La copertura finanziaria nell’appalto pubblico dei lavori

Approfondimento tecnico sui pregiudizi provocati da ritardi nel procedimento o dal mancato rispetto di norme contrattuali

L’appalto di un’opera, pubblica o privata, in pratica, si traduce nell’esecuzione di un lavoro (prestazione) compensato, in genere, con denaro (controprestazione).

Nell’appalto pubblico, l’ingerenza della p.a. (pubblica amministrazione o, in prosieguo, anche committente), è notevole, sia nella fase precontrattuale e sia dopo l’affidamento e la stipula del contratto. Infatti, nella fase precontrattuale e con deroghe espressamente e rigorosamente previste dalle norme, la p.a. predispone non soltanto la progettazione, compreso il progetto esecutivo, ma anche il c.s.a (capitolato speciale d’appalto) e lo schema di contratto.

Anche se è sempre valido il principio di parità nei rapporti jure privatorum fra l’appaltatore e la p.a., è altrettanto vero che la legge sui lavori pubblici è lex specialis e, conseguentemente, per le parti disciplinate, prevale sulle disposizioni ordinarie.

Negli anni e con il succedersi dei vari impianti normativi, sono stati predisposti, via via, accorgimenti a tutela della committente, e, direttamente o indirettamente, dell’appaltatore con risultati a volte discutibili e, talvolta, inaccettabili per entrambi i contraenti.

Nel prosieguo, non si entrerà nel merito della contabilità e/o della finanza pubblica, che è materia di esperti e specialisti del settore, ma si cercherà di individuare gli eventuali pregiudizi provocati da ritardi nel procedimento o dal mancato rispetto di norme contrattuali, che, in definitiva, provocano danni sia all’appaltatore che al contribuente.

Nello studio che segue sarà preso in esame solamente il danno (c.d. mora accipiendi) provocato dalla committente e sarà valutato brevemente dello stesso (paragr. 2: mancanza di cooperazione o di collaborazione) soltanto il ritardato pagamento degli acconti: sarà tralasciato quanto dovuto dalla committente (artt 1206, 1207 c.c.) per le altre cause note (cfr infra).

In merito ai danni provocati dai ritardati pagamenti, infine, si riporteranno alcune brevi considerazioni, da sottoporre all’attenzione del Decisore per le relative determinazioni, se qualcuna delle osservazioni esposte dovesse essere ritenuta ragionevole e meritevole di attenzione.

1. La realizzazione dell’opera pubblica

L’esecuzione dell’opera e la fruizione della stessa, apparentemente semplici, in realtà, comportano operazioni e procedure che, se non opportunamente coordinate, possono provocare il rallentamento o la paralisi, parziale o totale, dell’intero procedimento. Il progetto, infatti, predisposto, in genere, dalla committente, viene affidato, mediante gara pubblica, ad un appaltatore, il quale esegue la prestazione e percepisce, a compenso del proprio lavoro, la relativa controprestazione, generalmente, in denaro.

E’ evidente che, per il corretto svolgimento dell’appalto, debbano essere rispettate le disposizioni di legge e di contratto ed, in particolare, che alla prestazione dell’appaltatore debba seguire la controprestazione della committente non solo per il compenso, ma anche per i tempi contrattualmente concordati e/o normativamente fissati.

Quanto riportato nel comma precedente non può essere costantemente applicato, in quanto le committenti non hanno, spesso o sempre, la disponibilità dei notevoli importi previsti nei progetti da realizzare contemporaneamente e non sarebbe, d’altra parte, economicamente corretto bloccare somme ingenti, che possono essere corrisposte solamente a lavori eseguiti e solamente se correttamente gestiti.

Di fatto, negli anni, mediante provvedimenti isolati e non con una visione unica e globale, è stata generata un procedura singolare ed ingestibile, nella quale il ritardo nei pagamenti, poco o tanto, è sempre presente e genera contenzioso e danni sia alla committente che all’appaltatore (cfr infra).

Occorre, infine, tenere presente che la committente deve sempre garantire la copertura finanziaria per tutte le fasi del procedimento.

2. La mora della committente ed i ritardati pagamenti

E’ opportuno ribadire, che l’ingerenza della p.a. nell’esecuzione delle opere pubbliche è rilevante (cfr premessa) dalla consegna dei lavori fino all’espletamento del collaudo ed anche oltre, se si tiene conto dell’approvazione del collaudo stesso e dello svincolo delle cauzioni.

Le conseguenti verifiche durante l’esecuzione dell’opera, di fatto, costituiscono, da un lato, un diritto della committente, che consente il controllo continuo dello svolgimento dei lavori, ma, dall’altro, rappresentano un dovere della committente stessa, che ha, fra l’altro, l’obbligo di permettere e di facilitare la prestazione dell’appaltatore. Quest’ultimo, infatti, può iniziare e continuare la propria prestazione se e quando esistano e vengano mantenute le condizioni perché l’opera possa essere realizzata.

La mancanza di collaborazione o di cooperazione della committente o mora accipiendi, come è normalmente definita tale forma di mora (art. 1206 c.c.: Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli … omissis … o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione). La mora stessa si verifica più frequentemente:

  1. nella mancata o tardata o frazionata consegna delle aree necessarie per l’esecuzione dei lavori;
  2. nella ritardata ripresa dei lavori, quando siano cessate le cause della sospensione;
  3. nella redazione, nell’approvazione, nel rifinanziamento, ecc delle varianti;
  4. nel ritardato pagamento degli acconti e/o, in genere, di quanto dovuto;
  5. nell’espletamento del collaudo;
  6. nei casi nei quali è indispensabile l’operato della committente perché venga eliminato un ostacolo (acquisizione di autorizzazioni, nulla osta, coordinamento fra imprese e/o lavorazioni diverse, ecc), che non consente il normale svolgimento dei lavori, o, in generale, quando non sia predisposto quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere la propria obbligazione.

Precisato che, in prosieguo, sarà presa in esame soltanto l’ipotesi indicata nel punto ‘d’, si rammenta che la mancata o ritardata collaborazione del creditore, qualora l’impossibilità della prestazione non dipenda dal debitore, ha come conseguenze:

  1. al debitore non può essere addebitato l’inadempimento (art. 1207 c.c.);
  2. il debitore, mettendo in mora (art. 1217 c.c.) la committente, crea le premesse per la richiesta di danni e/o per la sospensione dei lavori e/o per l’eventuale risoluzione del contratto per fatto del contraente inadempiente nei casi normativamente previsti;
  3. il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivanti dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta (art. 1207, c. 2, c.c.).

La p.a. non può rendere più onerosa la prestazione dell’appaltatore con il proprio comportamento anche semplicemente omissivo. E’ tenuta, infatti, a risarcire i danni eventualmente provocati o da disposizioni incomplete o non tempestive oppure dalla ritardata consegna di disegni esecutivi, architettonici, strutturali o impiantistici, oppure, in genere, da qualunque fatto che provochi un rallentamento nella produzione del cantiere.

L’appaltatore, divenuto creditore per avere eseguito lavorazioni sufficienti per l’emissione del certificato di pagamento, acquisisce il diritto al compenso, mentre la committente, divenuta debitrice, ha l’obbligo di corrispondere la controprestazione con la conseguente mora e responsabilità per l’eventuale mancato o ritardato pagamento delle rate d’acconto e/o del saldo. Infatti, il debitore, secondo la prescrizione dell’art. 1218 c.c., deve compiere correttamente la propria prestazione e deve risarcire il danno se non prova che l’eventuale inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile.

Per rispettare la suindicata condizione, la committente ha l’onere e l’obbligo di provvedere, via via, all’integrale copertura finanziaria di quanto è necessario per la realizzazione dell’opera programmata prima che maturi il credito dell’appaltatore, dell’anticipazione, se prevista, fino alla rata di saldo. Soltanto operando in tal modo, per il pagamento del credito maturato, non si verificheranno ritardi, che comporterebbero la corresponsione di interessi, legali e moratori per il periodo della mora, e contenzioso con l’appaltatore. Invece, di fatto, anche l’anticipazione, quando va bene, viene corrisposta in ritardo.

In genere, ritardi costanti nella corresponsione del compenso sono dovuti al riaccreditamento delle somme bloccate nel mese di dicembre per motivi meramente contabili ed al rifinanziamento delle perizie di variante e suppletive.

Fermo restando il principio generale fissato nella costituzione1 in merito ai nuovi importi o maggiori oneri, fra le numerose decisioni giurisprudenziali2, è sembrato opportuno riportare in nota uno stralcio, non breve, della deliberazione della corte dei conti del 14-03-13.

Si rammenta, infine, che il contratto per l’esecuzione dell’opera pubblica, è oneroso (ciascuna parte subisce un sacrificio patrimoniale - prestazione - cui corrisponde un vantaggio - controprestazione), a prestazioni corrispettive (alla prestazione di un contraente si contrappone la controprestazione equivalente dell’altro) ed appartiene alla categoria c.d. commutativa, nella quale le prestazioni delle due parti sono determinate o determinabili mediante elementi e/o criteri certi e non sono legate ad eventi futuri incerti (contratto aleatorio).

L’ultimo comma dell’art. 1665 c.c., in tema di controprestazione, prescrive che Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente. E’ questo il principio della postnumerazione, in base al quale quanto dovuto dalla committente deve essere corrisposto quando l’opera sia stata realizzata per intero e collaudata.

In effetti, invece, nell’esecuzione delle opere pubbliche, all’appaltatore venivano e vengono corrisposti acconti in corso d’opera secondo le prescrizioni:

  • dell’art. 12 del r.d. n. 2440/1923;
  • degli artt. 133, c. 1, e 141, c. 9, del Codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163);
  • degli artt. 141, 142, 143, 144, 180, 194 e 195 del Regolamento (d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207).

Il pagamento degli acconti all’appaltatore è, senza dubbio, uno degli aspetti più importanti del rapporto contrattuale in quanto non solo rappresenta la controprestazione della committente per l’opera che viene gradualmente realizzata, ma anche perché mette l’altro contraente in condizione di affrontare, in base all’accordo sottoscritto, gli aspetti economici e finanziari dell’appalto secondo il cronoprogramma predisposto dall’appaltatore prima dell’inizio dei lavori.

La procedura, relativa al calcolo degli interessi per i ritardati pagamenti, è stata modificata a seguito dell’emanazione della direttiva 2000/35/CE del 29-06-00.

I suindicati articoli del Codice e del Regolamento, pertanto, hanno, oggi, valore residuale e sono validi soltanto per le parti non modificate con il d.lgs. n. 231/02 e s.m.i. Quest’ultimo, essenzialmente, dispone che:

  • gli interessi moratori (art. 4) decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento.
  • nel comma 3 dell’art. 4 è precisato che, fra le parti, possono essere pattuiti termini diversi dai trenta giorni, ma non superiori a sessanta, purché concordati espressamente e non gravemente iniqui;
  • per il calcolo degli interessi semplici di mora su base giornaliera, il tasso da applicare (art. 5), è uguale al valore fisso dell’8% (art. 2, c. 1 lett. e) più quello applicato dalla BCE alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principale, pubblicato nella G.U.R.I. a cura del ministero dell’economia e delle finanze nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare.

3. Brevi osservazioni sulle conseguenze dei ritardi nei pagamenti

E’ facile ipotizzare che l’appaltatore, prima di partecipare alla gara per aggiudicarsi l’affidamento di un appalto, esamini con cura il progetto esecutivo da realizzare ed adotti quanto necessario per l’esecuzione dell’opera. In particolare e sommariamente, è intuibile che lo stesso predisponga la nuova struttura interna, prenda accordi con la propria banca per il finanziamento, con i fornitori per avere i materiali nei termini contrattuali e per le modalità di pagamento, con i subappaltatori, con i noleggiatori per i mezzi d’opera, ecc.

E’ evidente che qualunque contrattempo o rallentamento nella produzione del cantiere produrrà, per l’appaltatore, pregiudizi, per i quali, superata una certa soglia dipendente da diversi fattori, lo stesso ne chiederà il risarcimento. Occorre rammentare, infatti, che l’equilibrio contrattuale fra la committente e l‘appaltatore è assicurato se le obbligazioni sono ragionevolmente rispettate dai due contraenti ed, in particolare, per quanto riguarda la controprestazione, se la p.a. è in grado di assicurare la copertura finanziaria dell’opera per tutta la durata dell’appalto e se i pagamenti siano effettuati in base agli impegni assunti.

Se l’appaltatore non percepisce gli importi delle controprestazioni (paragr. 2: commi 6 e ss.), non può assicurare la realizzazione del cronoprogramma, il conseguente rispetto dei termini ed, in generale, la gestione dell’appalto.

Al di là di una certa soglia dell’indebitamento dell’appaltatore, si avrà, fisiologicamente, dapprima un rallentamento sempre più accentuato fino alla sospensione, occulta o palese, delle lavorazioni del cantiere.

I danni, che possono essere richiesti dall’appaltatore mediante le riserve inserite negli atti contabili, sono dovuti, in prima approssimazione, alla perdita di produzione del cantiere (spese generali, utile dell’appaltatore, mancato impiego della manodopera e dei mezzi di cantiere rimasti improduttivi, le spese delle cauzioni e delle assicurazioni inutilizzate, ecc). A questi sono da aggiungere:

  1. per il ritardo nella corresponsione della controprestazione, che, per fornire un minimo ordine di grandezza, ai sensi della legge n. 231/2002, e con riferimento ad un credito di un milione di euro e per un anno di ritardo, gli interessi moratori (8%) ammontano ad ottantamila euro più gli interessi applicati dalla BCE (paragr. 2, u.c.);
  2. la conseguente mancata fruizione dell’opera, con i relativi danni collaterali subiti dalla committente, per i ritardi più volte citati.

Di fatto, però, i due percorsi, tecnico ed amministrativo contabile (cfr infra), non sono coordinati e non consentono o rendono possibile il pagamento nei termini fissati (legge n. 231/2002): lo provano i ritardi nell’esecuzione delle opere e le sospensioni dei lavori, queste ultime riscontrabili o meno negli omonimi verbali redatti o meno dalle direzioni dei lavori.

4. La ricerca di un nuovo approccio alla corresponsione del compenso agli appaltatori

Il problema, perché di problema serio si tratta, dei ritardati pagamenti, è veramente importante sia perché riguarda l’intero territorio nazionale, sia per le ingenti risorse impegnate, sia perché influenza l’operato degli appaltatori e la vita di tutti i contribuenti, ecc.

Gli interventi effettuati negli anni passati per eliminare o ridurre gli inconvenienti via via esposti, sono stati poco efficaci perché rimedi tampone, in grado di risolvere piccoli, isolati ostacoli, ma non di consentire di risolvere, a norma di legge e di contratto, l’annoso problema del pagamento delle controprestazioni agli appaltatori.

Un esempio, recente ed ancora non concluso che conferma le mancanze citate, riguarda le strutture pubbliche, da realizzare in tempi brevi, per contrastare la pandemia in corso.

Anche se non si dispone di dati ufficiali, è noto negli ambienti delle categorie interessate (sindacali, imprenditoriali, officine, laboratori, fornitori, ecc) che buona parte delle opere affidate sono in ritardo rispetto ai cronoprogrammi, e non potranno essere completate nei tempi previsti con le conseguenze innanzi succintamente indicate.

Se si esaminassero le cause del ritardo, si riscontrerebbe che gli operatori lavorano in serie ed il risultato finale potrà ottenersi soltanto quando l’intero procedimento sarà interamente eseguito.

Occorre rilevare che gli operatori, che svolgono le funzioni citate (tecniche, contabili, ecc), dipendono da amministrazioni diverse e sono, pertanto, tenuti a rispettare i regolamenti e le direttive, ciascuno, del proprio ente.

Se si prende in esame lo svolgimento dell’appalto nell’insieme delle varie operazioni, si riscontra che possono individuarsi due procedure che, con funzioni diverse, concorrono, ciascuna in modo determinante ed indipendente, all’esecuzione dell’opera. La prima, prevalentemente tecnica, riguarda la mera realizzazione dell’opera stessa, mentre la seconda, amministrativa contabile e finanziaria cura gli aspetti gestionali e, fra questi, la corresponsione delle controprestazioni delle committenti.

Data l’importanza dell’argomento e se non si vuole che i cronoprogrammi rimangano mere esercitazioni letterarie, è necessario cambiare approccio, prevedere lo scambio di informazioni in rete e predisporre un software adeguato. In definitiva, deve ottenersi, come risultato finale, la disponibilità e la spendibilità delle somme necessarie per ogni certificato d’acconto o fattura, e la corresponsione delle stesse agli esecutori delle opere entro i termini previsti.

Un autore, in merito all’utilizzo di un software di una certa importanza, era del parere che:

La parola chiave anche nell’adozione dell’approccio XXX è quindi la “interoperabilità” tra differenti software. Non va trascurato, infatti, che i nuovi contratti dovendo confrontarsi … omissis …, e pertanto con un unico data base di informazioni anche grafiche - comprensive di disegni e attributi - specifiche tecniche, schede e caratteristiche, dovranno inevitabilmente prescrivere la collaborazione tra i progettisti, l’interoperabilità dei formati tecnici attraverso l’adozione di standard di elaborazione dei dati e di messaggistica. Occorrerà prevedere anche scambi di dati bidirezionali e, nella fattispecie, anche operatori esperti informatici, amministrativi e contabili.

Un vecchio brocardo (Ubi lex voluit dixit … omissis), se si sostituisce al sostantivo ‘lex’il Decisore’ ed al verbo ‘dixit’ ‘dispose’, può essere adottato, come riferimento, anche nel caso in specie. Occorre, quindi, che il Decisore stesso, che ne ha i mezzi, il potere e la possibilità, esaminati meglio i fatti, prenda atto che è inammissibile che, nell’era digitale e di trasformazione delle forme di comunicazione, le controprestazioni non vengano corrisposte utilizzando software adeguati, che il Decisore deve volere e debba disporne la realizzazione (‘voluit’ ‘dixit’).

E’ indispensabile, visti i danni prodotti dal ritardo nella corresponsione dei compensi agli appaltatori, che il Decisore più volte citato, provveda ad eliminare i danni brevemente citati, continui, notevoli e, soprattutto, evitabili con la tecnologia oggi disponibile.

Si ringrazia l’arch. M. Zapparrata per le notizie cortesemente fornite.

(1) T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 14-05-12, n. 978. In tema di gara per l'affidamento di un appalto di lavori pubblici, il corretto svolgimento dell'azione amministrativa, ed un principio generale di contabilità pubblica risalente all'art. 81, cost., esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria e ciò al fine di porre al riparo l'interesse pubblico dalla stipula di un contratto che la p.a. non potrebbe fronteggiare per carenza delle risorse finanziarie occorrenti.

(2) Lodo arb., 15-09-86, n. 59; Cass. civ., sez. I, 28-02-06, n. 4397; Corte dei conti, sez. contr., 23-12-10, n. 32; Cons. stato, sez. IV, 20-02-13, n. 1055.

Corte dei conti, sez. contr., 14-03-13, delib. n. 53:Nel merito, con riferimento al primo quesito è da ritenersi del tutto irrilevante, al fine del configurarsi della responsabilità della stazione appaltante, il ritardo nella corresponsione del finanziamento da parte dell’Amministrazione/ente erogatore, essendo quest’ultimo soggetto terzo rispetto al rapporto contrattuale che si instaura tra stazione appaltante (nel caso di specie il Comune) e ditta appaltatrice; l’ente appaltante, all’atto dell’affidamento dei lavori alla ditta, assume nei suoi riguardi l’obbligo contrattuale diretto e la sussistenza di un rapporto di finanziamento con soggetti terzi rimane del tutto avulso, e di conseguenza ininfluente, dalla causa del contratto. L’eventuale clausola che subordinasse la corresponsione del corrispettivo alla ditta appaltatrice al ricevimento del finanziamento, o ancora escludesse la maturazione di interessi a favore dell’appaltatore per effetto di ritardi da parte dell’ente finanziatore negli accrediti di rate di finanziamento, è da considerare nulla, perché in contrasto con la normativa attinente i lavori pubblici, di natura cogente e come tale non derogabile. Nello stesso modo, in caso di ritardo nei pagamenti da parte dell’ente appaltante, la mancanza di risorse per fatto dell’ente finanziatore non potrebbe mai essere invocata quale ragione esimente di responsabilità nei confronti della stazione appaltatrice che abbia portato a termine il lavoro (o il singolo SAL).……..omissis ………

Peraltro, in merito ai contratti di lavori pubblici, è sempre stato pacificamente riconosciuto che le disposizioni dettate sui termini di pagamento e di corresponsione degli interessi di mora non potessero essere derogate in danno dell’appaltatore; già il Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 19.4.2000, n. 145, prevedeva espressamente,      all’art. 29, che i capitolati generali ed i contratti potessero stabilire solo termini più brevi rispetto a quelli normativamente previsti, giammai più lunghi, a tutto vantaggio del contraente privato; detta disposizione è stata ribadita anche dall’art. 143 comma 3 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 [Regolamento di esecuzione del Codice (nota: d.lgs. 163/2006) dei contratti pubblici)]; …… .

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