Super sismabonus: su chi rivalersi in caso di erronea determinazione del plafond

L’Agenzia delle Entrate non ha ancora ben chiarito come determinare il plafond di spesa nel caso di interventi sulle parti comuni e sulle parti di proprietà esclusiva. In caso di errori è difficile individuare il soggetto responsabile

di Cristian Angeli - 19/04/2024

Possiedo una vecchia palazzina composta da 3 unità immobiliari. Deciso a realizzare interventi di efficientamento sismico, ho chiesto informazioni a un tecnico per sfruttare il Superbonus. Mi è stato detto che avevo diritto a ristrutturarlo quasi gratis poiché mi era stata prospettata la spettanza di 3 bonus per le opere sulle parti comuni, detraibili al 110%, e ad altri 3 per i lavori di completamento interno. Sulla base di queste informazioni ho sottoscritto un contratto d’appalto prevedendo lo sconto in fattura in misura proporzionale al plafond prospettatomi. Avviate le opere però, la banca mi ha comunicato che il plafond per le opere interne non mi spetta, lasciandomi in serie difficoltà economiche. E per fortuna che me lo ha comunicato almeno la banca! Vorrei sapere chi ha sbagliato e come fare per essere rimborsato.

Determinazione dei plafond di spesa

Se si potesse fare una mappatura dei rischi legati al Superbonus andrebbero messi in colore rosso, al primo posto, quelli derivanti dall’inquadramento dell’edificio, con tutto ciò che ne consegue.

Il quesito non specifica se si tratta di un intervento di demolizione e ricostruzione oppure di uno di “recupero” edilizio. Nelle due fattispecie cambiano profondamente i ragionamenti che devono essere fatti per arrivare a capire “chi ha sbagliato” e quale sia il plafond realmente applicabile.

In termini generali si può affermare che la cumulabilità tra il plafond sulle parti comuni, che sono oggetto di autonoma previsione agevolativa, e il plafond sulle singole unità, è stata riconosciuta dall’Agenzia delle Entrate già nel 2007 e più volte confermata da recenti documenti di prassi (risposta ad interpello 806/2021). Ma questa possibilità va abbinata con il principio “assorbente”, introdotto dalla Circolare 57/1997 e richiamato anche nella Circolare n. 17/E/2023, in base al quale l’intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati.

Insomma, un principio stabilisce che il plafond sulle parti private spetta in modo disgiunto, mentre l’altro precisa che tutto deve rientrare nel limite di spesa relativo al lavoro sulle parti comuni se vi è correlazione tra gli interventi. In sintesi, i plafond parti private e parti comuni possono convivere, ma i lavori collegati all’intervento di categoria superiore eseguiti nelle parti private erodono comunque il plafond parti comuni; se invece gli interventi sulle singole unità sono autonomi, allora essi accedono a un plafond a sé.

Occorre ricordare, a tal proposito, che è sempre il contribuente a dover fornire adeguata dimostrazione dell’autonomia degli interventi, contabilizzando distintamente le spese, cosa non semplice se l’intervento è di recupero dell’esistente poiché, computo metrico alla mano, occorre valutare una ad una le lavorazioni effettuate.

In caso di demolizione e ricostruzione invece la prudenza porta a dire che ogni lavorazione sia in un modo o nell’altro collegata e quindi che sia da escludere la possibilità di beneficiare di un massimale a sé stante per opere sulle parti private. In tal senso è opportuno tenere a mente gli insegnamenti contenuti nella risoluzione 147/2017 e nella Circolare n. 28/E/2022, in base ai quali l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il plafond deve essere considerato unico se l’intervento è “unitario” e se è abilitato da un unico provvedimento urbanistico.

Le responsabilità in caso di erronea determinazione del plafond

Non è semplice, in questa fattispecie, nemmeno tracciare il cerchio delle responsabilità, tantomeno “essere rimborsati”.

Il Legislatore non ha mai specificato quale sia il soggetto responsabile dell’inquadramento dell’edificio, né della determinazione del plafond di spesa e quindi, come più volte ricordato, assume particolare rilievo la regolamentazione degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti.

Mentre nell’ambito degli interventi riconducibili all’Ecobonus il tecnico asseveratore è tenuto almeno ad elencare il numero di unità immobiliari ed i relativi sub, nel Sismabonus l’argomento è terra di nessuno.

Il progettista strutturale infatti è chiamato ad asseverare nel mod. B la congruità “della spesa ammessa a detrazione” con riferimento a un prezziario ufficiale, dichiarando altresì “il costo complessivo dell’intervento”, ma non dell’intervento “agevolato”.

Poi il direttore dei lavori strutturali e il collaudatore non fanno altro che confermare la corretta esecuzione dell’intervento (in termini di congruità delle somme rispetto al “risultato conseguito”, mod. B-1 Sismabonus) e, in sintesi, certificano i relativi pagamenti a SAL.

Nessuno, quindi, tra i tecnici dotati di polizza di RC Superbonus (quella prevista all’art. 119, comma 14, D.L. n. 34/2020), entra nel merito della “condominialità” dell’edificio e tantomeno dichiara in modo esplicito i massimali di spesa.

Una via d’uscita per i tecnici asseveratori, che si distanziano dalle “colpe”. Una potenziale insidia per i Committenti, poiché in caso di errori, ricadranno su di loro (e sul professionista che appone il visto di conformità ai sensi dell’art. 39, c. 1, lett. a D.Lgs. 241/1997), tutte le responsabilità.

I tecnici asseveratori, dunque, è molto probabile che rimangano indenni da pretese risarcitorie connesse all’erroneo inquadramento dell’edificio o del plafond. Anche ove ricevessero contestazioni sul loro operato, sarebbero tenuti ad azionare la loro polizza di RC “base”, non essendo ravvisabili errori riconducibili alle asseverazioni ingegneristiche di loro competenza (coperti, solo quelli, dalle polizze RC “Superbonus”).

In sede di giudizio potrà essere ravvisata con più facilità una responsabilità del Direttore dei lavori generali (quello indicato nella CILAS per intenderci), poiché è sempre vero (salvo prova contraria) che il DL “non può non conoscere” la natura del fabbricato e anche gli aspetti contrattuali posti a base dell’appalto.

Nella specifica situazione descritta si ritiene pertanto che, in assenza di particolari impegni assunti nel mandato professionale, non si possano ravvisare responsabilità implicite a carico dei professionisti asseveratori, a differenza di quanto avviene per il direttore dei lavori, che pertanto è opportuno possieda una polizza di RC con massimale adeguato per coprire eventuali richieste risarcitorie connesse - anche - a fattispecie di contenziosi riconducibili i bonus edilizi.

A tale proposito è utile ricordare che il massimale di responsabilità civile è sempre inteso, in termini assicurativi, “per sinistro” e/o “per periodo assicurativo”, ovvero normalmente per anno. Quindi se, in futuro, nel periodo assicurativo in corso, dovessero emergere più sinistri e dovessero essere ravvisate più colpe a carico dell’assicurato, la polizza lo manterrà indenne fino al raggiungimento del massimale, e non oltre.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

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