Abusi edilizi per progetto non conforme: le responsabilità del professionista

Corte di Cassazione: sussiste la responsabilità del professionista che non assicuri la conformità del progetto alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità costituisce inadempimento dell'incarico

di Redazione tecnica - 13/04/2023

In tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, anche se si tratta di una fase preparatoria strumentalmente preordinata alla concreta attuazione, il progettista deve certamente assicurare che sia conforme alla normativa urbanistica e individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione richiesta dal committente.

Abusi edilizi e progettazione non conforme: le responsabilità del progettista

Lo conferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8058/2023, con la quale ha cassato il giudizio di una Corte d’Appello in merito alla responsabilità di un architetto sulla progettazione non conforme alle normative, con conseguente realizzazione di opere abusive.

La questione nasce nel momento in cui uno dei proprietari di un compendio immobiliare ha verificato che le opere commissionate non erano state completate, non erano state eseguite a regola d’arte e avevano anche determinato la realizzazione di alcuni abusi edilizi, per i quali è stato necessario presentare domanda di sanatoria.

In appello il giudice non aveva riconosciuto la responsabilità del progettista, specificando che:

  • la redazione di un progetto di massima, quale quello predisposto dall'architetto, sebbene non conforme alla normativa urbanistica edilizia, non integra inadempimento contrattuale;
  • la proprietà aveva consentito gli abusi edilizi;
  • era irrilevante la mancata accettazione degli abusi edilizi in sede di verifica finale dell'opera compiuta.

Da qui il ricorso in Cassazione, per violazione dei principi in materia di responsabilità del direttore dei lavori: i proprietari avevano incaricato l'architetto di dirigere i lavori edilizi, curando che fossero conformi ai titoli edilizi, motivo per cui il professionista aveva l'obbligo di impedire gli abusi edilizi e gli stessi non potevano essere imputati alla proprietà. In particolare l'inadempimento dell'architetto riguardava obbligazioni primarie ed essenziali e integrava un illecito (abusi edilizi) perseguito dal legislatore con sanzioni penali.

Opere edilizie: la conformità del progetto è un obbligo del professionista

Sulla questione, i giudici di piazza Cavour hanno appunto evidenziato come in tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, anche se esso, finché non sia materialmente realizzato, rappresenta una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, il progettista deve certamente assicurare la conformità del progetto stesso alla normativa urbanistica e individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente.

Secondo i principi costantemente elaborati dalla stessa Corte di Cassazione, l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è debitore di un risultato, essendo il professionista tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, con la conseguenza che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell'incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c.

Rientra, perciò, nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica. Il committente ha diritto di pretendere dal professionista un lavoro eseguito a regola d'arte e conforme ai patti, sicché l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica e/o giuridica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di autotutelarsi, rifiutandogli il compenso (ovvero, ove lo stesso compenso sia stato già elargito, di chiedere la risoluzione a norma dell'art. 1453 c.c. e le discendenti restituzioni).

Inoltre, richiamando anche sentenze precedenti, il contratto di prestazione d'opera intellettuale, in base al quale sia stato progettato un edificio in tutto o in parte non conforme alla vigente disciplina edilizia, non è di per sé nullo per contrasto con le norme imperative e con l'ordine pubblico, e neanche per impossibilità dell'oggetto, essendo la prestazione cui è contrattualmente vincolato il progettista eseguibile anche dal punto di vista giuridico, in quanto la disciplina degli illeciti urbanistici preclude non le attività concettuali, come la progettazione, quanto le attività costruttive e di lottizzazione che vi diano poi esecuzione.

Obblighi e responsabilità del progettista: la sentenza della Cassazione

A differenza di quanto affermato dalla Corte d'appello, la Cassazione ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto.

La responsabilità del professionista non viene meno e non può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al professionista stesso, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto.

Il risarcimento danni per inadempimento contrattuale

In materia di liquidazione del risarcimento del danno, ricorda la Cassazione che la responsabilità risarcitoria correlata al non corretto adempimento della prestazione professionale esige certamente un rapporto causale immediato e diretto fra tale inadempimento e danno. Questa limitazione - imposta dall'art. 1223 c.c. - è fondata sulla necessità di limitare l'estensione temporale e spaziale degli effetti degli eventi illeciti ed è orientata, perciò, ad escludere dalla connessione giuridicamente rilevante ogni conseguenza dell'inadempimento che non sia propriamente diretta ed immediata, ovvero che comunque rientri nella serie delle conseguenze normali del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all'apprezzamento dell'uomo di ordinaria diligenza.

È tuttavia compito del giudice di merito accertare la materiale esistenza del rapporto che abbia i caratteri normativamente richiesti, così come, avvalendosi al riguardo dei suoi poteri di libero apprezzamento delle prove, nonché determinare la effettiva consistenza della perdita subita (danno emergente) e del mancato guadagno (lucro cessante), al netto dell'eventuale incremento patrimoniale acquisito dal danneggiato quale conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto produttivo del danno, e tali valutazioni sono insindacabili in sede di legittimità se non nei limiti di cui all'art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c.

La responsabilità solidale

Infine, la Corte ha ribadito che tra l'appaltatore, il progettista e il direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente di un'opera edile, intercorre un vincolo di responsabilità solidale, che si radica nel principio di cui all'art. 2055 c.c.

È dunque nei soli rapporti interni tra l'appaltatore, il progettista e il direttore dei lavori, ai fini dell'azione di regresso ex art. 2055, comma 2, c.c., che deve procedersi alla ripartizione che tenga conto delle rispettive quote di responsabilità.

 

© Riproduzione riservata