell’ente il 18 luglio 2019, in applicazione del termine dimezzato previsto per il cosiddetto rito appalti, l’impugnazione avrebbe dovuto essere proposta entro il 17 settembre 2019 con conseguente irricevibilità del ricorso in quanto notificato il 27 settembre 2019. Ma il consiglio di Stato non la pensa così. Il termine per la presentazione del ricorso era quello di 60 giorni e non quello dimezzato di 30, "non trattandosi di atto della procedura di affidamento, ma di atto che precede l’avvio della procedura di affidamento".

Il Lock-in

E' vero, dicono i giudici del consiglio di Stato che la società che ha fatto ricorso era l'unica sul mercato a poter fornire un determinato modello di elicottero e quindi si poteva procedere a procedura negoziata "per assenza di concorrenza per motivi tecnici (ne parla l'articolo 63 del decreto legislativo numero 50 del 2016). Quindi l'ente che voleva integrare il suo parco elicotteri, si è venuta a trovare nella condizione che si definisce di lock-in, letteralmente "bloccare", che significa una condizione di dipendenza da un singolo fornitore, "che non è possibile sciogliere se non sopportando costi ulteriori per transitare ad altro fornitore (dovuta, seguendo ancora le indicazioni dell’Anac, all’impossibilità di recuperare gli investimenti iniziali perché il cambio del fornitore avrebbe l’effetto di condurre alla perdita degli stessi (sunk cost) ovvero ai lunghi e costosi processi di apprendimento (learning) per l’utilizzo ottimale di un bene che sarebbero persi in caso di cambio di fornitore)". Ma l'amministrazione, anche per una questione economica, ha la necessità di uscire dal lock-in. E questa uscita, dicono i giudici, "può avvenire solamente con una procedura aperta in cui l’amministrazione si renda disponibile alla fornitura di modelli equivalenti a quelli in uso". L'Ente si trovava in una condizione di lock-in, come ampiamente documentato, e voleva avere la possibilità di garantirsi un libero mercato provando ad acquistare da altri operatori di mercato, elicotteri con caratteristiche simili a quelli che aveva in dotazione. Ecco perché il Consiglio di Stato ha dato ragione al Tar, "in quanto il bene da acquistare non era infungibile per l’assenza di concorrenza dovuta a “motivi tecnici”, come richiesto dal legislatore, ma per la distorta visuale indotta nell’amministrazione dalla condizione in cui essa stessa si è posta". Bisogna anche leggere la direttiva europea numero 2014/24/UE in cui si precisa che "l'esclusività (ricorrente in caso di un solo operatore oggettivamente in grado di eseguire l’appalto) può anche trarre origine da altri motivi, ma solo situazioni di reale esclusività possono giustificare il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione, se la situazione di esclusività non è stata creata dalla stessa amministrazione aggiudicatrice in vista della futura gara di appalto”. Che la condizione sia stata inconsapevolmente determinata dall’amministrazione non è qui rilevante. In conclusione, l'appello è stato totalmente respinto.

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A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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