Cessione dei crediti edilizi: sbloccarla per ridurre il debito

Per evitare l'esplosione dell'utilizzo del superbonus era davvero necessario bloccare la circolazione dei crediti edilizi?

di Stefano Sylos Labini - 22/03/2023

Il 21 marzo è uscito su Milano Finanza un editoriale di Roberto Sommella – Minaccia spread dietro lo stop - sul blocco della cessione dei crediti dove vengono riportate le preoccupazioni dei tecnici vicini al dossier nel governo Meloni. La convinzione diffusa è che senza questo blocco sarebbe esploso il debito pubblico con immediati riflessi sui mercati e nell’Unione europea.

Debito/Pil come stanno le cose?

Per capire come stanno realmente le cose è opportuno distinguere la situazione passata dalle prospettive future.

Per quanto riguarda il biennio 2021/2022 il rapporto debito/Pil è sceso dal 155% del 2020, al 150% del 2021 fino al 145% del 2022. Naturalmente questa discesa non è riconducibile al solo effetto della cessione dei crediti fiscali nel settore edilizio, ma nessuno può dire che la situazione finanziaria dell’Italia sia peggiorata in questo biennio. Fino ad oggi i crediti fiscali del settore edilizio portati in compensazione ammontano a 11 miliardi di euro (il 10% del totale emesso): queste sono le minori entrate effettive sopportate dallo Stato a fronte di un’occupazione che nel 2021/2022 è aumentata tra 800 mila e 1 milione di addetti nel settore edilizio e nell'indotto. Con il PNRR ancora non è dato sapere l’impatto sull’occupazione nel biennio 2021/2022.

Per quanto riguarda le prospettive future, è vero che la grande massa dei crediti fiscali non è ancora stata portata in compensazione e quindi le minori entrate future potrebbero essere consistenti anche se vanno pur sempre spalmate in 4/5 anni per il superbonus e in 10 anni per gli altri bonus. Ma l’impatto negativo sui conti pubblici potrebbe essere pesantemente amplificato dalla mancata monetizzazione dei crediti fiscali incagliati. In tal caso ci potrebbero essere fallimenti delle imprese e disoccupazione che farebbero crollare il Pil e il gettito fiscale spingendo al rialzo il rapporto debito /Pil. Questo scenario dipende dalla politica del governo che non sta facendo nulla per favorire la monetizzazione dei crediti fiscali attivando per esempio Cassa Depositi e Prestiti e Poste proprio per spingere sugli acquisti di crediti fiscali ad un tasso di sconto contenuto. Dunque la minaccia sul debito pubblico potrebbe provenire dallo stesso governo forse per avere ancora più argomenti contro la cessione dei crediti fiscali.

Ad esempio, le preoccupazioni sugli acquisti di crediti fiscali da parte delle regioni erano totalmente immotivate poiché si trattava di un guadagno e non di una perdita per le casse regionali visto che potevano acquistare a sconto qualcosa che poi avrebbe avuto un valore maggiore alla scadenza. Per lo Stato centrale un tale scenario non avrebbe comportato alcuna differenza se gli sconti fiscali venivano esercitati dalle regioni oppure da famiglie e imprese: le minori entrate sarebbero state le stesse in qualsiasi caso.

Moneta parallela?

Per quanto riguarda la famigerata moneta parallela che si verrebbe a creare con la cessione dei crediti fiscali, e cioè la Moneta Fiscale, faccio presente che questi crediti tecnicamente sono dei titoli di Stato che il mercato decide in modo volontario di accettare come mezzo di pagamento (potrei comprarmi una casa pagando in bot se il venditore lo accetta) e che possono essere convertiti in euro sul mercato finanziario a sconto. Dunque parlare di “moneta parallela” è a dir poco fuorviante.

La classificazione dei crediti edilizi da parte di Eurostat

Arrivando alla nuova classificazione Eurostat, abbiamo visto che non era coercitiva: è stata ISTAT a stabilire sulla base di non si sa cosa che esiste “un’elevata probabilità” che i crediti fiscali non saranno persi e che quindi vanno classificati come pagabili. A parte il fatto che è semplicemente assurdo costruire una classificazione contabile sulla base di ipotesi probabilistiche, in ogni caso si potrà stabilire solo ex post se i crediti fiscali sono stati sfruttati integralmente. Ex ante è impossibile saperlo: per questo i crediti fiscali andavano classificati come non pagabili oltre al fatto che si può ipotizzare l’esatto contrario e cioè che se un credito fiscale non circola aumenta la probabilità che sia sfruttato integralmente perché sarà richiesto solo da soggetti con elevata capienza fiscale. E' chiaro che il governo ha sfruttato la nuova classificazione Eurostat per rendere pagabili i crediti fiscali, quando pagabili non sono, in modo da determinare l’aumento immediato del deficit pubblico il che ci potrebbe creare grossi problemi se tornasse la regola del 3%.

E’ indubbio che le emissioni di crediti fiscali siano cresciute a rotta di collo nel biennio 2021/2022, che il superbonus del 110% assegnato in modo indiscriminato sia stato un errore enorme e che si siano verificate delle truffe inaccettabili. Ma per risolvere questi problemi non era necessario bloccare la cessione dei crediti fiscali, bastava semplicemente:

  1. mettere un tetto alle emissioni annuali;
  2. portare il 110% al di sotto del 100% (come già avvenuto) e differenziarlo per aree residenziali (chi vive in periferia e ha un basso reddito ha diritto ad un incentivo più alto) e per zone territoriali (deve essere più alto nelle aree a rischio sismico e a rischio idrogeologico);
  3. potenziare l'Agenzia delle Entrate - che è il soggetto che genera e deposita i crediti fiscali nei cassetti dei committenti - con assunzione di personale per effettuare verifiche nei cantieri sull'effettiva esecuzione dei lavori e installazione degli impianti.

Conclusioni

Per concludere, la Moneta Fiscale, che nasce nel momento in cui gli sconti fiscali sono trasferibili a terzi e possono circolare liberamente nell’economia, è la più grande innovazione degli ultimi decenni. Lo Stato può finanziare l’economia senza anticipare euro, le persone a basso reddito possono sfruttare lo sconto in fattura riducendo l’esborso in euro, il sistema finanziario può comprare a sconto un titolo finanziario a rischio zero.

Naturalmente l’operazione si regge sulla crescita che riesce ad attivare e quindi sul maggiore gettito fiscale che riesce a generare. I dati già acquisiti e le simulazioni condotte da numerose istituzioni di ricerca dimostrano che questa è una scommessa che può essere vinta se il governo eviterà di sabotarla.

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