Cumulo alla rinfusa: importanti novità dal Consiglio di Stato

La conferma in una recente sentenza: l'art. 225, comma 13, del nuovo Codice fornisce un'interpretazione autentica (e univoca) dell'art. 47 del d.Lgs. n. 50/2016

di Redazione tecnica - 16/10/2023

Con il nuovo codice dei contratti pubblici sembra esserci “luce” per stazioni appaltanti e tribunali amministrativi in relazione all’applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa, con l’introduzione dell’art. 225, comma 13, secondo periodo, che dispone un’interpretazione autentica dell’art. 47, comma 2-bis del d.Lgs. n. 50/2016, per cui “negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara».

Cumulo alla rinfusa: le novità nel Codice Appalti 2023

Lo conferma il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 ottobre 2023, n. 8767, con la quale ha annullato il provvedimento di esclusione di un consorzio, aggiudicatario di una procedura e che era stato successivamente escluso in quanto aveva indicato come esecutrice un’impresa non in possesso dell’attestazione SOA richiesta.

L’esclusione era stata confermata del TAR che, dopo avere dato atto dell’esistenza di due orientamenti interpretativi elaborati in merito alla tematica della perdurante operatività nella disciplina degli appalti pubblici del cd. “cumulo alla rinfusa”, ha aderito all’indirizzo più restrittivo che ritiene il cumulo applicabile “.. ai soli requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature dei mezzi d’opera nonché all’organico medio annuo”, per concludere quindi che “la designazione da parte dell’aggiudicatario consorzio della consorziata quale esecutrice dei lavori appaltati non è legittimata dalla normativa vigente, difettando in capo alla esecutrice i requisiti di qualificazione specifici”.

Successivamente alla pubblicazione della sentenza, spiega il Consiglio, il contrasto interpretativo è stato ricomposto dal legislatore nazionale, mediante l’inserimento nel nuovo Codice dei contratti di un’apposita norma chiarificatrice della (corretta) interpretazione dell’art. 47, comma 1, del d.Lgs. n. 50/2016 (art. 225, comma 13, del d.Lgs. n. 36/2023).

Cumulo alla rinfusa: l'evoluzione normativa dell'istituto

La disputa interpretativa sui margini applicativi del cd. “cumulo alla rinfusa” trae origine dalla seguente evoluzione normativa.

  • la prima formulazione dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevedeva la possibilità dei consorzi stabili di lavori, servizi e forniture di utilizzare per i primi cinque anni dalla loro costituzione i requisiti di qualificazione delle imprese consortili;
  • nella versione ratione temporis applicabile alla gara de qua, conseguente alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1, del D.L. n. 32/2019, convertito con modificazioni, dalla legge n. 55/2019, il primo comma dell’art. 47 stabiliva, invece, che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), dovessero essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal codice, “salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio, ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”;
  • la norma proseguiva prevedendo al comma 2 che i consorzi stabili dovessero eseguire le prestazioni o “con la propria struttura” o “tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante”; e aggiungeva che per i lavori, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni saranno stabiliti con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27 octies;
  •  il successivo comma 2 bis precisava, ancora, che “la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati”.

Le interpretazioni della giurisprudenza

L’interpretazione del richiamato quadro normativo ha dato origine in giurisprudenza, come già anticipato, a due diversi orientamenti interpretativi.

  • Il primo di essi, al quale ha aderito il TAR sulla base degli argomenti di seguito riepilogati, ritiene che qualora il consorzio individui una consorziata come esecutrice, quest'ultima dovrà essere autonomamente in possesso del requisito di qualificazione, così come, in caso di esecuzione in proprio ad opera del consorzio, quest'ultimo dovrà possedere autonomamente il requisito; l'utilizzo della "maggiore" qualificazione del consorzio stabile non potrebbe, cioè, legittimare l'esecuzione di prestazioni da parte di piccole e medie imprese del tutto prive della qualificazione.
    Questi gli argomenti addotti a sostegno di questa prima lettura:
    • Sul piano letterale, l’art. 47 comma 1 d.lgs. n. 50 del 2016 consentirebbe il cumulo solo con riferimento a determinati requisiti, vale a dire attrezzature, mezzi e organico medio anno; al di fuori di questi limiti, dovrebbe applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei requisiti e delle capacità di qualificazione (artt. 83 e 84 d.lgs. n. 50 del 2016).
    • Rileverebbe nel medesimo senso il nuovo contesto normativo, dal quale risulta espunta la previsione di cui al previgente art. 36, comma 7 d.lgs. n. 163 del 2006, che aveva legittimato un intendimento generalizzato del cumulo c.d. alla rinfusa. La soppressione della disposizione richiamata – oltre al tenore letterale dell’art. 47 d.lgs. n. 50 del 2016 – condurrebbe, dunque, a superare l’orientamento ampliativo ed a restringere la praticabilità del cumulo ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio annuo;
    • L’interpretazione restrittiva sarebbe inoltre confermata dal comma 2 dell’art. 47 d.lgs. n. 50 del 2016, come riformulato dal d.l. n. 32 del 2019, il quale non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all'avvalimento, ai fini della utilizzazione dei requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici, limitandosi a prevedere l'alternativa facoltà di eseguire il contratto "con la propria struttura" ovvero "tramite i consorziati" all'uopo "indicati in sede di gara".
    • Sul piano funzionale, la tutela della concorrenza risiederebbe, infatti, nella stessa possibilità di utilizzare la forma del consorzio stabile, a prescindere dall’operatività o meno del cumulo alla rinfusa.

In definitiva, secondo l’impostazione in argomento, qualora il consorzio designa per l’esecuzione del contratto una o più delle imprese consorziate è necessario che queste ultime possiedano e comprovino in proprio (con la ribadita salvezza dei limitati e specifici casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione.

  • un secondo indirizzo reputa ammissibile il generalizzato ricorso al cumulo alla rinfusa sulla base dei seguenti passaggi argomentativi:
    • Sul versante normativo, viene contestata la lettura dell’art. 47 d.lgs. n. 50 del 2016 secondo la quale il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, deve essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione. Da un lato, infatti, l’art. 47, comma 2, non chiarisce espressamente le modalità di qualificazione dei consorziati designati per l’esecuzione, nel caso in cui i consorzi stabili intendano eseguire le prestazioni tramite le imprese consorziate; dall’altro, l’art. 47 comma 1 d.lgs. n. 50 del 2016 reca una formulazione letterale identica a quella già trasfusa nel previgente art. 35 d.lgs. n. 163 del 2006, in vigenza del quale era assolutamente pacifico il cumulo alla rinfusa;
    • lo stesso art. 47 comma 1 d.lgs. n. 50 del 2016 fa sostanziale rinvio all’art. 83 del medesimo codice dei contratti pubblici, il quale, al comma 2, a sua volta rinvia al regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, ai sensi del quale, nelle more dell’adozione del regolamento (non ancora adottato), rimangono in vigore o restano efficaci le linee guida e i decreti adottati in attuazione della previgente disposizione di cui all’art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163 del 2006. Ebbene, proprio in attuazione del citato art. 36 comma 7, l’art. 81 del d.P.R. n. 207 del 2010 stabilisce che “i requisiti per la qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall’articolo 36, comma 7, del codice”. Ne consegue, una reviviscenza di quest’ultima disposizione, che non può dirsi espunta dall’ordinamento e che – unitamente agli artt. 81 e 94 del d.P.R. n. 207 del 2010 - delinea il regime di qualificazione dei consorzi stabili secondo il criterio del “pieno” cumulo alla rinfusa, salvo eccezioni;
    • L’intenzione del legislatore di valorizzare nel tempo l’istituto in questione, quale importante strumento pro-concorrenziale (v. la relazione di accompagnamento al d.l. n. 32 del 2019 - c.d. Sblocca Cantieri); sia la ratio pro-concorrenziale insita nella disciplina dei consorzi stabili, essendo questa concepita al fine di consentire la partecipazione alle gare pubbliche ad imprese singolarmente prive dei requisiti di qualificazione richiesti dal bando, le quali possono cumulare i requisiti di cui dispongono con quelli di altre imprese fino a soddisfare il livello di qualificazione richiesto.

La soluzione nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Guardando a questi due orientamenti, Palazzo Spada ritiene dirimente e assorbente la disposizione del nuovo Codice dei contratti pubblici, per cui, l'interpretazione autentica dell'art. 47 del d.Lgs. n. 50/2016 va intesa nel senso di consentire ai consorzi stabili di far ricorso in modo generalizzato al cd. “cumulo alla rinfusa” ai fini dell’affidamento di servizi e forniture, e dunque di poter ben integrare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici.

Ne consegue che “se il Consorzio stabile è in possesso, in proprio, dei requisiti partecipativi richiesti dalla legge di gara, a nulla rileva, in ragione dell’interpretazione offerta dalla suddetta disposizione, l’assenza della qualificazione SOA in capo alla consorziata esecutrice dei lavori”.

Si tratta di un orientamento a cui di fatto si è allineato il Disciplinare della gara in questione, poiché stabilisce che i requisiti speciali debbano essere posseduti “direttamente dal consorzio ai sensi di quanto previsto dall’art. 47 del Codice”.

Sul punto, i giudici evidenziano come la V sezione del Consiglio stesso, con la sentenza n. 6533/2023, ha chiarito che l’art. 225, comma 13, secondo periodo, d.lgs. n. 36 del 2023 è “norma d’interpretazione autentica, provvista ex se di valore retroattivo, né soggetta al regime di cui al 2° comma dell’art. 229 di efficacia differita, riferibile alle altre disposizioni del decreto legislativo”.

Norma pienamente costituzionale, che serve da raccordo tra vecchia e nuova disciplina

La valenza di norma di interpretazione autentica risalta proprio alla luce del contrasto insorto in merito alla corretta lettura del quadro normativo e trae conferma dal dichiarato intento del legislatore di risolvere la disputa orientandola verso una delle due soluzioni interpretative sin qui consolidatesi nella esegesi del dato testuale.

Nessun sospetto di incostituzionalità dell’art. 225, comma 13, secondo periodo, considerato che dal combinato dei commi 1 e 3 dell'art. 1 della legge delega (legge n. 78/2022) si ricava che il legislatore delegato è stato abilitato ad adottare disposizioni (non solo transitorie) volte a razionalizzare e riordinare la disciplina vigente dei contratti pubblici nonché ad adeguarla “ai principi espressi … dalle giurisdizioni superiori”; e ad adottare “le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate o non modificate”.

Di qui la piena legittimità dell’art. 225, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023, in quanto disposizione volta a fornire, in chiave di certezza del diritto e di coerenza ordinamentale, l'interpretazione autentica dell’istituto del cumulo alla rinfusa sotto la vigenza dell’art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016, e ciò anche al fine di raccordare e coordinare vecchia e nuova disciplina, superando le incertezze giurisprudenziali registratesi in precedenza. La portata precettiva della disposizione interpretante va quindi ricondotta ad una finalità di razionalizzazione e di coordinamento certamente consentita dalla legge delega e giustificata da una interpretazione non univoca della disposizione interpretata.

L’appello è stato quindi accolto, annullando il provvedimento di esclusione in quanto il cumulo alla rinfusa è stato correttamente applicato dal Consorzio Stabile.

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