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Codice Appalti e principio del risultato: nuova sentenza del TAR

Il principio del risultato, per come declinato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023, consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo. Ecco quali sono

di Redazione tecnica - 02/05/2024

Tra le novità principali contenute nel D.Lgs. n. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti) vi sono certamente i primi 12 articoli relativi ai principi generali che devono ispirare l’attività della pubblica amministrazione. Principi che dovrebbero già essere impliciti nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica ma che il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario oltre che opportuno ribadire all’inizio del Codice dei contratti.

Il principio del risultato

Tra questi, assume particolare rilievo il “principio del risultato” contenuto all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 che, come indicato al comma 4, “costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”.

Questo principio è già stato oggetto di un interessante e recente intervento del Consiglio di Stato che, con la sentenza del 26 marzo 2024, n. 2866, ha chiarito che in caso di lex specialis ambigua sul contenuto dell’offerta tecnica, che renda difficile una comparazione basata su criteri oggettivi, l’Amministrazione può fare riferimento al principio del risultato per valutare le proposte dei concorrenti.

Si parla, appunto, di ambiguità della legge di gara ed è solo in questo caso che può essere invocato il “principio del risultato”. Su questo aspetto registriamo un nuovo intervento della giustizia amministrativa che, con la sentenza del TAR Emilia Romagna 29 aprile 2024, n. 98 consente di comprendere l’ambito di applicazione di questo principio, definendo in particolare due criteri di indirizzo.

Il caso di specie

Nel caso di specie, il ricorrente invoca il “principio del risultato” perché, a suo dire, nonostante avesse presentato l’offerta più vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, la stessa non avrebbe rispettato i requisiti tecnici specificatamente indicati nella legge di gara, motivo che ha portato alla revoca dell’aggiudicazione.

Entrando nel dettaglio, la ricorrente ha contestato che la determina di revoca sarebbe stata adottata in violazione del principio dell’equivalenza e di quello del favor partecipationis. Secondo la ricorrente, i prodotti offerti sarebbero corrispondenti con quanto richiesto dal Capitolato speciale. Considerata l’equivalenza dei prodotti e rivendicando l’operatività del principio dell’equivalenza in ragione del fatto che le prestazioni del prodotto offerto sarebbero caratterizzate da conformità sostanziale con le specifiche tecniche richieste dal Capitolato speciale d’appalto, viene contestata:

  • la violazione del principio del favor partecipationis, evidenziando che la lettura data dalla Stazione appaltante alle previsioni della lex specialis avrebbe inevitabilmente consentito la partecipazione alla gara ad un solo operatore economico, in quanto unico titolare di un decreto di approvazione in cui sia presente un riferimento alle funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI 10772:2016;
  • la violazione del principio del risultato, di cui all’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, secondo cui l'Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, a tutela dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.

La tesi del TAR

Relativamente alla presunta equivalenza dei prodotti e alla lamentata violazione del principio del favor partecipationis, il TAR evidenzia che la revoca dell’aggiudicazione è motivata non già in ragione del fatto che il decreto ministeriale di approvazione non contiene il riferimento alla norma UNI ISO 10772:2016, ma in ragione della non conformità dei prodotti offerti alle specifiche tecniche poste a base di gara.

Ciò premesso, molto interessante è la parte relativa al “principio del risultato” di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 che, benché non applicabile alla gara bandita ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, la sua enunciazione risulta essere implicita nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica.

Il TAR, dunque, ricorda che il comma 1, art. 1, del D.Lgs. n. 36/2023 dispone che “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”.

Tale principio rappresenta il primo obiettivo assegnato dal legislatore alle stazioni appaltanti che è quello dell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione in modo tempestivo, efficiente ed economico, dovendo tali risultati pur sempre coniugarsi con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

I due criteri di indirizzo

Ciò premesso, il principio del risultato consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo:

  • il “criterio temporale” della tempestività dell’affidamento ed esecuzione del contratto, che impone alle Stazioni appaltanti il superamento delle situazioni di inerzia o di impasse per difficoltà connesse, tra l’altro, alla difficoltà di interpretazione delle disposizioni unionali e nazionali, oltre che da quelle fornite in sede pretoria, guardando al risultato attraverso l’applicazione di una regola per il caso concreto, pur sempre nel dovuto rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza;
  • il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto, la cui applicazione deve guidare la Stazione appaltante nella scelta della soluzione che consenta di addivenire all’ottimizzazione del rapporto tra il profilo tecnico-qualitativo dell’offerta e quello economico del prezzo da corrispondere.

Nel caso di specie, viene dedotta la violazione del “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto previsto dal principio del risultato, per aver l’Amministrazione provveduto alla revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore economico che aveva «offerto la migliore proposta tecnico economica».

Ma il principio del risultato in generale e il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto contenuto in particolare, trovano quale limite esterno il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Conclusioni

Nel caso oggetto della sentenza, la Stazione appaltante si è autovincolata con l’indicazione nella lex specialis di specifici requisiti tecnici dell’offerta. Per questo motivo non è invocabile il principio del risultato per giustificare la scelta di un’offerta economica che, quantunque vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, non corrisponda a siffatti requisiti, posto che ciò contrasterebbe non solo con il principio di legalità, ma anche con quello pro-concorrenziale della par condicio competitorum.

In definitiva, nel caso di specie l’offerta tecnica della ricorrente, anche ove in tesi vantaggiosa sotto il profilo qualitativo dell’efficienza ed economicità, risulta non conforme alla lex specialis del Capitolato speciale d’appalto. Per questo motivo, se la Stazione appaltante avesse ritenuto, in applicazione del principio del risultato, di mantenere l’aggiudicazione sarebbe incorsa in una inammissibile violazione del principio di legalità e di quello della par condicio competitorum.

Concludendo, la revoca dell’aggiudicazione non risulta in alcun modo porsi in contrasto con il principio del risultato, risultando la stessa la necessaria e doverosa applicazione di quanto espressamente previsto dalla lex specialis e, pertanto, coerentemente adottata in conformità al principio di legalità e al principio della par condicio competitorum.

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