Prestazioni professionali, quando il compenso non è equo

Esiste un compenso minimo per gli incarichi svolti per conto di Pubbliche Amministrazioni? Risponde il Consiglio di Stato

di Redazione tecnica - 09/09/2021

Il problema dell’equo compenso per prestazioni professionali rese nei confronti delle pubbliche amministrazioni torna nuovamente alla ribalta con una sentenza che farà discutere, incentrata sull’applicazione degli artt. 13 e 13-bis della legge n. 247 del 2012 e dell’art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148 del 16 ottobre 2017.

Nel caso in esame, un Ordine degli Avvocati ha presentato istanza di annullamento di un avviso emanato da una Pubblica Amministrazione per il reperimento di professionisti avvocati chiamati a svolgere incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza, per violazione del principio dell’equo compenso, perché non sarebbero stati rispettati i tariffari minimi previsti.

Compensi professionisti: libera pattuizione vs applicazione tariffari

Nella sentenza n. 9404/2021, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha quindi ricordato che in tema di compensi la regola è data dalla libera pattuizione, mentre l’eccezione (ossia in caso di mancato accordo tra le parti) dal rispetto dei minimi tariffari di cui all’apposito decreto ministeriale n. 55 del 2014. Dato che l’avviso pubblico in questione ha stabilito l’entità del compenso, la situazione di “libera pattuizione” è stata garantita, perché un professionista è comunque libero di stipulare o meno le singole convenzioni.

Equo compenso: quando si applica

Per equo compenso si intende il compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale. Il compenso deve essere conforme ai corrispettivi previsti:

  • per gli avvocati dall’art. 13, comma 6 della legge 247/2012;
  • per i professionisti anche iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ex art. 9 d.l. 1/2012.

Palazzo Spada ha fatto presente che la disposizione di cui all’art. 13-bis, comma 2, secondo cui si deve fare comunque riferimento alle tariffe di cui al DM 55 del 2014, trova unicamente applicazione per taluni soggetti imprenditoriali (es. imprese assicurative e bancarie) che notoriamente godono di una certa forza contrattuale, non anche per le pubbliche amministrazioni le quali non sono espressamente contemplate tra i soggetti di cui al riportato art. 13-bis, comma 1.

Per le pubbliche amministrazioni va applicato invece l’art. 19 quarterdecies del D.L. 148/2017: la pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il concetto di “equo compenso”, per quanto riguarda la PA, deve dunque ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità legati a:

  • esigenze di contenimento della spesa pubblica;
  • natura e complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto.

Pur rilevando l’equità del compenso previsto per la tipologia di incarico da svolgere, la sentenza conferma quindi che è accettabile che una PA proponga un compenso esiguo, a garanzia dell’ottimizzazione delle risorse a disposizione.

© Riproduzione riservata