Ddl Concorrenza: mercato servizi professionali consegnato a lobby dell'industria e delle banche

I servizi professionali non possono essere considerati come prodotti. Questo è un concetto che dovrebbe stare alla base di qualsiasi discussione che voglia t...

25/02/2015
I servizi professionali non possono essere considerati come prodotti. Questo è un concetto che dovrebbe stare alla base di qualsiasi discussione che voglia trattare con coscienza il tema delle professioni intellettuali. Chi prende le decisioni ci ha però abituati a tutt'altro, con conseguenze drammatiche.

Volendo fare un raffronto con il mercato dei prodotti, questo una volta era costituito dalle piccole "botteghe" che con il processo di globalizzazione sono state sostituite dalle grandi catene che grazie all'industrializzazione hanno aumentato i volumi di produzione, abbassato i prezzi e abbassato (di molto) anche la qualità. Con la conseguenza che lentamente ci siamo trasformati in consumatori frenetici e promotori dell'usa e getta.

Allo stesso modo e sempre sull'altare della convenienza economica (quale poi vorrei capirla), si sta provando a "globalizzare" il mercato dei servizi professionali, sostituendo il tecnico libero professionista con le grandi società di ingegneria. Dopo averci provato con lo Sblocca Italia (leggi articolo), il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che apre le porte delle commesse private anche alle grosse società. Pronto e duro è stato il commento di Confprofessioni, il cui presidente Gaetano Stella ha affermato senza mezzi termini "Non vedo alcun vantaggio per i cittadini, ma solo la volontà di trasferire un'ampia fetta del mercato dei servizi professionali ai grandi gruppi industriali e alle banche".

"Con la scusa di attaccare presunte rendite di posizione - ha affermato il Presidente Stella - si vuole far credere ai cittadini che non avranno più vincoli e potranno muoversi liberamente sull'asfittico mercato dei servizi professionali, ma il prezzo da pagare sarà altissimo perché cadranno tutte quelle garanzie di imparzialità e terzietà che in tutta Europa contraddistinguono la prestazione professionale".

"Il tanto sbandierato interesse dei consumatori viene calpestato dalle nuove lenzuolate del governo che, ancora una volta, mostra la sua totale approssimazione sul ruolo che i professionisti sono chiamati a svolgere - continua il presidente di Confprofessioni - Il ddl sulla concorrenza non considera lo stato di crisi del comparto delle professioni. Siamo di fronte a una finta liberalizzazione, perché il mercato sottostante sta crollando, nonostante l'ottimismo dei numeri dichiarati dal governo".

"Entrare a piedi uniti su alcune categorie professionali è solo un intervento di immagine senza alcun reale riscontro. E' in atto un vero e proprio rovesciamento della realtà economica del Paese che punta al depauperamento sistematico delle libere professioni e all'azzeramento di un sistema di garanzie per il cittadino-consumatore che fino ad ora ha funzionato. La massificazione dei servizi professionali, attraverso il massiccio ricorso al capitale, potrebbe recare un grave danno ai cittadini, perché verrebbe meno quel controllo di legalità affidato al professionista a tutto vantaggio di chi punta a mettere le mani sul mercato delle attività professionali. Non è questa la strada giusta, non sono queste le liberalizzazioni che spingono avanti l'economia del Paese. Non è un paese per professionisti".

In riferimento a quest'ultima affermazione, ricordo l'iniziativa promossa da Conprofessioni (leggi articolo) che, chiamando a raccolta tutte le Associazioni e tutte le organizzazioni di rappresentanza dei liberi professionisti, delle partite Iva, dei freelance, ha presentato il MANIFESTO DEL LAVORO INTELLETTUALE - Il decalogo dei diritti negati, proponendo di elaborare proposte e soluzioni volte a stabilire che anche i PROFESSIONISTI hanno diritto:
  1. di poter lavorare;
  2. a un compenso equo;
  3. alle tutele di welfare;
  4. di poter andare in pensione;
  5. agli stessi diritti delle attività imprenditoriali;
  6. a un prelievo fiscale e contributivo sostenibile;
  7. a un credito accessibile;
  8. di essere parte attiva del tessuto economico;
  9. di difendere i propri interessi;
  10. di contribuire allo sviluppo del Paese.

A cura di Gianluca Oreto -
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