I Presidenti degli Ingegneri e dei Periti industriali italiani rispondono all'Antitrust

In riferimento alla segnalazione del Presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella sulla liberalizzazione delle professioni e gli ostacoli causati dalla per...

08/10/2012
In riferimento alla segnalazione del Presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella sulla liberalizzazione delle professioni e gli ostacoli causati dalla permanenza di riferimenti normativi legati alla "adeguatezza" del compenso del professionista rispetto al "decoro professionale" e alla "importanza dell'opera" (leggi news), la nostra redazione ha richiesto la posizione ufficiale dei Presidenti delle principali categorie tecniche (Architetti, Ingegneri, Geologi, Geometri, Periti).
Venerdì scorso abbiamo pubblicato la risposta di Gianvito Graziano, leader dei Geologi italiani, che ha avuto positivi riscontri sia nei commenti alla notizia che su Facebook.
Pubblichiamo oggi le posizioni del Presidente del Consiglio nazionale degli Ingegneri Armando Zambrano (nella foto) e del Presidente del Consiglio nazionale dei Periti industriali Giuseppe Jogna, mentre siamo in attesa di conoscere il pensiero dei Presidenti del Consiglio nazionale degli Architetti, Leopoldo Freyrie, e dei Geometri, Fausto Savoldi.

La risposta di Armando Zambrano, Presidente del Consiglio nazionale degli Ingegneri
Noi professionisti pensavamo che il furore ideologico contro le professioni, accusate di essere la palla al piede nella corsa all'efficienza ed alla concorrenza del nostro Paese, si fosse logicamente esaurito, con i recenti e completi provvedimenti assunti dal Parlamento e quindi dal Governo, da ultimo con il DPR 137 dello scorso agosto.
Queste norme acclarano la differenza rispetto alle imprese delle professioni intellettuali, di cui si riconosce la funzione sociale, la necessità di autonomia e di libertà di pensiero e l'importanza del rispetto delle regole etiche e deontologiche, a tutela dei cittadini.
Siamo rimasti quindi stupiti delle recenti esternazioni dell'Autorità di Vigilanza sulla concorrenza, che tenta di rimettere in discussione proprio alcuni principi recentemente approvati.
In fondo non ci preoccupa il contenuto delle osservazioni, di per sé oggettivamente astruse.

Anche il "pericolo" della reintroduzione delle tariffe di riferimento, ad esempio, è del tutto incomprensibile.
Infatti, abbiamo sostenuto, e sosteniamo, che esse, invece, siano necessarie ad esclusiva tutela del cittadino-utente, al quale, essendo vietate, viene esclusa la possibilità della conoscenza preventiva del valore di massima della prestazione (e delle sue modalità esecutive, in termini di qualità e quantità), che possa meglio garantirlo nella determinazione, del tutto libera, del compenso. Nessuno di noi, infatti, propone la reintroduzione di tariffe obbligatorie.
Così come appare decisamente in contrasto con principi cardine ed ineludibili della nostra (ma di qualunque) civiltà, il pretendere che l'attività professionale intellettuale non debba essere svolta (e remunerata) in maniera dignitosa e decorosa.
Immaginiamo solo cosa succederebbe se le stesse affermazioni si riferissero ad altre categorie di lavoratori…

Ci preoccupa, invece, altro: che l'Autorità riapra contenziosi che negli anni passati hanno rallentato le attività di ammodernamento delle nostre professioni e che oggi, definito il quadro normativo, stiamo decisamente, in modo unitario, portando avanti, con regole interne rispettose dei principi della concorrenza.
D'altra parte, il nostro Paese potrà uscire dalla crisi solo affidandosi alle professioni, portatrici di conoscenze innovative e flessibilità occupazionali, attesa le difficoltà fortissime dei desueti riferimenti storici capitale-lavoro (alias imprese e sindacati).
Ma soprattutto siamo preoccupati che l'Autorità non si occupi delle vere palle al piede di questo Paese, che operano in palese contrasto con principi di liberalizzazione e concorrenza, dalle banche alle assicurazioni, dalle società pubbliche e dalle università che assumono incarichi senza gare, dagli sprechi ed inefficienze di regioni e provincie, dalle società fornitrici di energia, che operano in regime di oligopolio, etc..

Ci viene il sospetto che continuare a colpire le professioni mascheri l'incapacità di intervenire dove è veramente necessario.
Ma una domanda sorge spontanea: perché l'Autorità, così attenta alle questioni delle professioni, non sollecita al Ministero della Giustizia (lo scrivente l'ha già fatto, a nome del PAT - Professioni Area Tecnica) l'emanazione del Regolamento sulle società professionali, senza il quale esse non possono essere costituite, pur essendo un elemento fondamentale per l'efficienza e la liberalizzazione delle professioni?


La risposta di Giuseppe Jogna, Presidente del Consiglio nazionale dei Periti industriali
Credo siano ampiamente visibili i risultati a cui ha portato la fanatica voglia di eliminare dal vocabolario italiano il termine "tariffe professionali" ed il bello deve ancora venire.
Per quanto riguarda l'accanimento sul riferimento all'adeguatezza del compenso all'importanza dell'opera ritengo che l'Antitrust dovrà rassegnarsi, mi sembra l'unico significativo aggancio al concetto del prezzo con la qualità della prestazione.
Per salvaguardare l'interesse generale dovremo pensare a rendere obbligatorio l'adeguamento delle prestazioni - perlomeno le più significative - a standard minimi di qualità riconosciuti ufficialmente.
Spero vivamente che chi ha il potere comprenda che non siamo di fronte al mercato delle banane dove la concorrenza spietata può portare qualche beneficio ai consumatori.


A cura di Gianluca Oreto
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