Superbonus 110%: la proroga che non proroga

Il comparto delle costruzioni non chiede una "proroga" per il superbonus ma solo di concludere i cantieri in corso con l'aliquota del 110%

di Gianluca Oreto - 15/12/2023

In questo strano teatrino che riguarda la coda finale del superbonus 110% sembra ci sia un aspetto poco chiaro alla classe politica in questi giorni impegnata a valutare e trovare una soluzione per tutti quei cantieri avviati e rimasti invischiati nel blocco della cessione dei crediti edilizi.

Superbonus e cessione del credito: 29 correttivi

Un aspetto strettamente legato alle disposizioni normative susseguitesi nel corso di questi 3 anni e ai tempi dell'edilizia. Dalla prima formulazione degli articoli 119 e 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), ovvero quelli che hanno messo a punto il bonus 110% e il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito), Governo e Parlamento sono intervenuti con 29 distinti provvedimenti di modifica che nella maggior parte dei casi sono entrati a gamba tesa su contratti e lavorazioni in corso.

Con la pubblicazione del Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter), neanche un fine conoscitore avrebbe potuto aspettarsi che da quel fatidico 27 gennaio 2022 il comparto delle costruzioni ne sarebbe uscito con le ossa rotte, le tasche vuote e i cassetti fiscali pieni. Dall'oggi al domani, come funziona in caso di disposizioni approvate mediante i Decreti Legge, il comparto delle costruzioni si è trovato invischiato all'interno di un sistema in cui:

  • i contribuenti avevano firmato contratti per intervenire sui loro immobili mediante sconto in fattura (a stati di avanzamento);
  • professionisti e imprese si erano impegnati ad avviare progettazioni ed interventi sulla base di una liquidità che sarebbe arrivata in corso d'opera mediante la cessione delle detrazioni indirette (ovvero successive allo sconto).

Il blocco della cessione

Un sistema che è andato avanti, quasi indisturbato, almeno fino alla metà del 2022 e che poi è completamente esploso a seguito della chiusura dei player impegnati nell'acquisto dei crediti fiscali (Cassa Depositi e Prestiti, Poste Italiane e le principali banche italiane).

A seguito del blocco della cessione qualche impresa, autofinanziandosi mediante altri cantieri, è riuscita ad onorare gli impegni presi. Altre, invece, si sono ritrovate con scoperti finanziari necessari per l'acquisto dei materiali (spesso acquistati in blocco e messi a deposito in magazzini locati per l'occasione) e per pagare gli operai, e senza alcuna possibilità di convertire i crediti.

Una situazione che è andata avanti nella speranza di uno sblocco dei crediti mai arrivato (se non consideriamo le proposte indecenti e l'apertura di Poste limitata ai privati per piccoli tagli).

La differenza tra proroga e completamento lavori

In questa situazione, come detto, sembra che la classe politica (o almeno quella al Governo) non comprenda la differenza tra le proroghe del superbonus messe in atto negli ultimi anni e la richiesta di aiuto di contribuenti e imprese che vorrebbero solo essere messi nelle condizioni di completare i cantieri in corso per ritrovare quella serenità ormai perduta.

La richiesta, in questo caso, non è estendere l'orizzonte temporale di utilizzo del superbonus a tutti ma consentire almeno l'utilizzo della detrazione al 110% (anziché al 70% come prevede la norma a partire dall'1 gennaio 2024) per tutti quei cantieri che hanno raggiunto una percentuale minima di completamento (ballano due soglie: 30 e 60%).

Altra soluzione (che in realtà non risolve completamente in problema) potrebbe essere quella di concedere una deroga alle previsioni di cui all'art. 121, comma 1-bis del Decreto Rilancio e, quindi, consentire l'utilizzo delle opzioni alternative su un SAL straordinario inferiore al 30%.

Al momento, almeno dalle dichiarazioni delle forze di maggioranza (all'interno della quale non figura più, su questo tema, Forza Italia), sembrerebbe che al Governo siano completamente sordi alle richieste di aiuto e all'allarme delle parti sociali, privilegiando la cura dei conti dello Stato all'attenzione che si dovrebbe avere verso quei contribuenti che fatto un unico errore: fidarsi dello Stato.

La partita non è ancora chiusa e si giocherà prima nella Legge di Bilancio che approderà al Senato il prossimo 18 dicembre o, nel caso in cui non si trovi un accordo, nel consueto Milleproroghe di fine anno (che porta in dote tutte le problematiche e dubbi connessi al Decreto Legge). Sempre troppo tardi!

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