Variante illegittima, ANAC interviene in un caso di gravi violazioni

L'Autorità ricorda che, in caso di concessione, una variante che tenga conto delle esigenze del concessionario e non dell'interesse pubblico è illegittima

di Redazione tecnica - 04/10/2022

Sono gravi le violazioni che ANAC ha riscontrato in capo a un’Amministrazione in relazione ai lavori di riqualificazione di un'area data in concessione, un'opera incompiuta e sulla quale sono state sprecate ingenti risorse. In particolare, l’Autorità, con la Delibera del 14 settembre 2022, n. 431, ha riscontrato l'approvazione illegittima di una variante, oltre che pesanti ritardi nella realizzazione, non imputabili alla pandemia o ad ulteriori circostanze imprevedibili.

Approvazione illegittima di una variante: la delibera ANAC

Nel caso in esame, un Comune aveva sottoscritto una Convenzione per la concessione di parte di un complesso da riqualificazione con un RTI, a cui era subentrato una società di progetto. Il valore complessivo delle opere da realizzare era pari a 142 milioni di euro, con un corrispettivo una tantum di 7 milioni di euro già versato e di un canone annuo di 165mila euro a decorrere dal SAL al 30%.

Le opere dovevano essere eseguite entro 36 mesi dalla comunicazione dell’approvazione della progettazione esecutiva cantierabile. Nonostante il progetto definitivo fosse stato approvato nel maggio 2009, non sono giunte notizie sulla progettazione esecutiva. A partire dal 2012, sono state formalizzate due varianti innovative ed è stata modificata anche la composizione sociale della società di progetto.

Da qui l'indagine ANAC, con la quale ha rilevato che i lavori sono fermi da oltre 5 anni e che è stata realizzata solo una parte delle opere, pari a un valore di 38 milioni di euro, corrispondenti a circa il il 25,7% del totale.

L'Autorità ha contestato le seguenti criticità:

  • Il grave ritardo nella esecuzione dell’opera, da completare entro dicembre 2015, invece, ad oggi, realizzata solo nella misura del 25,7%. Tali ritardi non appaiono giustificabili con la situazione pandemica o con le complessità burocratiche connesse alla seconda variante, in gran parte successive ai tempi di esecuzione previsti;
  • La perdita dei requisiti speciali (SOA) e la sostanziale estromissione di un socio operativo, che ha condotto all’affidamento dell’esecuzione delle opere esclusivamente a un altro componente del gruppo, in violazione della convenzione e dell’obbligo di continuità nel possesso dei requisiti di qualificazione dell’esecutore.
  • L’adozione di una serie di atti contrattuali a modificare la composizione della società di progetto, di fatto, trasferendo a terzi la società di progetto e le fasi di progettazione e realizzazione dell’opera, in violazione dell’art. 37quinquies co. 1ter, quarto periodo, L. 109/94, dell’art. 156 d.lgs. 163/2006, nonché degli art. 8 e 20 della convenzione.
  • L'illegittimità della seconda variante, che non risponde a nessuna esigenza del concedente e che non è stata ricondotta a nessuna delle tassative ipotesi previste dalla normativa di riferimento. La variante, infine, seppur approvata dall’amministrazione concedente, non è stata contrattualizzata e ha dato luogo ad una serie di contenziosi (anche di natura penale).

Tale variante è stata richiesta dal concessionario quindi dal Raggruppamento di imprese, al fine di adeguare l’opera alle mutate esigenze del mercato, per garantire il recupero dell’investimento; essa ha comportato l’ampliamento delle aree date in concessione, rispetto a quelle destinate ad uso pubblico e ha elevato il valore del contratto di oltre il 60%, rispetto a quello iniziale passando a 233 milioni dai 142 iniziali.

La concessione, l'interesse pubblico dell'opera e le mutate esigenze di mercato

Nel valutare il caso, ANAC ha ricordato che in un contratto di concessione di opere pubbliche, il rischio del recupero dell’investimento è valutato in sede di offerta ed è assunto dal concessionario sulla scorta delle condizioni (es.: opera, mercato, modalità di gestione) poste a base di gara. Pertanto, il mutamento delle condizioni di mercato, soprattutto tenuto conto della durata mediamente lunga di una concessione, è elemento fisiologico del rapporto che non giustifica ex se una modifica della concessione.

In questo caso le parti non hanno indicato la fattispecie tra quelle previste dalla norma che potesse giustificare l’adozione della variante. Per altro, la richiesta di variante è stata formulata dal concessionario nel 2013, quando i lavori avevano subito già un gravissimo ritardo, motivo per cui le mutate esigenze del mercato appaiono comunque in larga parte imputabili ai ritardi accumulati dal concessionario.

Inoltre l’adozione della variante è legata al perseguimento di un interesse pubblico: sul punto ANAC osserva che non va confuso l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera (rimasta immutato nel tempo) con l’interesse pubblico alla realizzazione e al godimento di un’opera diversa, rispetto a quella originariamente posta a base di gara: solo quest’ultima eventualmente giustificherebbe l’adozione di una variante. Per altro, la progettazione esecutiva della seconda variante, approvata con determina dirigenziale, è stata poi contrattualizzata, rendendo ciò oggettivamente grave e ingiustificabile da parte dell’Amministrazione.

Le conclusioni di ANAC

Sulla base dei rilievi e delle osservazioni, ANAC ha rilevato che la variante è ingiustificata e appare tesa a soddisfare esigenze del concessionario, consistenti nel recupero dell’investimento mediante la successiva gestione dell’opera. Tali mutate esigenze sarebbero imputabili alla valutazione di differenti condizioni di mercato, che avrebbero consentito al concessionario il recupero dell’investimento (che è rischio assunto dal concessionario).

Non solo: non sussistendo una diversa valutazione dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, secondo l’amministrazione non ci sarebbero i presupposti dell’autotutela annullatoria o revocatoria, motivo per cui l’eventuale risoluzione contrattuale darebbe luogo a un contenzioso rilevante, laddove i lavori sono fermi da quasi 6 anni e ciò sembra solo compromettere il primario interesse pubblico alla realizzazione dell’opera.

Quindi secondo l’Autorità:

  • la seconda variante aggiuntiva non è conforme alla normativa di riferimento, anche contrattuale, a base della concessione;
  • sussiste una criticità non giustificabile costituita dal grave ritardo accumulato nella realizzazione dell’opera, anche in conseguenza della seconda variante aggiuntiva;
  • la variazione soggettiva della società di progetto, consistente nell’estromissione del socio esecutore non è conforme alla normativa di riferimento, anche contrattuale, a base della concessione;
  • il contratto preliminare di cessione di quote sociali e il contratto di subconcessione non sono conformi alle prescrizioni contrattuali poste a base della concessione.

Di conseguenza, risulta inammissibile e illegittima una variante che modifichi in modo sostanziale l’opera originaria. In questo caso è necessario procedere con un nuovo affidamento.

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