Superbonus 110-90%: come fare se alcuni condòmini cambiano idea?

Ci sta, dopo “il fattaccio” del 25 novembre, che alcuni condòmini si scoraggino, soprattutto se avevano dato l’ok ai lavori pensando di non spendere nulla.

di Cristian Angeli - 22/11/2022

Capita, soprattutto nei grandi condomìni, che non tutti abbiano lo stesso interesse ad eseguire i lavori di efficientamento energetico o antisismico dell’edificio, o le stesse possibilità.

Qualcuno potrebbe non avere soldi, altri potrebbero possedere appartamenti nel caseggiato senza abitarli. Può essere che abbiano dato il proprio assenso alla ristrutturazione solo perché, grazie al 110%, pensavano di aumentare il valore delle proprie unità immobiliari senza spendere nulla, o quasi.

Ora le cose cambiano.

I condomìni che hanno già deliberato i lavori (o che lo faranno entro il 24 novembre) ma che non riusciranno a depositare la CILAS entro il 25 novembre (questo venerdì) si troveranno infatti, automaticamente, a non poter più beneficiare della detrazione al 110%, ma al 90%. E protocollare una CILAS in pochi giorni, completa di tutti gli allegati, non è semplice.

Sbaglia chi minimizza dicendo che la differenza che va “in accollo” ai proprietari è soltanto del 20% (110-90=20%). O meglio, è vero solo per quei condòmini che scelgono la via della detrazione diretta. Per chi invece spera (o sperava) di cedere il credito (magari a un soggetto privato e non a una banca) devono essere considerati anche gli oneri finanziari per la cessione del credito, peraltro sempre più elevati.

Prima del blocco della cessione dei crediti, era possibile considerare un “tasso di cessione” del 15%. Chi spendeva 100mila euro si trovava “scoperto”, quindi, per 6.500euro (100.000*1.1*0.85=93.500euro). Oggi con le modifiche apportate dal Decreto Legge n. 176/2022 (Decreto Aiuti quater) e l’utilizzo dei crediti in 10 anni, oltre alla percentuale del bonus, cambierà anche il tasso di cessione. È possibile ipotizzare un tasso del 70% lasciando scoperto chi sostiene le spese per 37.000euro (100.000*0.90*0.7=63.000euro). Una somma quadrupla rispetto all’importo dei lavori al netto della detrazione 90% (100.000*0.10= 10.000 euro).

A ciò vanno aggiunti i rischi, sia quelli di cantiere, sia quelli derivanti da una normativa sempre mutevole e incerta.

È normale dunque che qualcuno ci ripensi.

Tutto dipende dalla delibera assembleare

Nei grandi condomìni le divergenze di opinioni sono frequenti. Queste divergenze sono, però, facilmente gestibili se le delibere assembleari sono ben fatte.

Ad esempio se, per mancata presentazione della CILAS entro il 25 novembre, il beneficio fiscale connesso ai lavori passasse dal 110 al 90%, la corrispondente delibera che li autorizzava e che - correttamente - esplicitava il riparto della spesa su ogni condomino in funzione dei relativi millesimi, può essere annullata.

Si ricorda infatti che le deliberazioni adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata nei modi previsti dall'art. 1137 C.C.. Pertanto anche un solo condomino potrebbe impugnare la delibera - entro 30 giorni dalla data dell’assemblea - e così bloccare i lavori.

È giusto chiedersi però quale sia il condòmino che ha interesse ad annullare una delibera di questo tipo andando, di fatto, contro ai propri interessi e sopportando i rischi connessi a una causa di impugnazione.

Ma non è detto che la delibera sia sempre completa di tutti gli elementi necessari per identificare i lavori, anche perché non è esplicitato in nessun documento di prassi fiscale quali siano i contenuti minimi di un verbale condominiale con cui si autorizza l’accesso al Superbonus.

Ciò che è importante è che i lavori “siano validamente deliberati”, come indicato anche dall’Agenzia delle Entrate nell’interpello 23/E/2022 che recita “Ai fini dell'applicazione del Superbonus è, infatti, necessario che i lavori astrattamente rientranti nel perimetro dell'agevolazione siano validamente deliberati dall'assemblea condominiale.

Diverso il caso in cui, per accedere al Superbonus, venga impropriamente utilizzata una delibera “nulla” o non inerente ai lavori di ristrutturazione dell’immobile. In tal caso la nullità può essere fatta valere in qualunque momento, anche dopo i 30 giorni dalla data dell’assemblea (“…nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse…”, Cass. 14 aprile 2021 n. 9839).

Come fare se alcuni condòmini cambiano idea

Se una parte dei condòmini esprime dissenso nell’eseguire i lavori a causa del passaggio della detrazione dal 110 al 90%, è rischioso andare avanti poiché, ove la delibera venisse impugnata, il cantiere potrebbe essere bloccato e, in tal caso, salterebbe qualunque detrazione fiscale.

Pertanto, di fronte alla reale esigenza di intervenire con lavori di manutenzione, a fronte del rischio di perdere i benefici fiscali, la strada “ufficiale” sarebbe quella di rivolgersi al giudice. I comproprietari che intendono fare i lavori potrebbero invocare infatti le tutele previste dall’art. 1105 del Codice Civile “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria”.

Ma le tempistiche non sono assolutamente compatibili con il calendario del superbonus che, per i condomìni, lo ricordiamo, prevede che i pagamenti vengano eseguiti entro il 31/12/2023 per fruire dell’attuale 90%, con un décalage per gli anni successivi fino al 31/12/2025.

Certi lavori possono essere eseguiti anche se alcuni condòmini cambiano idea

In alcuni casi i lavori, ad esempio quelli sulle parti strutturali, possono essere eseguiti anche senza la piena volontà condominiale.

Infatti sappiamo che i lavori antisismici devono essere sempre riferiti all’unità strutturale, nell’ambito di un progetto unitario. Questo concetto lo ha chiarito molto bene la Commissione di Monitoraggio del Sismabonus con parere Prot. n. 8047 del 21/10/2020 “Ai fini dell’applicazione del “Sismabonus” o del “Super sismabonus” più che all’unità funzionalmente indipendente bisogna fare riferimento all’unità strutturale (US) chiaramente individuabile secondo le NTC 2018”.

Quindi, in termini generali, se i lavori riguardano un’unità strutturale che comprende due o più alloggi di diversi proprietari sarà necessario prendere in esame l’intero palazzo (progetto unitario) con rilievi geometrici e materici (spessore muri, orditure solai, carichi e sovraccarichi) anche delle unità immobiliari non oggetto di interventi, con il fine di dimostrare che le opere da compiersi per volontà dell’uno non “peggiorino”, ma anzi migliorino, le strutture complessive, che sono di tutti.

Questo principio affonda le sue radici nell’art. 1102 del Codice Civile, ai sensi del quale “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”

Di fronte a una reale esigenza, pertanto è consentito a uno dei condòmini apportare “modificazioni” alle parti strutturali, purché non ne venga alterata la destinazione e non vengano lesi i diritti (presenti e futuri) degli altri comproprietari.

Il caso dei condomìni orizzontali (le villette a schiera)

La Commissione di Monitoraggio, con parere prot. n. 7035 del 13 luglio 2021, ha introdotto una deroga alla regola generale del “progetto unitario”. Tale deroga riguarda le “villette a schiera”, con riferimento alle quali è stato detto “a maggior chiarimento del parere del 21/10/2020, rientrano tra gli interventi agevolabili anche gli “interventi di riparazione o locali” realizzati su una villetta a schiera.”

Ne deriva quindi che nei condomini a sviluppo orizzontale, laddove non sia possibile eseguire un intervento complessivo di ristrutturazione o di manutenzione, il singolo proprietario di una unità immobiliare potrebbe eseguire opere sulla “sua parte” di struttura. Ad esempio potrebbe rifare il tetto, aprire porte e finestre, realizzare sottofondazioni, poiché questa tipologia di lavori rientrano tra gli interventi locali.

La ratio è chiara. Trattandosi di edifici a sviluppo orizzontale gli interventi eseguiti su una porzione di struttura, se di modesta entità, difficilmente avranno ripercussioni complessive. Dal punto di vista civilistico, però, va prestata attenzione al decoro dello stabile, che è anch’esso un bene comune e che non va mai alterato senza il consenso dell’assemblea.

Il caso dei condomìni a sviluppo verticale (le palazzine)

Il caso dei condomìni a sviluppo verticale è diverso dal precedente. Non ci sono deroghe espresse dalla Commissione e, inevitabilmente, il lavoro dell’ingegnere dovrà prendere in esame l’intera struttura, da cielo a terra. Consideriamo un esempio tipico: edificio composto da due unità immobiliari sovrapposte con quote di proprietà al 50%.

Il proprietario dell’appartamento all’ultimo piano, può “rifare il tetto” fruendo del sismabonus, se il condòmino del piano terra non partecipa o si oppone all’iniziativa?

Se l’intervento prevede la modifica di singole parti strutturali (sostituzione di alcune travi ammalorate, dell’orditura secondaria, rifacimento dei cornicioni, etc), la risposta è tendenzialmente affermativa, può farlo. Difficile generalizzare ma, se si tratta di modifiche parziali che non mutano la destinazione della cosa e non alterano il decoro, è ben difficile uscire dal perimetro dettato dall’art. 1102 del Codice Civile.

Se invece l’idea fosse quella di trasformare l’intera copertura, le cose si complicano. Pur essendo sempre opere ascrivibili alla categoria degli interventi locali, il comproprietario un domani potrebbe contestare l’illegittima innovazione di una parte comune (Cass. civ. sez. II, 8 gennaio 2021, n. 97), con conseguenze non solo sul piano civile (richiesta danni o riduzione in pristino delle opere realizzate), ma anche di legittimità del titolo edilizio che ha aperto la strada ai bonus fiscali.

Lo strano caso dei condomìni “misti” (gli aggregati edilizi)

Un condominio può essere definito “misto” quando non è né a sviluppo orizzontale e né a sviluppo verticale, ovvero quando è un po' l’uno e un po' l’altro. Pensiamo ai palazzi dei centri storici, in cui i progressivi frazionamenti e accorpamenti delle varie unità immobiliari determinano spesso “compenetrazioni” di stanze all’interno della sagoma degli appartamenti circostanti.

In questi contesti la Commissione di Monitoraggio, con parere num. 4/2021 ha spiegato che “la messa in atto di interventi locali, se ben realizzati, consente di raggiungere, senza dover espletare la verifica sismica complessiva dell’intero aggregato o delle singole Unità Strutturali in cui occorrerebbe tener conto anche delle interazioni con le unità strutturali adiacenti, una riduzione del rischio sismico”.

Quindi anche in questo caso il singolo condòmino potrebbe eseguire” interventi locali” senza necessità di coinvolgere gli altri proprietari.

Se quindi si tratta di modifiche interne (rifacimento di solai di interpiano, apertura di porte, etc) non ci sono problemi, né tecnici né civilistici.

Se invece torniamo all’esempio del tetto, o delle modifiche alla facciata, ovvero di lavori che riguardano parti comuni “sensibili”, occorre il consenso esplicito dei condòmini.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

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