Ddl Concorrenza: richiesta la soppressione dell'art. 31 sulle Società di Ingegneria

Le disposizioni previste dall'art. 31 del disegno di legge n. 3012 (c.d. Ddl Concorrenza) determinerebbero una evidente condizione anticoncorrenziale, in ap...

13/07/2015
Le disposizioni previste dall'art. 31 del disegno di legge n. 3012 (c.d. Ddl Concorrenza) determinerebbero una evidente condizione anticoncorrenziale, in aperta contraddizione con lo spirito della legge n. 183/2011 sulle società tra professionisti.

Questo, in sintesi, il contenuto del parere della Commissione Giustizia riunitasi in sede consultiva il 9 luglio 2015 per l'analisi della Legge annuale per il mercato e la concorrenza che ha ottenuto parere favorevole con diverse condizioni.

Entrando nel dettaglio, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha ritenuto l'art. 31 del Ddl Concorrenza in contrasto con principi previsti dall'articolo 10 della legge n. 183/2011 sulle società tra professionisti e ribaditi con la sentenza del Consiglio di Stato n. 103 del 2015, che chiarisce in via definitiva che nessuna società commerciale, al di fuori di quelle previste dalla legge n. 183/2011, può svolgere attività professionali riservate ai professionisti iscritti agli albi. Secondo il Consiglio di stato, infatti, "il sistema normativo delineato dalla legge n. 183/2011 rappresenta un ragionevole, e non superabile in via interpretativa, punto di equilibrio tra l'esigenza di consentire l'esercizio di attività professionali attraverso moduli organizzativi professionali di natura societaria e l'esigenza di salvaguardare comunque alcuni dei caratteri indefettibili che caratterizzano, anche riguardo ai principi di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, l'esercizio delle attività proprie di sistemi ordinistici. Tra questi, in primis, rimane fermo il carattere eminentemente personale, in ragione dell'essenzialità che deve intercorrere con il cliente della prestazione professionale e delle relative responsabilità"

Con tali motivazioni, secondo la Commissione Giustizia appare evidente che le disposizioni dell'articolo 31 determinerebbero una evidente condizione anticoncorrenziale, in aperta contraddizione con lo spirito della legge n. 183/2011.

Diverse le reazioni del settore professionale.
Da una parte il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC ha apprezzato la bocciatura dell'articolo 31 che "avrebbe permesso alle Società di ingegneria, ossia alle società di capitale, di operare anche sul mercato privato". Dall'altra parte, l'OICE ha parlato di "impropria e fuorviante richiesta di soppressione dell'art. 31 avanzata dalla Commissione giustizia della Camera, che cita a sproposito il Consiglio di Stato".

Riporto di seguito i comunicati integrali.

Il commento del CNAPPC
"Solo pochi giorni fa, infatti, abbiamo rivolto un appello in tal senso al Parlamento sottolineando come il problema - per gli architetti italiani - non fosse la forma societaria di tali società ma la necessità per tutti di operare dentro regole comuni che valessero proprio per tutti. Le società di ingegneria, infatti, non hanno alcun codice etico mentre gli architetti italiani e le società tra professionisti operano nel rispetto del codice deontologico approvato dal Ministero della Giustizia: se, ad esempio, evadono il fisco vengono, giustamente, radiati dall'Albo; rispettano le molte regole della Riforma delle professioni e delle Direttive comunitarie. Tutto ciò non è previsto, invece, per le società di ingegneria".

"Siamo lieti - conclude il CNAPPC - che il nostro grido di allarme e le nostre preoccupazioni siano state ascoltate fugando i dubbi di quanti, alla vigilia, paventavano di trovarsi di fronte ad una sorta di condono per il passato ma anche per il futuro e che il Parlamento si piegasse ad interessi di parte. Così non è stato e di questo deve essere dato atto a tutta la Commissione. Ci auguriamo ora che quello che è stato fatto uscire dalla porta non rientri dalla finestra e che anche l'Aula confermi quanto definito in sede di Commissione".

Il commento dell'OICE
In una nota diffusa oggi l'OICE, l'Associazione aderente a Confindustria che riunisce le società di ingegneria e architettura italiane, puntualizza su alcuni elementi del parere reso dalla Commissione giustizia della Camera il 9 luglio sul Ddl concorrenza, con il quale si chiede la soppressione dell'articolo 31: la sentenza del Consiglio di Stato n. 103/2015 citata nel parere (che afferma che l'unica forma di esercizio in forma di impresa di attività professionali è rappresentata dalle stp) non è in alcun modo applicabile alle società di ingegneria.

Per dovere di corretta informazione e di altrettanto corretta lettura della giurisprudenza occorre infatti precisare che:
  • la sentenza (paragrafo 5.2) afferma espressamente che "prescindendo da modelli del tutto peculiari che qui non rilevano come le società di ingegneria di cui all'articolo 90, comma 2, lettera b) del codice dei contratti pubblici, si ritiene che..."; quindi la pronuncia citata erroneamente nel parere non è riconducibile alle società di ingegneria;
  • il Consiglio di Stato afferma il principio che l'unica forma ammessa di esercizio in forma societaria di professioni intellettuali protette (richiamato nel parere della Commissione giustizia) è quello della società tra professionisti con riguardo all'affidamento di servizi di consulenza in materia di diritto del lavoro;
  • l'articolo 10, comma 9 della legge 183 del 2011 fa salvi i "diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge", cioè proprio le società di ingegneria, cui non si possono in alcun modo ritenere applicabili le norme sulle stp.
Da ciò si desume che la richiesta di soppressione dell'articolo 31, norma di interpretazione autentica che evita possibili contenziosi relativi a contratti privati delle società di ingegneria (sui quali peraltro le società di ingegneria regolarmente pagano contributi a Inarcassa), appare del tutto impropria e sprovvista di fondamento giuridico.

A cura di Gianluca Oreto
   
© Riproduzione riservata