Sospensione servizio cessione crediti di Poste Italiane: tutte le soluzioni per bypassare il problema

La cessione dei crediti è diventata “merce rara”. Per questo bisogna fare scelte oculate, con un occhio ai costi e alle tecnologie costruttive

di Cristian Angeli - 09/11/2022

Il sistema di scambio bancario dei crediti d’imposta maturati tramite i bonus fiscali derivanti da interventi di ristrutturazione edilizia (Superbonus 110% in primis), è tuttora in attesa di un provvedimento di sblocco da parte del Governo e bisognerà attendere la legge finanziaria 2023 per avere le idee chiare su come evolverà il mercato.

Nonostante le rassicurazioni del nuovo Ministro dell’Economia, sono poche le banche disponibili ad acquistare i crediti e i loro advisor sono sempre più rigorosi nei controlli. Anche Poste Italiane ha comunicato ai propri correntisti la temporanea “sospensione del servizio”, non si sa se per raggiungimento della capienza fiscale o come conseguenza della stretta derivante dalle recenti sentenze della Corte di Cassazione riguardanti il sequestro preventivo dei crediti fiscali maturati a seguito di interventi di superbonus 110%.

Alla resa dei conti gli incentivi sono molto diversi da come si erano prospettati due anni fa, ma non per questo hanno perso del tutto il loro appeal.

Chiaramente, ora più che allora, è fondamentale la pianificazione degli interventi, sia dal punto di vista tecnico sia fiscale.

Chi decide di avventurarsi deve, in primis, fare bene i conti, cercando di contenere le spese, senza escludere il “rischio scambio” e anche perché, è ormai assodato, laddove si trovi una banca a cui vendere i crediti, questa li acquisterà a un “tasso” inferiore a quello di detrazione fiscale (dunque inferiore al 110% nel caso del Superbonus, al 70-80% nel caso del Sismabonus ordinario, al 50-65% per l’ecobonus, etc), lasciando così una quota “in accollo” al proprietario.

Le soluzioni per bypassare il problema della cessione dei crediti

Laddove vi sia la reale necessità di un intervento di miglioramento (sismico o energetico) di un immobile, è sicuramente sbagliato rinunciare ad effettuarlo solo perché - oggi - non si trova una banca disponibile ad acquistare i crediti fiscali. Certo, se ci fosse sarebbe meglio, ma anche in assenza si può trovare il modo di far quadrare i conti, con qualche sacrificio in più.

Si possono individuare 4 leve, di natura finanziaria, organizzativa e tecnica.

1° leva) Finanze proprie e prestiti bancari – Già da alcuni mesi la sospensione “temporanea” dei canali di cessione del credito (e quindi di sconto in fattura da parte delle imprese) ha abituato i committenti a far fronte alle spese con finanze proprie o mediante prestiti “ponte”, non difficili da ottenere se garantibili con capitali in proprietà o a stati di avanzamento lavori.

2° leva) Detrazione diretta - I costi sostenuti per i lavori, sempre nell’ipotesi di impossibilità di cedere a terzi i crediti corrispondenti, possono essere detratti direttamente dalla dichiarazione dei redditi del soggetto (o dei soggetti) che sostengono la spesa. Non serve un reddito da Paperone per coprire, almeno in parte, gli oneri connessi a un normale intervento di ristrutturazione edilizia, sia condominiale sia privato.

3° leva) Sconto in fattura “parziale” - Non è da escludere che, previa richiesta in fase di contrattazione, la stessa impresa e i professionisti possano concedere qualche punto percentuale di “sconto in fattura”, andando poi a detrarre i corrispondenti crediti fiscali dalla dichiarazione dei redditi. Si tratta di un benefit che, alle giuste condizioni, non toglie nulla a chi lo concede e avvantaggia enormemente il committente.

4° leva) Scelte progettuali - Infine, forse l’aspetto più importante, sarà opportuno effettuare scelte progettuali che consentano di contenere i costi dell’intervento, ad esempio utilizzando tecnologie costruttive all’avanguardia, in grado non solo di ridurre i costi diretti dell’intervento, ma anche di ottimizzare l’organizzazione del cantiere e le tempistiche di esecuzione dei lavori. Da questo punto di vista il ruolo dei progettisti e dei consulenti è fondamentale.

Caso pratico

Ipotizziamo un caso semplice. Il signor Mario e la signora Maria, coniugi pensionati conviventi, decidono oggi di ristrutturare la loro villetta che detengono in comproprietà, ad esempio rifacendo il tetto e rinforzando le murature, beneficiando così del Sismabonus ordinario, con percentuale di detrazione 80%.

A fronte di scelte progettuali ben ponderate il costo totale dell’intervento è stimato in “soli” 80.000euro iva inclusa, comprensivo di onorari professionali, ampiamente coperto dal massimale previsto per gli edifici unifamiliari (96.000euro).

Il pagamento dei lavori verrà effettuato con bonifici provenienti distintamente da Mario e da Maria che, complessivamente, si ipotizza abbiano una capienza IRPEF di 10.000euro all’anno.

I due coniugi avranno quindi la possibilità di portare in detrazione nei prossimi 5 anni ben 62.000euro, infatti (62.000*0.8)/5 = 9.920euro.

Resterebbero pertanto da recuperare 18.000euro (differenza tra 80.000 e 62.000), che potrebbero essere in parte abbattuti richiedendo uno sconto in fattura “parziale” ai professionisti e all’impresa che potranno a loro volta detrarli in dichiarazione dei redditi. Se ad esempio venisse accordato uno “sconto” del 20% si avrebbe una ulteriore riduzione del costo dei lavori pari a 12.800euro (80.000*0.2*0.8).

Pur trattandosi di una analisi semplificata, che presuppone il reperimento della liquidità necessaria per pagare l’intervento, si comprende che anche in assenza di cessione dei crediti a una banca c’è comunque convenienza nell’effettuare i lavori di ristrutturazione del proprio immobile.

Nel caso preso ad esempio, a fronte di un importo dei lavori pari a 80.000euro, ne andrebbero “persi” poco più di 5.000.

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