Gare d'appalto e Decreto Aiuti: obbligo di aggiornamento dei prezzi

TAR Campania: le procedure avviate dopo il 17 maggio 2022 sono soggette all’applicazione dell’art. 26 del D.L. n. 50/2022

di Redazione tecnica - 07/12/2022

L'aggiornamento dei prezzi previsto dall’art. 26 del D.L. n. 50/2022 (Decreto Aiuti) è obbligatorio per procedure avviate dopo l’entrata in vigore del provvedimento. Senza tale adeguamento, l’offerta non è sostenibile e rende illegittima tutta la procedura di gara.

Revisione prezzi e appalti pubblici: l'obbligo di adeguamento per le Stazioni Appaltanti

La conferma arriva con la sentenza n. 7596/2022 del TAR Campania, con la quale sono stati accolti i ricorsi presentati da un operatore economico e da alcune associazioni di categoria per l'annullamento di un bando di gara indetto successivamente all’entrata in vigore del Decreto Aiuti. In particolare il progetto esecutivo non recava le tariffe aggiornate e faceva addirittura riferimento al Prezzario Regionale del 2015 e al Tariffario dei Lavori di RFI del 2016. La Stazione si sarebbe giustificata precisando che il bando fosse una prosecuzione di una gara bandita nel 2017.

Da qui il ricorso dell'OE, specificando l'interesse ad impugnare gli atti di gara, in quanto impossibilitato a partecipare con un’offerta seria ed economicamente sostenibile a causa di un importo a base di gara non coerente con i valori di mercato e adeguato all’aumento considerevole dei costi dei materiali da costruzione.

Bandi illegittimi: le clausole immediatamente escludenti

Preliminarmente il TAR ha ricordato che in materia di affidamento di contratti pubblici, la legittimazione al ricorso spetta solo al soggetto che abbia partecipato alla procedura selettiva, tranne nel caso in cui l’operatore economico non abbia potuto presentare la domanda di partecipazione per clausole immediatamente escludenti, la cui applicazione gli abbia per l’appunto impedito di accedere alla gara.

Diversamente, per giurisprudenza costante, non sono immediatamente impugnabili le clausole che rendono difficile, ma non impossibile, presentare l’offerta.

Nel caso in esame, secondo il Collegio la predeterminazione del prezzo secondo tariffe non aggiornate costituisce un elemento che condiziona la possibilità di proporre un’offerta seria ed economicamente sostenibile, risultando l’importo posto a base di gara non coerente con i valori di mercato e non adeguato all’aumento considerevole e progressivo dei costi dei materiali da costruzione: "Rientra nei generali principi di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, sanciti dalla Costituzione, nonché nei canoni comunitari di proporzionalità e trasparenza, l'obbligo di stabilire compensi remunerativi capaci di mettere i concorrenti nella condizione di presentare un'offerta sostenibile ed affidabile, evitando il serio rischio di distorsioni nelle dinamiche concorrenziali e dell'effettuazione di lavori o erogazione di servizi di scarsa qualità: gli appalti devono pur sempre essere aggiudicati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, perché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso".

Laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell'utile stimato, è evidente che l'offerta diventa non remunerativa e, pertanto, non sostenibile, con ovvie conseguenze sulla veridicità della stessa.

Revisione dei prezzi: fa fede la data del bando

Allo stesso modo, il giudice ha ritenuto fondati anche i motivi del ricorso: il progetto esecutivo posto a base di gara con l’applicazione del Prezzario Regionale vigente nel 2015, così come l’analisi dei nuovi prezzi redatta sulla base del Tariffario Ufficiale RFI per il 2016 sono in contrasto con l’art. 26 del D.L. n. 50/2022 (c.d. Decreto aiuti) convertito in Legge. n. 91/2022.

In particolare, il comma 2 dell’art. 26 dispone che: “Fermo quanto previsto dal citato articolo 29 del decreto-legge n. 4 del 2022, in relazione alle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2022, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016, si applicano i prezzari aggiornati ai sensi del presente comma ovvero, nelle more dell’aggiornamento, quelli previsti dal comma 3. I prezzari aggiornati entro il 31 luglio 2022 cessano di avere validità entro il 31 dicembre 2022 e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 31 marzo 2023 per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data”.

Questo significa che per le procedure di gara avviate successivamente alla pubblicazione dell’entrata in vigore del decreto legge, ovvero per le gare bandite dopo il 17 maggio 2022, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni nel rispetto di quanto imposto dall’art. 23, comma 16, d. lgs n. 50/2016, va applicato, inderogabilmente, il prezzario aggiornato.

La disposizione fa riferimento alle procedure di gara “avviate” successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, dove per “avviate” devono intendersi, evidentemente, quelle gare per le quali il relativo bando è stato pubblicato dopo il 17 maggio 2022.

Questo perché è la pubblicazione del bando ad incardinare la procedura di gara, come stabilito per costante e pacifica giurisprudenza secondo cui una pubblica gara può dirsi indetta e, quindi, “avviata”, solo con la pubblicazione del bando o dell’avviso, atti costitutivi della procedura di gara, aventi efficacia esterna nei confronti dei terzi. Non a caso, la procedura di affidamento di un contratto pubblico è soggetta alla normativa vigente alla data di pubblicazione del bando di gara, in conformità al principio tempus regit actum ed alla natura del bando stesso, quale norma speciale della procedura che dispone regole vincolanti non solo per le imprese partecipanti ma anche per la stessa pubblica amministrazione.

Né, peraltro, conclude il TAR, si può ipotizzare l’applicazione del comma 3 dell’art. 26, il quale precisa che “Nelle more della determinazione dei prezzari regionali ai sensi del comma 2 e in deroga alle previsioni di cui all’articolo 29, comma 11, del decreto-legge n. 4 del 2022, le stazioni appaltanti, per i contratti relativi a lavori, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016, incrementano fino al 20 per cento le risultanze dei prezzari regionali di cui al comma 7 del medesimo articolo 23, aggiornati alla data del 31 dicembre 2021”.

La disposizione è infatti inapplicabile al caso in esame, posto che, al momento della pubblicazione del bando era già entrato in vigore il nuovo elenco aggiornato dei prezzi, ai sensi del comma 2 del medesimo art. 26.

Il ricorso è stato dunque accolto, determinando l'annullamento dell'intera procedura di gara, viziata da un'offerta insostenibile e non conforme alla normativa in vigore che ha determinato la creazione di clausole immediatamente escludenti.

 

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