Abuso d’ufficio: il no di ANAC all'abrogazione del reato

L'intervento del Presidente dell'Autorità in audizione al Senato: vanno pensati dei correttivi e non una cancellazione che porterebbe a un grave vuoto normativo

di Redazione tecnica - 07/09/2023

Intervenire sull’abuso d'ufficio sì, eliminarlo completamente no. Si può riassumere così la posizione di ANAC, espressa attraverso le parole del presidente dell'Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, nel corso dell’audizione in commissione Giustizia al Senato , nell’ambito dei lavori per la riforma della Giustizia.

Abrogazione abuso d'ufficio: il no di ANAC in Senato

Spiega Busia che l’intervento del 2020 attuato sul testo della normativa ha avuto come obiettivi quelli di contenere e precisare la fattispecie di reato ma che “per quanto il testo sia puntuale, diverse indagini sono state avviate riferendosi a violazioni di principi generali quali il buon andamento della Pubblica Amministrazione, stabilito dall’articolo 97 della Costituzione. Questo allarga eccessivamente la fattispecie, e giustifica la necessità di un ulteriore intervento normativo”.

Tuttavia l’abrogazione del reato è sbagliata, ha aggiunto, sottolineando i rischi di incoerenza con l’ordinamento internazionale ed europeo. Ad esempio, non avrebbe più senso il riferimento all’abuso d’ufficio nel Decreto legislativo dell’ottobre 2022 in materia di peculato e con il quale è stato giustificato il pieno rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite e della direttiva europea sulla Protezione Interessi Finanziari.

Non solo: secondo ANAC si creerebbero vuoti in fattispecie e in casi di violazione di legge e favoritismi in cui non vi è scambio di denaro, per esempio, quando si procede con l’affidamento diretto invece di fare le gare, "assegnando un lucroso contratto ad un amico, andando oltre le soglie del Codice"; oppure con i favoritismi nei concorsi pubblici o con condotte prevaricatrici nella Pubblica Amministrazione, come il demansionamento di dipendenti, o il mancato rinnovo di incarichi per fini ritorsivi; abusi in sanità di operatori sanitari che dirottano verso cliniche private, oppure l’obbligo di astensione in caso di conflitto di interessi. Tanti anche i casi di ambiguità, con il rischio di ulteriore confusione.

Proprio per questo non è possibile lasciare un vuoto normativo, afronte del quale sarà poi necessario intervenire su altri reati contro la Pubblica Amministrazione, per scongiurare il rischio di peggiorare il quadro e di squilibrare il sistema.

"Giustificare l’abolizione dell’abuso d’ufficio come volontà di eliminare la paura della firma – continua Busia - non è del tutto corretto”. Secondo il Presidente ANAC, essa deriva solo in parte dal timore di essere oggetto di indagini penali, mentre è maggiormente dovuta alla scarsa chiarezza delle disposizioni, anche amministrative, “che dovrebbero definire puntualmente l’ambito della discrezionalità dei funzionari pubblici sulla quale non deve intervenire il giudice penale".

Di conseguenza, la cosa migliore è limitarsi a interventi che delimitino il perimetro dell’articolo 323 del c.p. evitando interpretazioni estensive ed escludendo ad esempio la punibilità per violazioni di mere norme di principio o disposizioni puramente formali.

Stesso discorso sul traffico di influenze: Busia ha evidenziato la necessità di valutare la coerenza delle norme proposte con i vincoli internazionali e di chiarire cosa è lecito e cosa non lo è. Di conseguenza “va disposta una disciplina organica sui portatori d'interesse, sulle lobby, che oggi manca in Italia. Intervenire e colmare tale lacuna che il nostro ordinamento ha, sarebbe di estremo aiuto. Come pure rafforzare la normativa sulla prevenzione della corruzione, alla quale si dedica l’Anac".

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