Equo compenso: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Le prestazioni vanno espletate con professionalità indipendentemente dall’onorario, ma l'interesse ad assumere incarichi dipende anche dall'adeguatezza del corrispettivo offerto

di Redazione tecnica - 28/03/2023

La normativa sull'equo compenso prevede soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione che lo stesso debba essere sempre previsto.

Equo compenso: il Consiglio di Stato sulla gratuità degli incarichi

Nonostante possa sembrare una massima che rema contro il libero professionista, in realtà il Consiglio di Stato ha accolto, con la sentenza n. 2084/2023, l’appello di un avvocato contro l’affidamento di un incarico per servizi legali operato da un comune in favore di un altro professionista. Secondo il ricorrente, l’affidamento era stato effettuato in violazione dell’articolo 19, quaterdecies, comma 3, del DL n. 148/2017, 4 del DM n. 55/2014 e dell’articolo 37 del Codice Deontologico Forense.

In primo grado il TAR aveva respinto il ricorso, specificando che l’art. 3 dell’art. 19 - quattrodecies del d.l. n.148/2017 “non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare (in tal senso cfr. di recente, TAR Milano, Sez. I, 29 aprile 2021 n. 1071). E ciò per l’evidente motivo che nel caso in cui il professionista non sia costretto ad accettare supinamente il compenso predeterminato unilateralmente dall’amministrazione, ma contratti liberamente il proprio compenso su un piano paritetico con la committente, viene meno quella speciale esigenza di protezione del professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, su cui si fonda la ratio dell’istituto dell’equo compenso…”.

In questo caso il Comune ha chiesto a tre professionisti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l’invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, in tal modo fornendo a ciascuno di essi gli elementi necessari (e sufficienti) all’individuazione del compenso professionale. Secondo il TAR, “Ciascuno dei professionisti interpellati ha formulato liberamente il proprio preventivo, senza essere vincolato a criteri predeterminati o predisposti unilateralmente dall’amministrazione richiedente, e quindi senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte della stessa. Dal canto suo, l’Amministrazione si è limitata a valutare i tre preventivi e a prescegliere quello ritenuto più conveniente, senza imporre modifiche di sorta e senza neppure stimolare rilanci competitivi tra gli offerenti”.

In appello, il ricorrente ha in realtà censurato la procedura seguita dal Comune nella scelta del professionista cui affidare l’incarico, in quanto orientata dalla scelta del prezzo più basso, senza neppure una previa determinazione e comunicazione dei correlativi criteri. Nei rapporti con la P.A. il principio dell'equo compenso previsti dall’art. 19 quattordecies, comma 3, non è finalizzato a proteggere l'avvocato "quale parte debole del rapporto", ma è preordinato ancora prima a garantire l'interesse pubblico ad acquisire servizi di qualità in luogo di una difesa purchessia.

La decisione di Palazzo Spada

Una tesi accolta dal Consiglio di Stato, secondo cui il primo giudice non ha esattamente inteso che la parte ricorrente non lamentasse il compenso in concreto pattuito tra il professionista prescelto ed il Comune, ma il criterio seguito dal Comune per scegliere il professionista cui affidare il mandato difensivo, in quanto violativo del comma 3 dell’art. 19 quaterdecies D.L. 16/10/2017, n. 148, norma questa esplicitamente rivolta alla P.A.

La disposizione dell'art. 13-bis comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, (recante "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense") inserito dall'art. 19-quaterdecies, comma 1, d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172 non esclude il potere di disposizione dell'interessato, che resta libero di rinunciare al compenso - qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso - allo scopo di perseguire od ottenere vantaggi indiretti o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto.

Spiega il Consiglio che la modifica inserita nella legge sull’equo compenso è sorretta da una ratio che vuole trovare un equo, ragionevole e giusto punto di equilibrio a tutela dei liberi professionisti, ed in particolare dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, a seguito della abrogazione dei minimi tariffari e dell'apertura al libero mercato, anche nel quadro euro-unionale.

La normativa sull'equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione (l'ulteriore e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto.

I criteri per la determinazione dell’equo compenso

Ferma restando la possibilità che per la prestazione difensiva la pubblica amministrazione non preveda la corresponsione di alcun compenso, laddove, come in questo caso, esso sia previsto, deve rispettare il criterio dell’equo compenso, e la scelta del professionista cui affidare l’incarico non può che essere fondata su criteri predeterminati e resi noti agli offerenti.

Pertanto la Pubblica amministrazione deve prevedere un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo “nuovo mercato” delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.

Sostanzialmente le modalità pratiche ed operative più opportune per attuare i principi sopra enunciati, devono essere:

  • a) efficaci, cioè produrre un effetto utile per i soggetti interessati;
  • b) oggettive, cioè basate su criteri verificabili e attinenti ai dati curriculari;
  • c) trasparenti, cioè basate su dati e documenti amministrativi accessibili;
  • d) imparziali, cioè tali da consentire la valutazione equa ed imparziale dei concorrenti;
  • e) procedimentalizzate, cioè idonee ad assicurare, anche mediante protocolli e modelli di comportamento, che non si verifichino favoritismi o, all'inverso, discriminazioni, nella selezione e nella attribuzione degli incarichi;
  • f) paritarie, cioè che le distinzioni di trattamento debbono rispondere a criteri di stretta necessità, proporzionalità ed adeguatezza del mezzo rispetto allo scopo;
  • g) proporzionali, cioè tali da assicurare la rispondenza relazionale tra il profilo professionale scelto e l'oggetto dell'incarico, anche sulla base del dato curriculare e di esperienza
  • h) pubbliche, cioè prevedibili e conoscibili;
  • i) rotative, compatibilmente con la necessità di rendere efficace ed effettiva l'azione amministrativa”.

Sulla base di questi presupposti, il Consiglio ha accolto l’appello in quanto la scelta del professionista non è stata ancorata alla predeterminazione di alcun criterio, nè preceduta da alcuna procedimentalizzazione in grado di assicurare nel contempo l’imparzialità ed il buon andamento, ex art. 97 Cost, oltre che la trasparenza dell’agere amministrativo ed il rispetto del principio di buona fede; inoltre, pur essendo stata prevista la corresponsione di un compenso, la scelta del professionista è avvenuta avuto riguardo al criterio del prezzo più basso, senza previo accertamento del rispetto dell’equo compenso, atto a tutelare non sola la categoria forense da fenomeni anticoncorrenziali, ma anche ad assicurare la qualità della prestazione, come dedotto da parte appellante.

Se è vero, conclude Palazzo Spada, che le prestazioni professionali degli avvocati devono essere espletate con professionalità anche indipendentemente dalla misura dell'onorario, non può tuttavia negarsi che l'interesse ad assumere incarichi per l'Amministrazione da parte dei professionisti più qualificati dipenda largamente anche dall'adeguatezza del corrispettivo offerto e dal rispetto della dignità professionale.

 

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati