Equo compenso e Decreto parametri: che confusione!

Sull'obbligo di applicazione del cosiddetto decreto Parametri per la determinazione dell'importo a base d'asta nelle gare di aggiudicazione dei servizi di ar...

08/10/2019

Sull'obbligo di applicazione del cosiddetto decreto Parametri per la determinazione dell'importo a base d'asta nelle gare di aggiudicazione dei servizi di architettura e ingegneria, ho già speso fiumi di parole che (sembra) non siano stati recepiti da chi ancora oggi grida allo scandalo alla pubblicazione delle tante sentenze del TAR che trattano l'argomento "equo compenso".

Dobbiamo chiarire subito una differenza: i principi stabiliti dall'art. 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172), che ha previsto il principio dell’equo compenso alle prestazioni professionali a favore della pubblica amministrazione, definendo come vessatorie le clausole del contratto di affidamento che consentano di pretendere prestazioni a titolo gratuito, sono completamente diversi dall'obbligo (per le stazioni appaltanti) previsto dall'art. 24, comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) che, con specifico riferimento ai servizi di architettura e ingegneria, ha previsto l'utilizzo del decreto parametri per la determinazione dell'importo da porre a base di gara.

La diversità tra i due concetti non è neanche sottile e offre anche basi solide per comprendere l'ultima sentenza emessa dal TAR del Lazio (n. 11411/2019), che ha considerato legittimo l'avviso pubblico del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) del 27 febbraio scorso, nel quale si chiedeva la manifestazione di interesse per incarichi professionali di consulenza a titolo gratuito (leggi articolo). Basi che, purtroppo, non sono state sufficientemente comprese, rischiando di alimentare la confusione anche nell’ambito dell’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria.

Sul tema ho intervistato il Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Rino La Mendola, che ha seguito l’evoluzione normativa in merito all’argomento, anche nel ruolo di Coordinatore del Tavolo “Lavori Pubblici” della Rete delle Professioni Tecniche.

Qual è il suo giudizio sulle sentenze che rischiamo di compromettere l’efficacia della cosiddetta legge sull’equo compenso?

Sono fortemente critico, in quanto la recente sentenza del TAR del Lazio, non è la prima pronuncia della Giustizia Amministrativa che troppo spesso tende a giustificare il comportamento di amministrazioni pubbliche, che affidano a titolo gratuito consulenze ed altri tipi di incarichi professionali, in barba ai principi dell’equo compenso ed ai più elementari principi di trasparenza.

Facendo riferimento a queste sentenze, parecchie stazioni appaltanti spesso non applicano il decreto parametri per stimare l’importo a base di gara negli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria. Quali rimedi adottare?

Si, spesso i RUP fanno confusione tra la disciplina per l’equo compenso e le prescrizioni di cui all’art. 24 comma 8. Sono due ambiti diversi: la disciplina dell’equo compenso si applica a tutte le prestazioni professionali ed è preposta a garantire la qualità delle stesse prestazioni e la dignità dei professionisti, mentre l’art. 24 comma 8, si applica solo ai servizi di architettura e ingegneria e costituisce una norma inderogabile, finalizzata soprattutto a determinare l’importo a base di gara e ad individuare, conseguentemente, la procedura di affidamento, che varia con il variare dei corrispettivi. Quindi il RUP che calcola i corrispettivi da porre a base di gara, ignorando il decreto parametri (DM 17/6/2016), di fatto avvia una procedura illegittima, che rischia di provocare conseguenze penali e disciplinari. Infatti, sottostimando i corrispettivi da porre a base di gara, il RUP potrebbe ricorrere ad un affidamento diretto, in luogo di una procedura aperta. Il Consiglio Nazionale degli Architetti, quando - attraverso il proprio Osservatorio (ONSAI)- individua casi del genere, invita il RUP a superare le criticità rilevate ed in caso di mancata correzione del bando, procede alla segnalazione all’ANAC.

La trasparenza rischia di essere inficiata solo per la scelta della procedura o ci sono altre componenti?

Sappiamo bene quanto sia impegnativo, per uno studio professionale, la redazione di un Piano Regolatore, che peraltro inibisce, per tempi lunghi, il professionista incaricato a svolgere prestazioni professionali di committenza privata nello stesso ambito territoriale. Non credo che sia affatto comprensibile che un professionista possa produrre una prestazione professionale così impegnativa, a titolo gratuito, perdendo contestualmente la possibilità di intrattenere la propria clientela privata, sul territorio dello stesso comune. Eppure abbiamo registrato anche casi del genere, supportati anche da Sentenze di TAR o del Consiglio di Stato. Sia chiaro però che adesso, grazie alle modifiche introdotte al codice dei contratti dal D.Lgs. n. 56/2017, affidamenti del genere violano chiaramente l’art.24 comma 8 e sono pertanto da considerare illegittimi, al di là di ogni precedente orientamento giurisprudenziale.

Avete più volte dichiarato che le modifiche introdotte, al codice de contratti, dal “decreto correttivo” (D.Lgs. 56/ 2017), sono importanti. Siete soddisfatti dei risultati ottenuti?

Il decreto correttivo, modificando l’art. 24 comma 8, ha segnato una chiara inversione di tendenza del processo innescato, nel 2007, dal decreto Bersani e proseguito dal D.L. 1/2012, convertito in legge 27/2012; processo che aveva di fatto cancellato le tariffe in modo inesorabile, alimentando una pericolosa anarchia, che aveva prodotto casi eclatanti come quelli di Catanzaro (un PRG per un euro), che hanno a lungo mortificato la professionalità dei liberi professionisti, la qualità delle prestazioni professionali e i più elementari principi della trasparenza.

Ecco le novità introdotte dall’art.24 del codice, come modificato dal decreto correttivo:

  1. Con il comma 8, le stazioni Appaltanti devono (e non più possono) calcolare l’importo dei corrispettivi da porre a base di gara negli affidamenti di Servizi di Architettura e Ingegneria, facendo riferimento al cosiddetto “Decreto Parametri” (art.24 comma 8). Vengono dunque superate gran parte delle criticità prodotte, negli ultimi anni, dalle sopra citate norme (il c.d. Decreto Bersani e la L.27/2012) che, abolendo ogni riferimento certo per il calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara, hanno di fatto alimentato casi come quello di Catanzaro.
  2. Con il comma 8 bis, è stato introdotto il divieto per le stazioni appaltanti di subordinare la corresponsione dei corrispettivi spettanti ai professionisti al finanziamento dell’opera . Viene inoltre sancito che nella convenzione stipulata tra committente e professionista siano stabilite le modalità di pagamento dei corrispettivi ai professionisti incaricati, nel rispetto del “Decreto Parametri” e degli articoli 9 e 10 della vecchia tariffa, la L.143/49.

Ciò, di fatto ripristina i seguenti diritti del professionista:

  1. Il professionista ha diritto di chiedere al committente il deposito delle somme che ritiene necessarie in relazione all'ammontare presumibile delle spese da anticipare (art.9);
  2. Durante il corso dei lavori il professionista ha altresì diritto al pagamento di acconti fino alla concorrenza del cumulo delle spese e del 90 per cento degli onorari spettanti secondo la stessa tariffa per la parte di lavoro professionale già eseguita (art.9);
  3. Nel caso di giudizi arbitrali o peritali il professionista può richiedere il deposito integrale anticipato delle presunte spese e competenze (art.9);
  4. Il pagamento a saldo della specifica deve farsi non oltre i sessanta giorni dalla consegna della stessa: dopo di che sulle somme dovute e non pagate decorrono a favore del professionista ed a carico del committente gli interessi legali ragguagliati al tasso ufficiale di sconto stabilito dalla Banca d'Italia (art.9);
  5. La sospensione per qualsiasi motivo dell'incarico dato al professionista non esime il committente dall'obbligo di corrispondere l'onorario relativo al lavoro fatto e predisposto come precisato all’articolo 18 della stessa L.143/49 (onorario incrementato del 25%), rimanendo salvo il diritto del professionista al risarcimento degli eventuali maggiori danni, quando la sospensione non sia dovuta a cause dipendenti dal professionista stesso (art.10).
  6. Con l’art. 24 comma 8 ter, è stato introdotto il divieto per le stazioni appaltanti di affidare servizi di architettura e ingegneria a fronte di “forme di sponsorizzazione o di rimborso” in luogo del corrispettivo spettante ai professionisti.

Queste sono per noi conquiste storiche, da difendere con forza e determinazione, anche se siamo consapevoli che il percorso per “l’equo compenso” sia ancora lungo.

Avete pensato alle attività successive per conclamare i risultati raggiunti e per superare le criticità residue in merito all’argomento?

Rispetto a qualche anno fa, rileviamo, con soddisfazione, che oggi il quadro normativo prende in considerazione il tema dell’equo compenso sia a livello nazionale (con il codice dei contratti e con le leggi n°172 e 205 del 2017) che a livello regionale. In materia, hanno già legiferato, estendendo i principi dell’equo compenso alle prestazioni professionali rese a privati, la Toscana, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia. Tutto questo traccia un percorso lungo il quale c’è ancora tanto da fare.

Per rispondere alla domanda, ritengo che bisognerebbe intervenire, da un lato, nell’ambito delle prestazioni rese a committenza pubblica, modificando il codice dei contratti in modo da abbandonare del tutto il criterio del prezzo più basso e ridurre al minimo l’incidenza del prezzo negli affidamenti con l’offerta economicamente più vantaggiosa e, dall’altro, nell’ambito delle prestazioni rese a privati, puntando a criteri oggettivi per calcolare i corrispettivi spettanti al professionista, in relazione alle prestazioni rese alla committenza, stabilendo magari una forbice, al fine di alimentare la concorrenza e non incappare in procedure antitrust.

Proveremo adesso, unitamente alla Rete delle Professioni Tecniche, ad avviare un nuovo confronto costruttivo con il governo appena insediato, al fine di migliorare ancora il testo del codice dei contratti e delle norme per l’equo compenso, in modo da superare le criticità residue che impediscono il pieno raggiungimento dell’obiettivo di garantire la qualità delle prestazioni professionali e la dignità dei professionisti. Tutto ciò, salvaguardano contestualmente i tanti obiettivi già raggiunti.

Ringrazio il vicepresidente La Mendola per il prezioso contributo e lascio come sempre a voi ogni commento.

#unpensieropositivo

A cura di Ing. Gianluca Oreto

© Riproduzione riservata