LA PROPRIETÀ PUBBLICA DEVE ESSERE GARANTITA DA APPOSITI E STABILI STRUMENTI GIURIDICI

Se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell'affidatario (con l'ingresso anche minori...

26/05/2009
Se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell'affidatario (con l'ingresso anche minoritario di privati) vengono violati i principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza. Per tale motivo, al fine di poter procedere all'affidamento in house, oltre a dover sussistere la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale, questa deve permanere per tutta la durata del rapporto ed essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni posto ad opera dello statuto.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 591 del 3 febbraio 2009, intervenuto sull'annosa questione degli affidamenti in house a seguito di un ricorso presentato per la riforma di una sentenza del TAR che aveva rigettato un precedente ricorso contro l'affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale, ritenuto illegittimo in quanto non ravvisabili gli estremi di un consentito affidamento in house. In particolare, l'appello in secondo grado concentra la sua attenzione sulla circostanza che, mancando nello statuto dell'impresa affidataria del servizio una clausola di incedibilità a privati delle azioni, non potrebbe dirsi realizzato il requisito del possesso in mano pubblica per tutta la durata del rapporto contestato, cosicché dovrebbe nella specie ritenersi violato il principio, affermato con riferimento al caso dalla Corte di Giustizia, secondo il quale qualora, durante la vigenza del contratto di cui alla causa principale, il capitale fosse aperto ad azionisti privati, la conseguenza sarebbe l'affidamento di una concessione di servizi pubblici ad una società mista senza procedura concorrenziale, il che contrasterebbe con gli obiettivi perseguiti dal diritto comunitario".

I giudici di Palazzo Spada, confermando di fatto la tesi del ricorrenti e contraddicendo la sentenza di primo grado, hanno ammesso che in mancanza di una stabile e certa incedibilità delle azioni, il rispetto delle regole della concorrenza sarebbe rimesso (come non è ragionevolmente consentito) alla costante vigilanza degli altri operatori del settore, i quali dovrebbero verificare, per tutta la durata del rapporto sorto per affidamento diretto, la permanenza in mano pubblica del capitale. Il possesso dell'intero capitale sociale da parte dell'ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualità se lo statuto della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.

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