La pandemia ed i contratti delle opere pubbliche

Nell’esecuzione delle opere pubbliche e private si è sempre ritenuto che sia necessario rispettare i preventivi di spesa ed i tempi di realizzazione previsti

di Vincenzo Lombardo - 06/06/2020

Nell’esecuzione delle opere pubbliche e/o private, sia per l’impegno delle risorse e sia per soddisfare bisogni di privati o della collettività, si è sempre ritenuto e si ritiene che sia necessario rispettare, fra l’altro, i preventivi di spesa ed i tempi di realizzazione previsti.

Non sempre, però, è possibile mantenere inalterati i suindicati requisiti, che sono frustrati dalle c.d. sopravvenienze, sia naturali (terremoti, alluvioni, nevicate, ecc) o dovute ad interventi della committente o dell’uomo (factum principis, fatto del terzo, ecc).

Nella fattispecie, si farà riferimento ai limiti posti dall’autorità, anche se, ora, non riportati, per garantire alle persone la sicurezza, attaccata ed annullata, in mancanza di adeguate contromisure, dall’azione del coronavirus, che ha generato la pandemia, oggi, in corso.

L'analisi che segue è suddivisa nelle seguenti parti:

  • lo stato di fatto
  • la procedura da adottare
  • l’alea normale del contratto
  • i danni verificatisi o che si verificheranno nell’esecuzione delle opere
  • le decisioni della committente
  • conclusione
  • Appendice

Lo stato di fatto

Senza entrare nel merito dei rimedi adottati e dei comportamenti dei cittadini, peraltro, noti per i continui interventi, negli ultimi mesi, dei mezzi di informazione, si rileva che, di fatto, in tutto il territorio nazionale, sono state bloccate le attività commerciali, industriali, turistiche, ecc ed, anche, con riferimento a quanto ora sarà concisamente esposto, i lavori e le azioni, che comportano rapporti e contatti umani.

Per il ristoro, parziale o totale, dei danni conseguenti, non possono essere richiesti, dagli esecutori dei lavori, risarcimenti alle committenti delle opere pubbliche, alle quali, nel prosieguo, si farà esclusivo riferimento, né possono applicarsi penali alle imprese, in quanto l’evento generatore di danno, imprevedibile, non è imputabile a nessuno dei contraenti. Infatti, le disposizioni, impartite dagli enti pubblici, nella fattispecie, avevano ed hanno, essenzialmente, lo scopo di evitare i contagi ed il propagarsi, estremamente veloce, della malattia.

Per la particolarità e per la forza distruttiva della pandemia, gli effetti negativi sono destinati a non venire meno in tempi brevi, ma si protrarranno, per un tempo, che, oggi, neanche i virologi possono prevedere. Infatti, potranno aversi risposte ragionevolmente accettabili quando, a seguito delle ricerche attuali, saranno disponibili cure specifiche efficaci, il ritrovamento e l’utilizzazione di un vaccino mirato ed il relativo parere degli esperti citati.

In merito al tempo necessario per il ritorno alla normalità, che sarà, in ogni caso, diversa da quella ante pandemia, non c’è uniformità di pareri fra gli stessi esperti. Sembra, però, ma con notevoli margini di incertezza, che il suddetto termine potrebbe essere contenuto nell’arco di un anno circa.

Nelle decisioni che la committente dovrà adottare, non potrà prescindersi da tali ipotesi e previsioni.

E’ necessario, pertanto, che si individuino meccanismi e procedure, anche graduali (le attuali fasi), che consentano la ripresa delle attività entro termini il più possibile contenuti e si rientri nella nuova normalità in tempi ragionevolmente accettabili per evitare decessi incontrollabili ed inconvenienti irreversibili all’economia del paese.

La procedura da adottare

Nella fattispecie, poiché la normativa, speciale, di settore fornisce strumenti (danni di forza maggiore, sospensione dei lavori, pubblico interesse), inadatti per affrontare e risolvere il caso in esame, è necessario utilizzare le norme ordinarie del codice civile relative ai contratti con prestazioni corrispettive e nel caso delle sopravvenienze (in parte: articoli 1256, 1467, 1664).

Si ritiene, però, che non sia applicabile l’articolo 1256 (Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea), in quanto i lavori in corso, nel caso in specie, possono essere eseguiti. Si rileva, infatti, che la pandemia non ha causato e non causerà una impossibilità, parziale o totale, dell’esecuzione delle opere, ma rende e renderà più onerosa la realizzazione delle stesse (cfr infra), a causa delle limitazioni poste dalla committente per contenere gli effetti ed i conseguenti inconvenienti prodotti dall’imprevedibile coronavirus, ancora poco conosciuto.

D’altra parte, anche l’applicazione dell’art. 1664 c.c. desta qualche perplessità, in quanto:

a. si rileva che, nel caso in specie (c. 1: non applicabile ai lavori pubblici1), il costo della mano d’opera non aumenta per l’incremento del costo delle singole categorie di lavori, ma della quantità della mano d’opera e/o dei trasporti da impiegare o della diminuita produzione nei cantieri, e di quanto riportato nel paragr. 03.00.

Tale possibile diversa interpretazione, inoltre, potrebbe portare a contenzioso con l’appaltatore, con perdite di tempo inaccettabili per la pandemia in corso.

Nell’ultimo periodo del primo comma2, per i lavori privati, è disposto che la revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo (Cfr infra). Ciò significa che l’appaltatore, pur estraneo alle cause della particolare sopravvenienza, e, dovendo sopportare anche tale onere, se la norma fosse applicabile, potrebbe valutare onerosa o particolarmente onerosa la prosecuzione dell’appalto.

Non può farsi riferimento al secondo comma dello stesso art. 1664 in quanto l’aggettivo simili, riferito ‘alle cause geologiche, idriche e simili’ esclude che la sopravvenienza, dovuta al coronavirus, possa essere soggetta alla disciplina del citato secondo comma3.

Si ritiene, conclusivamente, che tale rischio sia incompatibile con le vicende in corso e sia necessario valutare, invece, se l’applicazione dell’art. 1467 c.c.4, che è la norma cardine dell’istituto5, possa dare soluzioni meno rischiose per la conservazione del contratto.

b. nel primo comma dell’art. 1467 c.c., si legge che …… se la prestazione …omissis… è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto …… .

Si ritiene che il legislatore, utilizzando il verbo ‘potere’, non obblighi l’appaltatore a chiedere, a difesa del proprio diritto, sempre e comunque, la risoluzione, in quanto, in tal caso, avrebbe scritto ‘deve’ o usato l’avverbio ‘solamente’, ma consenta, qualora ne ricorrano i presupposti, che lo stesso possa anche richiedere, come la committente (c. 3), l’adeguamento del contratto non escluso dalla norma.

Per l’applicazione della disposizione, è necessaria un’ulteriore breve, ma importante considerazione.

L’appaltatore, in sede di gara, nel formulare la propria offerta, ovviamente, tiene sempre conto del contesto, economico, sociale, ecc, nel quale dovranno svolgersi i lavori e cioè del principio rebus sic stantibus. Effettua, consciamente o meno, l’offerta nelle condizioni esistenti al momento della gara o della stipula del contratto. E’ tenuto, conseguentemente, a rispettare le obbligazioni contrattuali entro i limiti esistenti in quel momento e, con riferimento al secondo comma dell’art. 1467 c.c., entro l’alea normale del contratto.

Se variano il contesto e/o le condizioni iniziali, il suddetto onere o si modifica o si affievolisce o si annulla a seconda dei casi, in quanto anche l’appalto a forfait rimane commutativo (obbligazioni dei contraenti esattamente definite e determinate fin dall’inizio del rapporto contrattuale) ed il rischio dell’appaltatore rimane sempre quello economico e non tecnico-giuridico e non assume carattere di aleatorietà. Non possono, comunque, essere trasferiti all’appaltatore rischi diversi da quelli assunti in sede di stipula del contratto.

In definitiva, l’alea contrattuale, dovuta a sopravvenienze imprevedibili o non previste, è oggetto di istituti differenti, art. 1467, 1664 c.c. ecc, rispetto a quelli del contratto aleatorio.

Superata la suindicata alea normale, l’appaltatore può richiedere la risoluzione del contratto (art. 1467, c. 1), che la committente può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni contrattuali (reductio ad aequitatem) per riequilibrare le condizioni contrattuali, alterate dalla sopravvenienza (art. 1467, c. 3) nel rispetto del principio della conservazione e del mantenimento in vita del contratto.

E’ evidente, nel caso in specie e nelle condizioni attuali, che, per ottemperare alle disposizioni della committente, l’appaltatore non può applicare il cronoprogramma predisposto all’inizio dei lavori, deve tenere conto dei maggiori tempi necessari per il completamento dell’opera, devono essere modificati i rapporti con i fornitori, in quanto le lavorazioni richiedono maggiori tempi, devono essere modificate sia le qualifiche che la quantità delle maestranze utilizzate, devono essere modificati i noli ed i trasporti, via via, nel cantiere, ecc.

In altri termini, deve essere gestito un cantiere diverso da quello appaltato ed è anche ipotizzabile, data l’ampiezza e la gravità del fenomeno, che l’imprenditore, che opererà in tale contesto, si troverà a gestire, anche per l’aspetto economico, una struttura diversa da quella che operava prima del verificarsi della pandemia.

Alea normale del contratto

E’ necessario, preliminarmente, precisare che, anche negli appalti ordinari di durata o ad esecuzione prolungata nei quali il tempo ha rilevanza, è sempre presente un’alea, dovuta a fattori diversi quali l’oscillazione dei prezzi dipendenti dal mercato, relativamente al costo dei materiali e/o della manodopera, o alle sopravvenienze dovute a fattori naturali o al factum principis o al fatto del terzo, ecc, che possono alterare, in maggiore o minor misura, l’andamento dell’appalto e dei quali è necessario tenere conto.

L’appaltatore, però, non è tenuto a sopportare tutti i maggiori oneri provocati dalle sopravvenienze, ma soltanto quelli che rientrano nei limiti del principio rebus sic stantibus (paragr. 02.00). In particolare, è da riteneresi vincolato se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto (art. 1467, c. 2, c.c.), che è anche definita come riportata in nota6.

In base al contenuto della clausola citata, la suindicata condizione significava (e significa) …… vincolare tacitamente i contratti ad esecuzione non immediata al permanere degli stessi presupposti di fatto che avevano determinato le parti alla stipulazione dell’accordo (Tartaglia, op. citata - Pag. 11).

Mediante norme specifiche, conseguentemente, sia per la conservazione del contratto, sia per il soddisfacimento di un bisogno pubblico, che è l’obiettivo dell’appalto, sono stati predisposti limiti e cautele a protezione dei diritti della committente e dell’esecutore.

Le suddette cautele, che, proprio per le finalità di carattere e di interesse pubblico, indicati nei commi precedenti, sono maggiori nel settore pubblico rispetto alle omologhe di quello privato, possono riscontrarsi, ad esempio, nell’istituto che disciplina la revisione dei prezzi contrattuali. Infatti, il legislatore, nel settore pubblico, ritenne di ridurre l’alea normale dell’appalto privato (Art. 1664, c. 1, c.c.: 10%) dimezzandone, per i contratti pubblici, l’importo (5%)7.

Nella fattispecie, la sopravvenienza, costituita dal coronavirus, oltre ai decessi ed al fermo delle attività produttive del paese, è destinata a produrre gli stessi danni provocati dai fatti e dagli eventi, qualitativamente ma di entità maggiore, succintamente ed indicativamente indicati nei paragrafi 01.00 e 04.00.

Conseguentemente, sembra (o è) perfettamente coerente con il sistema adottato in passato che si applichino nella fattispecie gli stessi rimedi disposti dalle norme esistenti, previsti per gli altri tipi di eventi straordinari ed imprevedibili8. In definitiva, per l’attuale imprevedibile sopravvenienza, l’alea normale può essere assunta pari al 5%.

E’ da rilevare, infine, che:

a. con la c.d. reductio ad aequitatem viene conservato il contratto e viene consentita, pertanto, senza ulteriori remore, la realizzazione dell’opera prevista;

b. il contraente, la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, non può imporre alla controparte di accettare un adempimento a condizioni diverse. L’art. 1467, comma 3°, c.c., prevede, infatti, che …… La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto(1)9;

c. operando come indicato nel terzo comma dell’art. 1467 e nei commi precedenti, viene salvaguardata …… la portata iniziale dell’impegno economico dell’obbligato e (nei contratti sinallagmatici) del rapporto tra le prestazioni corrispettive, mediante un raffronto tra le posizioni contrattuali originarie e quelle concretamente rilevabili in seguito allo svolgimento del tempo (all’esito della sopravvenienza). Ricondurre le situazioni delineate nel tempo nei termini del rapporto originario non è tradire la regola dell’impegno contrattuale, ma, al contrario, proiettare la volontà delle parti oltre la barriera costituita dal tempo e dalla modificazione dei fatti umani10.

Per l’applicazione dell’art. 1467 c.c., è soltanto necessario che la sopravvenuta onerosità superi l’alea normale, c. 2, e che questa costituisca fatto straordinario ed imprevedibile: anche da quanto brevemente esposto, nella fattispecie, entrambe le condizioni sono soddisfatte.

In passato, sono state riconosciute notevolmente onerose percentuali anche inferiori al 5%11.

I danni verificatisi o che si verificheranno nell’esecuzione delle opere

L’applicazione delle disposizioni restrittive e di sicurezza imposte nei cantieri in corso ed in quelli da iniziare, fino a quando l’emergenza covid 19 non sarà dichiarata cessata, con riferimento ai cronogrammi predisposti prima del verificarsi della pandemia, comporterà maggiori oneri per le singole lavorazioni, una minore produzione di cantiere, un prolungamento dei termini contrattuali, che configurano un andamento anomalo dei lavori.

Esemplificatamente e non, pertanto, in modo esaustivo, in particolare, si segnalano:

  1. maggiori oneri per spese generali infruttifere;
  2. lesione dell’utile;
  3. maggiori oneri per il personale;
  4. mancato ammortamento dei mezzi d’opera e delle attrezzature di cantiere;
  5. maggiore costo dei materiali;
  6. istituzione di turni di lavoro, con maggiori costi anche per il personale di direzione in cantiere;
  7. maggiorazione dei costi di spostamento del personale per raggiungere il cantiere, dalla sede di soggiorno o dalla sede aziendale;
  1. 8 maggiori oneri per il controllo delle prescrizioni sulla sicurezza nei confronti delle ditte subappaltatrici, dei fornitori in opera e dei fornitori di materiali;
  1. maggiori oneri per le cauzioni e per le assicurazioni;
  2. perdita di chance per aggiornamento della certificazione SOA (il prolungamento dei lavori, potrebbe comportare la perdita dei requisiti SOA, se non si riescono a certificare i lavori in tempo utile per la revisione triennale e quinquennale, o il mancato incremento della certificazione, inibendo la possibilità di partecipare a gare d’appalto, in forma singola, di valore più consistente).

Occorre tenere conto che l’elencazione riportata deve essere integrata e/o, comunque modificata, in quanto i danni dipendono da cause che potrebbero variare da cantiere a cantiere ed essere condizionati, poco o tanto, dai luoghi e dalla natura dei terreni interessati dalle opere, e da altri fattori variabili, ma, peraltro, noti agli operatori del settore.

Sembra opportuno rammentare che, nella determinazione del compenso, devono essere esclusi guadagni o utilità per l’appaltatore ed è, quindi, opportuno consultare la giurisprudenza, che è disponibile in merito.

Le decisioni della committente

Durante l’esecuzione di un’opera pubblica, che si realizzi in condizioni di ordinarietà ed in assenza di particolari oneri, estranei alla gestione dell’opera e che non interessino la sicurezza e la vita delle persone, le decisioni della committente riguardano, essenzialmente, la risoluzione di aspetti tecnici ed, al più, finanziari, necessari per il completamento e la fruizione dell’opera.

Nel caso in specie, invece, oltre ai problemi suindicati, assumono rilevanza notevole e determinante sia la sicurezza e la vita di un numero imprecisato, ma notevole, di persone e sia i danni prodotti all’economia nazionale per il fermo delle attività produttive, con la sola esclusione di quelle che riguardano la sanità, il sostentamento delle persone e le attività, mediamente limitate, indispensabili per la sopravvivenza della popolazione.

L’interesse dell’amministrazione, pertanto, deve essere focalizzato alla rapidità degli interventi, alla limitazione dei contagi e dei decessi ed alla ripresa delle attività produttive.

Sarebbe un controsenso se non si completassero i lavori in corso o in fase di gara, che sono già finanziati e certamente contribuiscono alla ripresa dell’economia.

In tale contesto, è evidente che l’attività dei decisori, si ribadisce, debba riguardare, da una parte, la limitazione dei danni in termini di perdite di vita umane, e, dall’altra, la promozione e/o il sostegno della ripresa delle attività produttive. La mancanza di queste ultime, infatti, provocherebbe un ulteriore abbassamento del tenore di vita ed il conseguente aumento della povertà, che, per la ripresa, richiederebbero tempi lunghi e l’impiego di notevoli risorse.

La decisione della committente, difficile, anche per l’impegno delle indispensabili ingenti risorse finanziarie, riguarda l’assetto economico generale ed il ritorno alla normalità e non la realizzazione di singole opere pubbliche che risolvono uno o più bisogni della collettività e che, probabilmente, potrebbero essere rinviate con modesti costi sociali.

In definitiva, per l’attuale difficile momento, sembra (o è) indispensabile che, anche in applicazione dell’art. 1467 c.c., si proceda, in tempi brevi, all’esecuzione di lavori pubblici, con l’impegno di notevoli risorse, in modo da ridurre in modo significativo la disoccupazione, come avvenne in America, per il superamento della crisi del 1929.

Sembra ovvio che la via da percorrere sia la reductio ad aequitatem, la realizzazione di nuove opere, e non il fermo o anche il semplice rallentamento dei cantieri.

Conclusione

Nelle considerazioni esposte in precedenza, si è ritenuto opportuno e necessario tenere sempre presente la pericolosità del coronavirus, estremamente rapido nel trasmettersi, e le conseguenze prodotte sia in termini di disagio della gente e sia, altrettanto rilevante, di disoccupazione e di aumento della povertà.

E’ evidente che, con i rimedi da adottare, debba essere limitata, in tempi rapidi, l’azione del virus e, nello stesso tempo, debbano essere immesse nel mercato risorse, che, nella fattispecie, sono costituite, subito, dai contratti dei lavori in corso di esecuzione e dai progetti, già finanziati ed in fase di gara, o già predisposti ed approvati ed in corso di finanziamento.

In quest’ottica, bisogna tenere anche conto che la risoluzione del contratto è la soluzione da adottare come possibilità ultima e residuale, quando, cioè, non è possibile trovare uno sbocco ragionevole per la conservazione dello stesso e per raggiungere gli obiettivi che si erano originariamente prefissati con l’affidamento degli appalti.

Tenuto conto di quanto riportato nei paragrafi precedenti, si è, in definitiva, dell’avviso che:

  1. i lavori in corso debbano essere completati nel più breve tempo possibile per riavviare l’economia, già bloccata da tempo;
  2. occorra utilizzare, in mancanza di strumenti specifici nel settore dei lavori pubblici, gli istituti del codice civile, relativi alle sopravvenienze;
  3. non essendo le conseguenze della pandemia imputabili né all’appaltatore né alla committente, i danni, non di risarcimento, debbano essere sopportati da entrambi in base alle specifiche disposizioni normative, già brevemente richiamate;
  4. dall’esame dei rimedi esaminati (paragr. 02.00), possano essere utilizzate, poiché ne ricorrono i presupposti, le disposizioni dell’art. 1467 c.c. Infatti:
  • l’alea normale dell’appalto, tenuto conto, per l’analogia adottata nelle norme della revisione dei prezzi contrattuali, possa essere fissata nella misura del 5%;
  • la sopravvenienza è dovuta (art. 1467, c.1, c.c.) al verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili (pandemia);
  • la sopravvenuta onerosità superi l’alea normale del contratto;
  • risultino verificate le condizioni per l’applicazione della norma (punti ‘b’ e ‘c’);
  • sia rispettato il principio rebus sic stantibus (paragrafi ‘2’ e ‘3’);
  1. poiché la norma non obbliga l’appaltatore a richiedere la risoluzione del contratto nell’ipotesi di eccessiva onerosità di quest’ultimo, si ritiene che lo stesso, nel proprio interesse, possa richiedere sia l’adeguamento del contratto, non vietato da nessuna disposizione normativa, e sia, nella stessa richiesta, in subordine ed in caso di rifiuto, la risoluzione contrattuale;
  2. la committente, nell’adottare le proprie decisioni, non possa ignorare quanto riportato nel paragr. 05.00 e deve prediligere rimedi che agevolino l’esecuzione delle opere e la conseguente immissione di denaro nel mercato (ibidem).

Operando come ipotizzato, oltre alla realizzazione delle opere in corso di esecuzione, dovranno essere adottate le misure, previste dalle norme per evitare e/o ridurre i danni apportati dalla attuale sopravvenienza, mentre i contraenti, da parte loro, dovranno sostenere quanto sinteticamente riportato e disposto dal contratto e dalle disposizioni vigenti.

NOTA - Nelle ultime settimane e dopo la chiusura delle osservazioni innanzi riportate, sono stati pubblicati alcuni studi e considerazioni riguardanti lo stesso argomento. Inoltre, alcune regioni hanno predisposto prezzari, che tengono conto dei maggiori costi dovuti agli accorgimenti, che è necessario adottare per garantire la necessaria sicurezza alle maestranze ed agli altri operatori del settore che devono essere impiegati per realizzare le opere.

Qualche regione ha già provveduto a predisporre un’appendice al proprio prezzario 2020, mentre qualche altra ha in elaborazione strumenti e meccanismi normativi per fronteggiare la sopravvenienza covid-19 e per limitare i danni provocati dal blocco delle attività produttive.

Nella determinazione delle nuove procedure dovrebbe tenersi conto che ciascun appalto ha una propria specificità ed è diverso dagli altri e, quindi, a parte i pochi caratteri generali, è ipotizzabile che anche i compensi per la reductio ad aequitatem dovrebbero essere diversi.

Un giudizio potrà essere espresso quando saranno pubblicati tutti gli elaborati relativi, mentre, fin da ora, è auspicabile che tutte le regioni adottino gli stessi principi generali, anche per evitare che alcuni committenti e/o imprese siano più uguali degli altri.

A cura di Ing. Vincenzo Lombardo
già ing. capo dell’U.T. della provincia di Catania
Ing. Mario G. Palazzolo, Ing. Biagio Andrea Lombardo, Ing. Enrico Maria Lombardo

Appendice (note)

1. Legge n. 109/94: art. 26, c. 3: Per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori non è ammesso procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il primo comma dell’articolo 1664 del codice civile.

2. Art. 1664, c. 1: Onerosità o difficoltà dell’esecuzione. Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mono d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.

3. Cass. civ., sez. I, 27/04/93, n. 4959 (Giust. civ. mass., 1993, 764 - s.m.): L’art. 1664 comma 2 c. c. - che è applicabile anche agli appalti di opere pubbliche, non trovando ostacoli nella relativa disciplina normativa - attribuisce all’appaltatore il diritto ad equo compenso in presenza di cause geologiche, idriche e simili determinanti una sopravvenuta onerosità per l'appaltatore medesimo, eccedente i limiti delle prestazioni contrattuali, riconoscendo con l’uso dell’aggettivo "simili" soltanto altre cause che presentino le stesse qualità e caratteristiche di quelle precedenti, esplicitamente menzionate e non anche le sopravvenienze oggettive di tipo diverso dalle cause naturali, quantunque produttive di effetti analoghi o simili, tra le quali il fatto dell’uomo, che non abbiano sostanzialmente mutato il regime geologico o idrico del suolo o del mare.
Conforme: Cass. civ., sez. I, 26/11/84, n. 6106 (Giust. civ. mass., 1984, fasc. 11)

4. Art. 1467 c.c.: Contratto con prestazioni corrispettive - Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto con gli effetti stabiliti dall’art. 1458.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

5. P. Tartaglia - Eccessiva onerosità ed appalto - Giuffré editore - Pag. 14.

6. Carlo G. Terranova - L’eccessiva onerosità nei contratti - Giuffré editore - Pag. 156: In giurisprudenza, tra le ultime, v. Cass. 11 giugno 1991, n. 6616, secondo cui l’alea normale è il rischio economico che incide sul valore delle prestazioni in coincidenza di eventi non straordinari né imprevedibili. Cfr. anche Cass. 25 marzo 1987, n. 2904; Cass. 9 marzo 1985, n. 1913 e Cass. 5 gennaio 1983, n. 1; in Giur. It., 1983, I, 1, 718.

7. Legge 19 febbraio 1970, n. 76. Norme per la revisione dei prezzi degli appalti di opere pubbliche. (G.U. 16 marzo 1970, n. 68). Art. 1.: Per tutti i lavori appaltati, concessi o affidati prima dell'entrata in vigore della presente legge, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi prevista dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 6 dicembre 1947, n. 1501, modificato con la legge 9 maggio 1950, n. 329, è ammessa, per la parte di lavori eseguita dal 1° gennaio 1969 fino all'ultimazione, quando l'Amministrazione riconosca che il costo relativo a tale parte è aumentato o diminuito in misura superiore al 5 per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti, intervenute successivamente alla presentazione dell'offerta.

8. Cons. di Stato, sez. IV, 19/08/2016, n. 3653 (Foro Ammin. (Il) 2016, 7-08, 1770 - s.m.)
La sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione, per potere determinare la risoluzione del contratto, richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto; dall'altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l'intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza.
(Conforme: Tar Campania, Salerno, sez. I, n. 1316 del 2015).

Cass. Civ., sez. III, 19/10/2006, n. 22396 (Giust. civ. Mass. 2006, 10): L'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell'art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto, dall'altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l'intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza. L'accertamento del giudice di merito circa la sussistenza dei caratteri evidenziati è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi .
Conforme: Cass. 23 febbraio 2001 n. 2661, in Foro it. 2001, I, 3254.

9. Carlo G. Terranova - L’eccessiva onerosità nei contratti - Giuffré editore - Pag. 181

10. Ibidem: pag. 239.

11. Lodo arb. 05/11-72, n. 65: 3. Il maggior onere «notevole» di cui all’art. 1664 c.c. è qualcosa di meno del maggior onere «eccessivo» di cui all’art. 1467 c.c.: deve quindi considerarsi notevole (con conseguente diritto dell’appaltatore all’equo indennizzo) un maggior onere di £ 10.000.000 rispetto ad un importo contrattuale di £ 268.650.000 in quanto rispetto al guadagno medio di un appalto, tale somma rappresenta una variazione del tutto degna di nota e tale da modificare sensibilmente le ragionevoli previsioni.(10.000.000/268.650.000= 3,72%)

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