Il diploma non basta più per esercitare una professione intellettuale: serviranno altri anni di studio

Il diploma non basta più per esercitare una libera professione tecnica, come indicato dall'UE che ha richiesto, con una propria direttiva sin dal 21 dicembre...

30/03/2010
Il diploma non basta più per esercitare una libera professione tecnica, come indicato dall'UE che ha richiesto, con una propria direttiva sin dal 21 dicembre 1988, una formazione di almeno tre anni dopo il ciclo di studi secondario superiore (post-Bac), per il riconoscimento dei titoli professionali a livello comunitario.

Allo scopo di dissipare ogni dubbio interpretativo, i regolamenti di riordino degli istituti tecnici e professionali di cui all'articolo 64, comma 4, del decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, emanati dal presidente della Repubblica il 15 marzo 2010, hanno ridenominato i titoli finali di studio degli istituti tecnici e professionali come diplomi di "istruzione tecnica" e diplomi di "istruzione professionale" con l'indicazione dei relativi indirizzi.

Sono state così superate le vecchie denominazioni dei titoli che tanti equivoci hanno provocato in passato, riproposti anche nelle scorse settimane da comunicazioni non corrette, che non hanno messo in evidenza che i titoli di "Geometra","Perito Industriale", "Perito Agrario" e "Ragioniere" possono essere conseguiti solo a seguito dell'abilitazione all'esercizio delle relative professioni in base alle norme vigenti.

La necessità di richiamare l'attenzione delle istituzioni scolastiche e degli altri soggetti interessati sulla necessità di dare corrette informazioni ai giovani e alle loro famiglie è stata ribadita dagli stessi rappresentanti del ministero, il direttore generale per gli ordinamenti scolastici e per l'autonomia scolastica Mario Dutto e il direttore generale per l'istruzione e formazione tecnica superiore e per i rapporti con i sistemi informativi delle regioni Maria Grazia Nardiello, che si sono incontrati presso la sede del ministero con i presidenti di geometri, periti agrari e periti industriali (Fausto Savoldi, Andrea Bottaro e Giuseppe Jogna), confermando l'impostazione dei tre consigli nazionali: la nuova istruzione tecnica non è più inquadrabile come scuola terminale ai fini di una professione intellettuale. Il nuovo diploma, quindi, dovrà essere considerato solo come titolo necessario per l'accesso alle università e agli istituti tecnici superiori e non come titolo per accedere agli albi professionali. Un passaggio determinante che rappresenta un importante passo avanti per restare ancorati all'Europa.

I tre presidenti si sono dichiarati soddisfatti di un incontro che ha avuto un preciso obiettivo: fare chiarezza sulle confuse interpretazioni che della norma hanno dato perfino gli stessi dirigenti dei sistemi scolastici regionali. Creando sconcerto, poi, tra i professionisti che ad un certo punto hanno visto traballare gli stessi principi chiave della riforma che invece rappresenta un importante passo in avanti verso una formazione adeguata agli standard europei. Erronee interpretazioni che, per esempio, hanno fatto credere che il nuovo titolo (diploma di istruzione tecnica) rilasciato dai futuri istituti tecnici sarebbe stato valido per accedere al praticantato, poi all'esame di stato e quindi all'albo professionale. Magari tratti in inganno dalla definizione stessa di professione, così come si legge nella norma, che è altra cosa rispetto a quella di "professione intellettuale". La prima, infatti, forma i soggetti che possono esercitare una professione nel vasto campo della produzione, la seconda ha una prerogativa diversa e come tale deve essere trattata, perché dispone della capacità creativa e quindi di sviluppare autonomamente progetti.

Non si può comunque non sottolineare come questa riforma persegua il serio e intelligente proposito di uniformare il sistema di formazione e classificazione delle professioni intellettuali tecniche in soli due livelli formativi: il primo caratterizzato dalla laurea triennale o da un periodo di formazione post-secondaria equivalente, il secondo dalla laurea quinquennale o specialistica. Concepire un terzo livello vorrebbe dire tagliare fuori dal panorama delle professioni intellettuali i futuri tecnici che usciranno da questi istituti.

Fonte: Consiglio Nazionale Periti Industriali
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