Nuovo Codice Appalti: termine perentorio e termine ordinatorio

Ad un recente Convegno dell'Anci a Bari il Presidente dell'ANAC Raffaele Cantone, in riferimento ai ritardi dei provvedimenti attuativi, ha precisato che non...

24/10/2016

Ad un recente Convegno dell'Anci a Bari il Presidente dell'ANAC Raffaele Cantone, in riferimento ai ritardi dei provvedimenti attuativi, ha precisato che non esiste alcun problema "anche perché i termini previsti dal codice non sono perentori, quindi non c'è un problema di eventuali proroghe. Il sistema consente di tenere in vita le norme del vecchio regolamento fino a quando non ci saranno le linee guida, in modo che nulla sia bloccato".

L'osservazione di Cantone è perfettamente legittima poiché le varie scadenze previste nel nuovo codice dei contratti non sono in effetti perentorie ma soltanto ordinatorie e, quindi, in caso di ritardi, non ci sarà alcuna decadenza ed il termine potrà essere spostato a piacimento.

Ciò significa che il Regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010, del quale in atto è in vigore circa il 50% dell'articolato, continuerà a restare in vita non si sa per quanti anni. E' vero che si tratta di termini ordinatori e non perentori ma ci chiediamo come mai, a distanza di oltre 6 mesi dall'entrata in vigore del nuovo codice, manchino così tanti strumenti che ci portano a continuare a parlare di un codice nuovo ma con disposizioni attuative vecchie che ci fanno anche chiedere se in questo momento il Paese risulta essere in linea con le disposizioni europee che si dovevano recepire.

Ricordiamo che ancora oggi siamo in attesa di tanti provvedimenti, tra i quali:

  • il decreto del MIT sui criteri per la definizione dei programmi triennali e degli aggiornamenti annuali (art. 21, comma 8);
  • il decreto del MIT sulle società di ingegneria (art. 24, comma 2);
  • il D.P.C.M. sulle centrali di committenza (art. 38, comma 2);
  • il decreto del MIT relativo all'attività del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione (art. 111, commi 1 e 2);
  • le linee guida sui compiti del RUP (art. 31, comma 5);
  • le linee guida contratti sottosoglia (art. 36, comma 7);
  • l'atto che costituisce l'albo dei commissari di gara e che definisce i requisiti degli stessi (art. 78, comma 1).

E' vero che in mancanza degli stessi è possibile utilizzare articoli del previgente regolamento n. 207/2010 ma è giusto che a distanza di oltre sei mesi dall'entrata in vigore del nuovo Codice manchino ancora importanti provvedimenti che consentirebbero di dare attuazione al codice stesso?

Tra l'altro, ricordo che sino a quando non entrerà in vigore il decreto relativo all'attività del direttore dei lavori (art. 111, comma 1), a causa dell'abrogazione degli articoli dal 147 al 177 del Regolamento n. 207/2010, non esiste alcuna norma regolamentare sull'ufficio di direzione dei lavori, sulla consegna dei lavori, sulla sospensione e ripresa dei lavori, sulle variazioni al progetto approvato, sulla diminuzione dei lavori e sulle varianti migliorative, sulla determinazione dei nuovi prezzi, sulle contestazioni, sui sinistri, sui danni di forza maggiore.

A questa problematica si associa quella relativa alle manifestazioni di vari soggetti sulla necessità della predisposizione di un testo unico. Sembra che il capo del legislativo di Palazzo Chigi, Antonella Manzione porterà sul tavolo della Cabina di regia di Palazzo Chigi la composizione di un testo unico, per mettere insieme tutti i provvedimenti di attuazione del Codice. In verità nutriamo seri dubbi che possa essere predisposto un testo unico relativo alle norme sugli appalti per il semplice fatto che nel diritto italiano s'intende come Testo unico una raccolta di norme che disciplinano una determinata materia (In genere si tratta di norme di legge e di norme regolamentari come ad esempio il DPR n. 380 che contiene al suo interno articoli contrassegnati con la lettera “L” ed articoli contrassegnati con la lettera “R”). Considerato che non è possibile definire le linee guida ANAC come norme (per il semplice fatto che in molti casi non sono vincolanti) piuttosto che parlare di testo unico, sarebbe il caso che i legislatori trovino un nome più corretto per chiamare questo strumento di lavoro in modo da fornire agli operatori tutti i testi, sia normativi che non, organizzati per materia e presso una sola fonte.

Al problema legato a quello che erroneamente è stato definito “testo unico” si associa quello del correttivo da tutti auspicato che, purtroppo, a nostro avviso non potrà essere uno, proprio per la mancata definizione della fase di attuazione del nuovo Codice a causa della mancanza, a distanza di oltre sei mesi, della quasi totalità dei provvedimento attuativi.

Probabilmente al decreto legislativo correttivo che sarà predisposto dal Governo (previsto nella legge delega n. 11/2016), dopo il 18 aprile 2016 ne seguiranno altri che saranno attuati con leggi ordinarie approvate dal Parlamento.

Speriamo, in ogni caso, che il decreto legislativo correttivo tenga in debito conto le audizioni effettuate dalle Commissioni congiunte della Camera e del Senato e che, in ogni caso, il Governo provveda a necessarie audizioni dei soggetti interessati su un testo base del correttivo al fine che non si verifichi quello verificatosi per il decreto legislativo n. 50/2016 per il quale le audizioni sono state effettuate senza alcun testo di base cui riferirsi.

A cura di Arch. Paolo Oreto

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