Le contraddizioni di un paese cresciuto troppo in fretta

Oggi desidero condividere con voi questa lettera scritta da Pierfederico De Pari, Segretario del Consiglio Nazionale dei Geologi che mi auguro possa aprire l...

09/12/2014
Oggi desidero condividere con voi questa lettera scritta da Pierfederico De Pari, Segretario del Consiglio Nazionale dei Geologi che mi auguro possa aprire le coscienze di tutti coloro avranno la voglia di leggerla. Nessun commento, solo massimo rispetto!

"Era il 23 novembre del 1980 quando, appoggiato ad un palazzo storico nell'ora del passeggio serale, avvertivo la potenza della natura che si esprimeva a qualche centinaio di chilometri di distanza da me, in tutta la sua irruenza. Era il 31 ottobre del 2002 quando un terremoto, neanche troppo violento, distruggeva la scuola di San Giuliano di Puglia, in provincia di Campobasso, e con essa le ambizioni ed i sogni di 27 bambini frequentanti le classi della scuola elementare e della loro maestra. Ventidue anni trascorsi senza fare nulla, senza agire concretamente per evitare la morte di quei 27 bambini e della loro maestra. All'indomani del terremoto dell'Irpinia l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, in un accorato discorso alla Nazione disse, tra le altre cose: "A tutte le italiane e gli italiani: qui non c'entra la politica, qui c'entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi".

Dopo il terremoto dell'Irpinia, c'è stato quello della Val Comino, poi quello tra Umbria a Marche, poi quello di San Giuliano di Puglia, poi quello de L'Aquila, quello dell'Emilia e tanti altri meno mediatici, ma comunque importanti per un Paese che si trova sempre impreparato di fronte ad un evento del genere.

Ma i terremoti di San Giuliano di Puglia e L'Aquila, senza nulla togliere alla memoria delle vittime degli altri, avrebbero dovuto rappresentare pietre miliari in un processo che ponesse la prevenzione e la sicurezza tra le priorità imprescindibili di ognuno dei Governi che si sono avvicendati in questi anni.

Eppure ad oggi gli edifici scolastici sono per il 70% di epoca anteriore al 1980, sono il prodotto di un'Italia che voleva investire in istruzione ma che non aveva forte la consapevolezza che in questo Paese si può morire di terremoto, se le strutture create dall'uomo non sono pensate e realizzate per resistere.

Le tragedie degli anni '60 e '70 (Belice e Friuli) avevano evidenziato quanto importante fosse la gestione dell'emergenza subito dopo un evento catastrofico. Quello dell'Irpinia ha richiamato l'attenzione su una normativa troppo poco stringente per le costruzioni nelle aree sismiche del Paese. Quello dell'Umbria - Marche sulla necessità di verificare le condizioni del sottosuolo, prima di realizzare opere e manufatti, in quanto l'effetto sismico può cambiare considerevolmente in relazione con l'assetto geologico dell'area specifica. Il terremoto di San Giuliano e poi quello de L'Aquila ci avevano fatto capire che l'Italia presenta, per il 70% della sua estensione, una pericolosità sismica che può essere anche molto elevata e che una progettazione moderna deve affrontare il tema con consapevolezza e competenza. Il terremoto dell'Emilia ha evidenziato grossolanità progettuali e inconsapevolezze troppo gravi da poter essere comprese e giustificate.

Eppure siamo ancora qui a parlarne, mentre i bambini affollano ancora aule di plessi vecchi e scarsamente mantenuti nelle zone sismiche più importanti di questo Paese geologicamente troppo giovane.

Probabilmente l'Italia è cresciuta troppo in fretta e non ha saputo dare il giusto peso alle esperienze negative per ripartire con decisione, subito dopo ogni catastrofe, ponendo al primo posto delle scelte politiche e programmatiche la sicurezza, quella vera, che garantisce ad ogni studente, ad ogni malato e ad ogni cittadino che lavora in un'amministrazione pubblica di avere garantita l'incolumità.

Nonostante i geologi, da anni, gridino a gran voce che la prevenzione dai rischi naturali deve diventare una priorità assoluta per un Paese che si dice civile, non sono evidenti i segni di un'attenzione che possa portare, nell'arco dei prossimi 15-20 anni, ad un diverso panorama dell'edilizia scolastica o di quella sanitaria.

E se non si riesce a scalfire una logica basata esclusivamente sui conti, che valuta il rischio di morte per terremoto o alluvione in termini monetari senza però applicare le giuste leggi matematiche, significa che questo Paese non è maturo a sufficienza e che, quindi, è cresciuto troppo in fretta.

I geologi, spogliandosi dei loro panni di professionisti ma mantenendo quelli di cultori di una materia troppo spesso relegata in un angolo, vogliono che la disseminazione della conoscenza scientifica diventi un obiettivo per rendere consapevoli ed attori tutti i cittadini, a partire da quelli più piccoli e da quelli che avranno funzioni politiche o tecniche nel prossimo futuro.

E' per questa ragione che il Consiglio Nazionale dei Geologi ha voluto lanciare due concorsi: uno rivolto ai laureandi in Scienze della Terra ed uno ai bambini ed ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Il concorso vuole rafforzare la loro conoscenza sulle dinamiche evolutive del Pianeta al fine di incrementare il livello di consapevolezza dei decisori del domani.

Il premio per i laureandi è già alla sua seconda edizione: vuole stimolare ricerche e riflessioni sui temi connessi con la sismicità e con la protezione sismica perché diventino patrimonio comune, un'acquisizione in più per tutto il mondo scientifico, tecnico e professionale che quotidianamente si trova a gestire l'argomento.

Il premio per gli alunni delle scuole primarie e di quelle secondarie di secondo grado ha un obiettivo più ambizioso ma con risultati che si coglieranno tra 15-20 anni, quando gran parte di loro avrà un ruolo decisionale e di spicco nella nostra società.

La percezione del rischio, in quell'età, è estremamente importante perché rappresenta la sintesi della conoscenza. I più piccoli vogliono vedere, toccare, sperimentare, in una parola imparare e gli adulti hanno l'obbligo morale di metterli nelle condizioni di comprendere per rischiare meno.

I due progetti sono molto ambiziosi ma l'entusiasmo che si percepisce quando si incontrano gli studenti ripaga di qualunque sforzo venga profuso.

Per il prossimo anno l'obiettivo è quello di coinvolgere anche gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, che stanno "subendo" una riforma che ha relegato le Scienze della Terra a ruoli di secondo piano. Probabilmente una riflessione sui temi che possono stimolare scienza e coscienza, in un Paese devastato da terremoti, frane, alluvioni, eruzioni vulcaniche, può testimoniare una sensibilità accresciuta e, forse, una speranza di recuperare, culturalmente, il tempo perduto"
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