Appalti pubblici, l'escussione della garanzia è legittima

Corte Costituzionale: l'escussione della garanzia è legittima anche per l'operatore non aggiudicatario quando il bando fa riferimento al d. Lgs. n. 163/2006

di Redazione tecnica - 26/10/2022

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla V sezione del Consiglio di Stato sulla non retroattività del regime più favorevole (lex mitior) introdotto dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) in tema di escussione della garanzia provvisoria.

Escussione garanzia provvisoria è legittima o no? La sentenza della Corte Costituzionale

La questione è stata affrontata con la sentenza n. 198/2022, con la quale la Consulta ha ritenuto infondate le questioni afferenti il combinato disposto degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), nella parte in cui l’applicazione della più favorevole disciplina in tema di escussione della garanzia provvisoria sarebbe limitata “alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore”, in quanto la misura, che non ha natura sanzionatoria e svolge, piuttosto, la funzione tipica dei rimedi apprestati dall’ordinamento a fronte di condotte contrarie a buona fede fondanti la responsabilità precontrattuale – non può essere assimilata a una sanzione sostanzialmente penale e non soggiace, pertanto, al principio di retroattività della lex mitior.

Escussione della garanzia: differenze tra vecchio e nuovo codice degli Appalti

Secondo la V sezione del Consiglio di Stato, nel nuovo codice degli appalti l’escussione della cauzione provvisoria è prevista solo a valle dell’aggiudicazione e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario, laddove (a norma del previgente art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006) il regime precedente estendeva l’escussione a danno di qualsiasi concorrente.

Il confronto tra i due diversi regimi si è palesato nel giudizio a quo, nel quale un’impresa, pur non aggiudicataria all’esito di una gara pubblica, ma risultata carente di un requisito di ordine generale, si era vista applicare l’escussione della cauzione provvisoria: questo perché la  gara era stata bandita prima dell’entrata in vigore del nuovo codice, mentre la procedura è proseguita nella vigenza del D.Lgs. n. 50/2016.

Nel giudicare la questione la Corte Costituzionale ha considerato quale thema decidendum le sole disposizioni, contenute nel nuovo codice, così come indicate dal giudice rimettente, concernenti la disciplina transitoria, che esclude l’applicazione retroattiva della regola più favorevole introdotta nel 2016. Inoltre ha effettuato una ricognizione in materia di retroattività della lex mitior in materia penale. Secondo questo principio, nessuno può essere punito "se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Inoltre il principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite “rientra nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione di cui la Corte garantisce il rispetto”. Esso è applicabile anche alle sanzioni amministrative.

Inoltre la Corte fa presente quanto segue:

  • nel vigore del codice previgente, l’escussione della garanzia provvisoria poteva avvenire in due ipotesi:
    • all’esito del controllo a campione sui requisiti di capacità economico-finanziaria (art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006), come conseguenza della mancata dimostrazione del possesso dei requisiti speciali di partecipazione in capo al concorrente, anche non aggiudicatario;
    •  in caso di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario (art. 75, comma 6), potendo l’escussione essere disposta, in tal caso, solamente a carico di quest’ultimo;
  • nel nuovo codice dei contratti pubblici, in cui i controlli sui requisiti di partecipazione sono stati ridotti al momento dell’aggiudicazione, è stata mantenuta unicamente questa seconda tipologia (art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, con svincolo della garanzia al momento della sottoscrizione del contratto).

Si tratta di una disciplina più favorevole per i concorrenti non aggiudicatari, che è tuttavia applicabile solo alle procedure o ai contratti i cui bandi (o avvisi) siano stati pubblicati dopo l’entrata in vigore del nuovo codice (art. 216, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016), con regola che è in linea con il principio del tempus regit actum: lo ius superveniens non può avere alcun effetto diretto sul procedimento di gara.

L'escussione non ha natura punitiva ma solo regolativa della serietà degli OE

In tale quadro – precisa la Corte – la natura di sanzione “punitiva” dell’escussione della garanzia provvisoria, prevista per l’ipotesi di esito negativo del controllo a campione di cui all’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, “non riflette il quadro giurisprudenziale costituzionale e amministrativo, che è sempre stato prevalentemente orientato in senso opposto”; in particolare:

  • l’escussione, in tale ipotesi, rispondeva “alla funzione di garantire serietà ed affidabilità dell’offerta”, tutelando la correttezza del procedimento di gara, in modo da assicurarne il “regolare e rapido espletamento”;
  • l’intento è responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e al dovere di correttezza, per garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta e prevenire l’inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive;
  • anche la prevalente giurisprudenza amministrativa si è espressa in termini analoghi, riscontrando un’omogeneità di funzione della cauzione provvisoria in entrambe le ipotesi regolate dal vecchio codice dei contratti, nel senso dunque che essa assurge a “garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica

Di conseguenza, l’escussione della cauzione provvisoria, come prevista dall’art. 48 del vecchio codice dei contratti, non ha natura “punitiva”; e tanto, in applicazione dei c.d. “criteri Engel”, elaborati dalla Corte di Strasburgo:

  • l’escussione della garanzia provvisoria non è, nella specie, formalmente qualificata dall’ordinamento nazionale come sanzione penale;
  • essa non assume valenza penale perché non è rivolta ai consociati ma “ha un ambito applicativo limitato agli operatori economici che partecipano alle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici”;
  •  lo scopo perseguito “non è repressivo e punitivo”, ma mira a “garantire serietà ed affidabilità dell’offerta” e “a consentire «l’anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante» in caso di omessa dimostrazione dei requisiti speciali di partecipazione dichiarati dal concorrente in sede di presentazione dell’offerta”;
  • in questo contesto, l’incameramento della garanzia provvisoria, cui può pure riconoscersi un “effetto indirettamente punitivo”, costituisce “il rimedio apprestato dall’ordinamento a tutela dell’interesse della stazione appaltante alla serietà e affidabilità dell’offerente […] e al rispetto, da parte sua, delle regole di gara”.

Sulla base di tutte queste affermazioni, secondo la Corte Costituzionale non può quindi essere condiviso il presupposto interpretativo da cui è partita l’ordinanza di rimessione, che si basava sulla natura di sanzione “punitiva” dell’incameramento della garanzia provvisoria, in caso di esito negativo del controllo a campione, ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006. Di conseguenza, tutte le conclusioni a cui la sezione era giunta nell’Ordinanza non sono corrette perché non c’è alcuna illegittimità costituzionale nell’applicazione dell’escussione della garanzia in caso di vigenza del vecchio codice dei contratti.

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