PNRR e piano economico finanziario: differenze tra appalti e concessioni

Il Consiglio di Stato sottolinea che nel caso di concessione, la tipologia di rischio imprenditoriale è diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto

di Redazione tecnica - 07/03/2022

Il Piano Economico Finanziario che un operatore presenta nel caso di procedura per l’affidamento di una concessione ha caratteristiche differenti da quello che possibilmente verrà presentato in caso di appalto, perché la natura del rischio imprenditoriale sottesa all'incarico è totalmente differente. Lo conferma il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 795/2022, a seguito del ricorso presentato da un operatore economico contro il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Affidamento in concessione o appalto: la sentenza del Consiglio di Stato

Nel caso in esame, il MIT aveva indetto una procedura competitiva con negoziazione ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e comma 2-bis, e dell’art. 62 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), per l’affidamento in concessione delle attività di gestione e manutenzione di un tratto autostradale. Secondo l’operatore ricorrente, l'offerta dell’impresa aggiudicataria era inattendibile per l'erroneità dei dati inseriti nel piano economico e finanziario (PEF) accluso all'offerta economica, con particolare riferimento ai costi operativi e al costo del personale.

Concessione: la definizione del Codice dei Contratti Pubblici

Nel valutare il caso, il Consiglio ha richiamato la definizione di concessione contenuta nell’art. 3, comma 1, lettere uu) [concessione di lavori] e vv) [concessione di servizi], del Codice dei contratti pubblici, formulata in piena coerenza con il diritto unionale: essa è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione. La concessione si caratterizza pertanto per la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione.

Anche con riferimento all’art. 165 del Codice dei contratti pubblici, si sottolinea che i servizi hanno una chiara natura imprenditoriale: essi si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni. Come specifica il Collegio, il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica.

Si tratta quindi di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in gioco un elemento imponderabile, ovvero la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.

Il ruolo del Piano Economico Finanziario

Palazzo Spada ha quindi precisato che, se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il Piano Economico Finanziario è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.

Di conseguenza, il controllo non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore. L’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente è invece l’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario.

In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività.

Si tratta di un concetto espresso dal giudice di primo grado e confermato anche in appello: le valutazioni svolte dal seggio di gara sono espressione di un tipico potere di valutazione tecnica, riservato all’amministrazione concedente e tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza, che in questo caso non sono presenti.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando che il PEF presentato era attendibile e soggetto a una valutazione tecnica sui costi/benefici legata esclusivamente al rischio imprenditoriale calcolato dal concessionario.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati