Riforma del Lavoro e Partite Iva: Circolare e decreto del Ministero con partenza "morbida"

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare 27 dicembre 2012 n. 32, fornisce importanti chiarimenti sulla nuova disposizione di cui a...

02/01/2013
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare 27 dicembre 2012 n. 32, fornisce importanti chiarimenti sulla nuova disposizione di cui all'art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003 (introdotto dalla c.d. legge Fornero) che prevede una "presunzione" circa l'esistenza di una collaborazione coordinata e continuativa a progetto in caso di impiego di lavoratori con partita IVA in "monocommittenza".
Ricordiamo che la riforma del mercato del lavoro (c.d. Legge Fornero) è entrata in vigore a luglio del 2012 e contiene diverse novità tra le quali quella legata al fenomeno delle cosiddette "false partite IVA". Oggi con la nuova circolare emanata dal Ministero del Lavoro l'azione per contrastarle avrà una "partenza morbida" che si risolve nell'assenza di cambiamenti veramente rilevanti per il prossimo futuro.

Ma cosa sono le "false partite Iva"? Sono una delle forme di precariato nel mercato del lavoro italiano. Un datore di lavoro, non volendo assumere un dipendente con un contratto a tempo determinato o indeterminato "invita" il lavoratore ad aprire una partita IVA e creare una "ditta individuale" che gli consentirà di lavorare con orari e modalità concordate con un unico datore di lavoro facendosi pagare quello che è a tutti gli effetti lo stipendio mensile emettendo una fattura per servizi o consulenze.
Un esempio concreto potrebbe essere quello di uno studio di architettura e di ingegneria che oltre ai due/tre soci, ha altri tre/quattro ragazzi neoassunti titolari di partita IVA che lavorano, dodici ore al giorno, unicamente in quello studio. Hanno orari di lavoro ben definiti, una scrivania e una collocazione ben definita nel funzionamento dello studio, ma alla fine di ogni mese emettono una fattura per 800 euro per "consulenza professionale". Chiarissimo il vantaggio fiscale ed economico per lo studio professionale.

La riforma del lavoro aveva introdotto tre criteri per individuare le “finte partite IVA”:
  • collaborazione con lo stesso datore di lavoro di durata superiore a otto mesi su dodici per due anni consecutivi;
  • collaborazione che fornisce più dell'80 per cento del reddito annuale,;
  • postazione fissa presso la sede di lavoro.
Se due di questi tre criteri si verificano, allora il rapporto di lavoro veniva considerato automaticamente contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Con la circolare del Ministero del Lavoro viene chiarito che il sistema entrerà in regime in maniera del tutto "morbida" per il fatto stesso che per quanto concerne la "durata della collaborazione" viene indicato un periodo di 8 mesi su dodici per due anni consecutivi e, quindi tale condizione potrà essere verificata soltanto dopo due anni dall'entrata in vigore della riforma, ovvero dal 18 luglio 2014.

Alla circolare, che individua analiticamente le condizioni per l'applicazione della disposizione, si accompagna il Decreto Ministeriale del 20 dicembre 2012 con il quale sono individuati albi, ruoli, registri ed elenchi la cui appartenenza esonera dalla applicabilità della presunzione.
Ci sono, dunque, alcuni casi in cui il controllo non può semplicemente essere fatto, perché, come dice la circolare, "la presunzione non opera":
  • se la prestazione di lavoro è svolta da un iscritto a un ordine professionale, come avvocati, ingegneri, giornalisti, architetti, medici, psicologi eccetera; i tre/quattro ragazzi dell'esempio iniziale non verranno mai controllati, almeno dal Ministero del Lavoro mentre è possibile che il senso di questa esclusione stia nel delegare il controllo agli ordini professionali e ai loro organi, lasciando quindi tutto come prima, per quelle categorie di lavoratori;
  • se il lavoratore guadagna più di 18.662 euro l'anno e contemporaneamente è in possesso di "competenze teoriche di grado elevato" oppure "rilevanti esperienze". La circolare chiarisce che queste "competenze" possono anche essere una laurea o un diploma di scuola superiore.

A cura di Paolo Oreto
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