Stop alla circolazione dei crediti: l'attacco alla Moneta Fiscale

Le partecipate pubbliche, in primis Cassa Depositi e Prestiti e Poste, avrebbero dovuto svolgere il ruolo di market maker nella monetizzazione dei crediti fiscali

di Stefano Sylos Labini - 15/03/2023

In Italia il Governo ha vietato la circolazione dei crediti fiscali che sono titoli di Stato a rischio zero mentre nel mondo circolano titoli tossici, derivati, criptovalute, spazzatura finanziaria di ogni tipo. Perché il mercato può creare qualsiasi cosa senza che sia mai messo in discussione mentre quando lo Stato emette un titolo finanziario a rischio zero come gli sconti fiscali ad uso differito si scatena il finimondo.

La nascita della Moneta Fiscale

La Moneta Fiscale, che nasce nel momento in cui gli sconti fiscali sono trasferibili a terzi e possono circolare liberamente nell’economia, è la più grande innovazione degli ultimi decenni. Lo Stato può finanziare l’economia senza anticipare euro, le persone possono sfruttare lo sconto in fattura riducendo l’esborso in euro, il sistema finanziario può comprare a sconto un titolo finanziario a rischio zero. Naturalmente l’operazione si regge sulla crescita che riesce ad attivare e quindi sul maggiore gettito fiscale che riesce a generare.

La storia sul buco enorme nei conti pubblici è solo una grande menzogna: dal 2020 al 2022 il rapporto debito Pil si è ridotto di 10 punti scendendo dal 155 al 145%, è stata creata occupazione per 1 milione di unità tra diretta e nell'indotto, molte persone che non avevano i soldi hanno potuto sfruttare lo sconto in fattura per fare lavori di ristrutturazione e comprare impianti ad elevata efficienza energetica. Il tutto con una spesa effettiva di soli 11 miliardi di euro: questa è la somma che fino ad oggi è stata portata in compensazione determinando minori entrate nelle casse dello Stato.

Bonus edilizi: sistema migliorabile

Sicuramente i costi potevano essere più bassi e l’efficienza degli interventi maggiore: l'incentivo del 110% è stato un grosso errore perché ha deresponsabilizzato i committenti che non hanno negoziato sui costi dei lavori oltre al problema delle frodi causate dalla mancanza di controlli nell'assegnazione dei crediti fiscali. Comunque va sottolineato che l'esplosione delle emissioni di crediti fiscali è avvenuta col governo Draghi: il governo Conte era andato via dopo 6 mesi dal varo della cessione dei crediti.

Se 100 miliardi di euro di crediti fiscali vengono monetizzati con uno sconto del 20% (che è piuttosto alto) noi abbiamo messo in circolo 80 miliardi di euro senza chiedere soldi in prestito sui mercati finanziari. Questa liquidità aggiuntiva può circolare su larga scala dando una spinta potente all’attività economica. Bloccare la cessione dei crediti fiscali significa togliere alla nostra economia una fonte di finanziamento fondamentale.

Dunque il discorso non deve essere limitato solo al settore edilizio. Il settore edilizio ha funzionato come un canale di creazione di nuova moneta (i crediti fiscali vengono monetizzati con uno sconto) che poi può circolare nell’intero sistema economico alimentando l’attività economica su larga scala. Draghi aveva capito che noi in questo modo possiamo creare moneta aggirando la Banca Centrale Europea e ha cercato in tutti i modi di bloccare le cessioni dei crediti fiscali.

La maggior parte della classe politica invece si è limitata a considerare l’impatto sul settore edilizio (che comunque è stato rilevante) senza capire che questa storia ha una portata molto più grande e dirompente perché ci consente di recuperare autonomia nella politica economica. In particolare, il M5S è stato in grado di parlare solo di superbonus senza aver minimamente capito la portata di questa operazione. Ripeto che in questa fase il settore edilizio è stato il canale di creazione di crediti fiscali che quando vengono monetizzati mettono in circolo euro che poi si propagano nell’intero sistema economico.

I crediti fiscali trasferibili li possiamo creare dal nulla senza chiedere niente a nessuno e l’operazione è perfettamente legale all’interno dell’eurozona.

Il ruolo delle partecipate pubbliche

Oggi le partecipate pubbliche dovrebbero spingere sugli acquisti di crediti fiscali ad un tasso contenuto per fornire immediatamente liquidità non solo al settore edilizio ma all’intero sistema economico. Nel Manifesto/Appello per la Moneta Fiscale pubblicato nel novembre 2014 e poi ripreso nel libro edito da Micromega del 2015, avevamo scritto che le partecipate pubbliche in primis Cassa Depositi e Prestiti e Poste avrebbero dovuto svolgere il ruolo di market maker nella monetizzazione dei crediti fiscali.

Aver considerato i crediti fiscali pagabili è stato un errore enorme: perdiamo margini di manovra perché questo tipo di crediti va contabilizzato come maggiore deficit per l’intero importo all’emissione. Quando tornerà la regola del deficit al 3% per l’Italia sarà un duro colpo. Comunque possiamo sempre rimediare considerando i nuovi crediti come non pagabili che vanno contabilizzati solo nel momento e per la parte che viene esercitata per scontare le tasse. Abbiamo toccato con mano che la nuova classificazione presentata da Eurostat non è coercitiva: è stata Istat ad approvarla considerando i crediti fiscali come pagabili. Dopo qualche giorno il Presidente Istat è stato casualmente riproposto dal Governo con un lauto stipendio.

Se la circolazione dei crediti fiscali non viene riattivata rapidamente allora sì che aumenterà il rapporto debito/Pil perché le imprese falliranno e la disoccupazione crescerà. Mi domando se questo non sia il vero obiettivo del governo che sta cercando in tutti i modi di dimostrare gli effetti nefasti della Moneta Fiscale.

In conclusione, ci vogliamo sempre fare male da soli mentre in Europa stanno varando gli aiuti di Stato ed è in discussione la direttiva sulle case green che non si sa come sarà finanziata. Forse la Moneta Fiscale è un’innovazione troppo avanzata per un Paese devastato culturalmente come l’Italia.

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