Giorgio Napolitano al Quirinale: Si recuperi il tempo perduto

"Quello che sta per concludersi è l'anno in cui è stato scosso e messo alla prova come non mai, a sessant'anni dal suo avvio, il progetto europeo e si sono c...

30/12/2011
"Quello che sta per concludersi è l'anno in cui è stato scosso e messo alla prova come non mai, a sessant'anni dal suo avvio, il progetto europeo e si sono concretizzati per il nostro paese rischi assai gravi, dinanzi ai quali non hanno retto i preesistenti equilibri politici e si sono fatte sempre più stringenti nostre antiche e recenti contraddizioni e insufficienze". Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è rivolto al Quirinale ai rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile in occasione della tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri di Natale e Capodanno.

Il discorso è partito dall'Europa che "non può in un modo o nell'altro dividersi e frammentarsi, secondo linee geografiche o sulla base di opposte intransigenze e di tendenziali esclusivismi". Ed "è verso un'Europa più federale, di certo più integrata e più forte nella sua capacità di parlare e agire all'unisono, che è giocoforza muoversi. E' di qui che passa l'affermazione non solo di una cultura della stabilità e di una prassi condivisa di stabilizzazione finanziaria, ma insieme di una cultura dello sviluppo e di una nuova strategia di crescita per l'Europa: quella che oggi latita, nonostante l'incombere della recessione".

Quindi il Presidente Napolitano si è soffermato sulla crisi appena affrontata nel nostro paese: "La soluzione di governo cui si è giunti un mese fa ha costituito lo sbocco di un lungo travaglio politico e infine di una serena, obbiettiva riflessione", ha osservato per poi sottolineare che "il tentativo di evitare un immediato scioglimento delle Camere e ricorso alle urne, viste le ricadute dirompenti che ciò avrebbe potuto avere per il nostro paese nel burrascoso contesto dell'Eurozona, visto cioè l'incombere sull'Italia di un catastrofico aggravarsi della crisi finanziaria, era un mio preciso dovere istituzionale. E la via obbligata da percorrere era quella di affidare la formazione di un nuovo governo a una personalità rimasta sempre estranea alla mischia politica, già sperimentata in funzioni di governo esercitate correttamente, per riconoscimento bipartisan, nell'arco di dieci anni al livello europeo, e dotata di indubbia autorevolezza internazionale. Di qui l'incarico al senatore professor Mario Monti. La fiducia che un larghissimo arco di forze ha accordato in Parlamento al governo Monti è stata al tempo stesso chiara espressione della convinzione largamente condivisa che occorresse scongiurare, in una fase così critica, una paralisi dell'attività di governo e parlamentare e uno scontro elettorale devastante".

"E' del tutto evidente - ha rilevato il Capo dello Stato - che nessuna forzatura, né tantomeno alcuno strappo si è compiuto rispetto al nostro ordinamento costituzionale. Solo con grave leggerezza si può parlare di sospensione della democrazia, in un paese in cui nulla è stato scalfito: né delle libere scelte delle forze politiche, né delle autonome determinazioni del Parlamento e delle altre assemblee rappresentative, né delle prerogative degli organi di garanzia, né delle possibilità di espressione delle proprie istanze, e di manifestazione del proprio dissenso, anche da parte delle forze sociali".

"La verità - ha sottolineato il Presidente Napolitano - è che si vive nei paesi della nostra Europa una fase storica di drammatiche sfide esterne, di mutamento e di disagio sociale e politico, e può imporsi la necessità anche di soluzioni di governo fuori degli schemi tradizionali. E governi di grande coalizione, di unità nazionale, o di tregua e di transizione, sono risorse, sono riserve su cui i sistemi politici democratici debbono poter contare, e hanno contato, in momenti particolari, in situazioni bloccate o senza facili vie d'uscita. In Italia, nel momento in cui la parola tornerà ai cittadini per l'elezione del Parlamento - e la data-limite è già segnata dal termine naturale della legislatura - ciascuna forza politica avrà modo di prospettare l'alleanza tra partiti e la formula di governo che considera più appropriate nell'interesse del paese e in funzione delle quali chiede il consenso ai cittadini".

Per il Capo dello Stato, "aver dato fiducia a questo governo è stato segno di consapevolezza dell'estrema difficoltà del momento: è, per i partiti che lo hanno deciso, titolo di merito, non motivo di imbarazzo. L'ampiezza e la continuità del sostegno allo sforzo appena avviato - in quanto prova di un condiviso senso di responsabilità e impegno costruttivo delle forze politiche - è ciò che più rafforza e può rafforzare la credibilità dell'Italia".

Per il Presidente Napolitano "il ruolo della politica resta insopprimibile, non è neppure temporaneamente oscurabile. La formula del governo dei tecnici non è, dunque, da idoleggiarsi. Ma è necessario che i partiti facciano la loro parte, nella fase di transizione che si è avviata; la facciano rinnovandosi, aprendosi nuovamente alla società, acquisendo e valorizzando più fresche, giovani energie, ridefinendo e arricchendo le loro piattaforme ideali e programmatiche. Le loro diversità non sono state cancellate, le loro identità non sono state confuse da una convergenza straordinaria e temporanea nel pressante interesse del paese. E facciano la loro parte nell'ampio spazio che hanno da occupare in questa fase, non solo nel rapporto col governo - un rapporto di distinzione e di corresponsabilità - ma più in generale nell'arena parlamentare, e sempre nell'ascolto del paese".

Il Capo dello Stato ha quindi osservato che "c'è un programma del governo che non è onnicomprensivo, che non abbraccia temi rispetto ai quali è al Parlamento, e dunque ai partiti, ai gruppi politici in Parlamento, che spetta proporre soluzioni, concertarle a conclusione di un costruttivo confronto e approvarle. Mi riferisco a temi di riforma istituzionale e anche costituzionale: mi si consenta di non tornare a indicare revisioni ordinamentali, modifiche della seconda parte della Carta, nonché modifiche dei regolamenti parlamentari, su cui già all'inizio della legislatura avevo creduto di poter registrare una tendenziale larga intesa. Purtroppo in questi anni non si è giunti alle decisioni che si attendevano e che oggi appaiono auspicabili, anche a proposito di legge elettorale. Ebbene, si recuperi il tempo perduto in un sussulto conclusivo di operosità riformatrice e di fecondità del Parlamento, della legislatura, dei partiti. Ritengo che ciò non sia impossibile, anche grazie al clima più disteso che si intravede nei rapporti politici, messi per così dire al riparo da un'esasperazione patologica del conflitto tra governo, maggioranza e opposizione. Consolidare questo clima è una delle grandi opportunità che si presentano nella fase attuale, anche per creare condizioni più serene in vista della competizione elettorale e del successivo, normale svolgimento della dialettica democratica. Condizioni più serene, più promettenti in termini di stabilità istituzionale, di soluzione dei problemi di fondo del paese, di gestione delle emergenze che ancora avremo da fronteggiare".

Il Capo dello Stato ha quindi invitato a guardare "così al domani, nel fare i conti con le urgenze di oggi. In molti casi, queste si proiettano infatti in un orizzonte più lungo : l'emergenza giustizia, a cominciare dalle carceri, o l'emergenza economica e sociale Mezzogiorno, cui il governo sta mettendo mano, ripropongono l'esigenza di politiche non di breve termine. Così come l'urgenza che più ci incalza, quella del consolidamento dei conti pubblici, e la preoccupazione già oggi centrale e ineludibile di un rilancio della crescita e dell'occupazione, possono e debbono trovare risposte immediate ma resteranno di certo all'ordine del giorno anche nei prossimi anni, nella prossima legislatura. Abbiamo perciò bisogno della straordinaria convergenza parlamentare appena avviatasi ma anche, successivamente, di un più sereno confronto tra forze protagoniste di una rinnovata democrazia dell'alternanza".

Il Presidente ha poi augurato che "anche nel dibattito pubblico e nel confronto sociale su questioni e scelte di grande complessità prevalgano obbiettività e senso della misura. La triade del perseguire il rigore cui non ci possiamo sottrarre nella politica di bilancio, dell'intervenire con equità, e del puntare su una nuova prospettiva di crescita e sviluppo, non solo costituisce un esercizio assai arduo nell'immediato ma richiederà grande accortezza ed equilibrio anche nel futuro. Ad esempio, per quel che riguarda l'equità, sappiamo che nella gestione della cosa pubblica e nella società italiana sono penetrati e si sono cristallizzati molti e diversi fattori di stridente disuguaglianza e iniquità : su cui lo Stato dovrà via via attrezzarsi per incidere sempre più efficacemente. E allora - non lo dico soltanto in rapporto all'attualità, ma anche agli interventi e alle scelte su cui ci sarà da confrontarsi nel futuro - credo non giovino, qualunque posizione di principio o gruppo sociale si rappresenti, i giudizi perentori, le battute sprezzanti, le contrapposizioni semplicistiche. Si discuta liberamente e con spirito critico, ma senza rigide pregiudiziali e non rifuggendo da spinose assunzioni di responsabilità. Intanto, in tempi così difficili per il paese, si blocchi sul nascere ogni esasperazione polemica".

Per il Capo dello Stato "qualsiasi tema ci sia da discutere, oggi o domani, e a qualsiasi tavolo, è necessario dare seriamente la priorità alle condizioni dei 'non rappresentati', dei giovani senza lavoro o con deboli prospettive di occupazione e di pensione. Il dovere di rispondere alle attese dei giovani, la necessità di valorizzare le risorse che essi e le donne oggi fuori del mercato del lavoro rappresentano, insieme con l'obbligo morale di non scaricare sulle spalle delle nuove e delle future generazioni il fardello di un proibitivo debito pubblico, sono le ragioni fondamentali dei sacrifici che si stanno chiedendo agli italiani di ogni ceto sociale. Nel proporli e deciderli, non ci si piega ad alcun diktat esterno, né ad alcun precetto di ortodossia monetarista, e non si dimentica l'imperativo della crescita".

Ed "è giusto chiedere - ha continuato il Presidente Napolitano - che si assumano concretamente e senza indugio le loro responsabilità anche le forze politiche e il Parlamento per quel che riguarda i necessari sacrifici finanziari e un non meno importante rigore nella riforma degli apparati istituzionali e dei loro costi. Ma c'è una tendenza, che sta diventando assordante, a svalutare ogni passo si compia in queste direzioni e ad alimentare reazioni di rigetto verso i politici, la politica, le istituzioni rappresentative. Invito a una seria riflessione sulla crescente pericolosità di questa tendenza".

Il Capo dello Stato nel suo intervento ha ricordato anche la ricorrenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia: "Il paese ne è uscito più sicuro della sua identità, riconciliato con la propria storia ben più di quanto potesse prevedersi. Abbiamo legato l'idea-forza dell'unità a istanze essenziali di diversità, pluralità, solidarietà, sussidiarietà, e al concreto impegno del superamento del centralismo statale. Si è in pari tempo confermata l'artificiosità e vanità della predicazione secessionista" e ha invitato a concentrarsi "sulle maggiori sfide che il paese ha davanti a sé, sui rischi cui è esposto, innanzitutto sul piano finanziario, nel turbine della crisi dell'Eurozona. Col decreto in via di approvazione in Parlamento si pongono difese e premesse: ma la strada è lunga, e in salita. Possiamo farcela solo - non mi stanco di ripeterlo - attraverso un grande sforzo collettivo, una grande mobilitazione morale, civile, sociale".

Fonte: Quirinale
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