Impugnazione atti di gara: entro quando va proposto il ricorso?

Il Consiglio di Stato richiama i principi dell'Adunanza Plenaria e chiarisce i termini entro quando è possibile impugnare l'aggiudicazione di un appalto

di Redazione tecnica - 13/04/2023

I termini per l'impugnazione di atti di gara e per la presentazione di un ricorso sono spesso controversi, motivo per cui l'Adunanza Plenaria, con i principi enunciati con la decisione n. 12/2020, ha cercato di fare chiarezza. Ed è proprio ad essi che il Consiglio di Stato si è rifatto, per dirimere una questione riguardante l'irricevibilità di un ricorso, con il quale un operatore ha impugnato l'aggiudicazione di una gara in favore di un altro concorrente.

Impugnazione atti di gara: entro quando fare ricorso

Il giudizio in appello, formulato nella sentenza n. 2736/2023, ha confermato quanto stabilito già in primo grado dal TAR, ossia che il ricorso fosse irricevibile per tardività. Nel valutare la questione, Palazzo Spada ha appunto richiamato la decisione della Adunanza plenaria, evidenziando come si tratti di una problematica che origina da un quadro regolatorio non del tutto omogeneo, nell’ambito del quale a disposizioni normative di ordine processuale e di valenza generale (artt. 41, comma 2, e 120 cod. proc. amm.) si sovrappone, con effetto di concorrenza, una disciplina sostanziale e speciale (artt. 53 e 76, d. lgs. n. 50/2016).

Dies a quo impugnazione atti di gara: le indicazioni dell'Adunanza Plenaria

In particolare l’Adunanza Plenaria ha esaminato due aspetti:

  • a) se la “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara sul sito della stazione appaltante sia idonea a far decorrere il termine di impugnazione, in relazione a quei vizi percepibili direttamente e immediatamente dai provvedimenti oggetto di pubblicazione;
  • b) quale sia la corretta individuazione del termine per proporre il ricorso introduttivo nelle ipotesi di vizi conoscibili solo a seguito dell'accesso agli atti di gara.

Da qui un’articolata e cadenzata scansione temporale, per cui l’individuazione del dies a quo risulta così modulata:

  • a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016;
  • b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d.lgs. cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale;
  • c) con “dilazione temporale”  nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione);
  • d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.

In questo caso, spiega il Consiglio, bisogna tenere conto dell’ipotesi c), trattandosi di vizi correlati alla regolarità della documentazione amministrativa e alla valutazione di anomalia dell’offerta – in ordine alla quale occorre allora dare rilievo:

  • alla diligenza dell’operatore economico nella tempestiva formalizzazione della istanza ostensiva;
  • alla correttezza della stazione appaltante nell’altrettanto tempestiva evasione della stessa.

Istanza di accesso: le possibili ipotesi di tempestività e tardività

Ne segue, perciò, che:

  • a) se l’istanza di accesso è tempestiva , in quanto proposta, come vale ribadire, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione e parimenti tempestivo è il riscontro ostensivo da parte della stazione appaltante, il termine per impugnare (di trenta giorni) subisce una “corrispondente dilazione temporale” (di quindici giorni): di tal che, in definitiva, il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo (certo ed obiettivo) di 45 giorni (dalla comunicazione o pubblicazione);
  • b) se, per contro, l'istanza di accesso è tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione o pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) non opera, a pro del ricorrente, la ridetta “dilazione temporale”: e ciò in ragione di un bene inteso canone di auto-responsabilità dell'operatore economico che concorre a gare pubbliche e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum;
  • c) nel caso, invece, di comportamenti ostruzionistici e dilatori imputabili alla stazione appaltante (che non dia puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione), il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all'accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell'ostensione della documentazione richiesta (sicché, più che di vera e propria “dilazione temporale”, in tal caso finisce per operare una autonoma e nuova decorrenza del termine).

Da questo punto di vista la giurisprudenza ha generato una diversa, e più articolata, declinazione del riassunto criterio della “dilazione temporale”, con tre diversi orientamenti:

  • a) il primo propende in ogni caso per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15);
  • b) il secondo ritiene, per contro, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l'istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30);
  • c) un terzo orientamento, ispirato alla tesi della c.d. “sottrazione dei giorni”, ritiene, invece, che – fermo restando che il rifiuto o il differimento dell'accesso da parte della stazione appaltante non determina la "consumazione" del potere di impugnare – ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame: sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l'accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni 'a carico' del ricorrente, pari al tempo impiegato tra la partecipazione dell’aggiudicazione e la domanda di accesso.

La sentenza del Consiglio di Stato

Dall'analisi di queste casistiche, il Collegio ha confermato l'adesione al primo orientamento, in pedissequa adesione alle direttive della Adunanza plenaria che individua come (ultimativo) dies ne ultra quem il 45° giorno dalla pubblicazione (o comunicazione) della intervenuta aggiudicazione.

Nel caso specifico, il concorrente ha presentato istanza di accesso agli atti tempestivamente entro il termine di quindici giorni, vedendosela evadere in termini parimenti tempestivi, con la conseguenza che, applicando il principio della “dilazione temporale”, il ricorso avrebbe dovuto essere proposto entro il 45° giorno, maggiorato in questo caso dalla sospensione feriale dei termini, mentre risulta notificato al 57° giorno.

L’appello è stato quindi respinto, confermando l’irricevibilità del ricorso per l'ormai avvenuto decorso dei termini.

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