Pertinenza in senso civilistico e urbanistico: le differenze dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato chiarisce la differenza tra il concetto di pertinenza in senso civilistico rispetto a quello più ristretto valevole in ambito urbanistico

di Redazione tecnica - 01/03/2021

Tettoie, pergolati e pertinenze sono forse gli argomenti più gettonati nei tribunali italiani. Sentenze quasi quotidiane intervengono su abusi edilizi, istanze di sanatoria e di condono (ferme decenni negli uffici tecnici dei comuni) e ordinanze di demolizione. Sentenze che hanno il pregio di chiarire alcuni punti oscuri della normativa edilizia.

Abusi edilizie e ordine di demolizione: nuovo intervento sulle pertinenze

Registriamo un nuovo intervento del Consiglio di Stato che con la sentenza n. 794 del 26 gennaio 2021 ci consente di approfondire alcuni interessanti “concetti” che riguardano la definizione di pertinenza.

Nel caso oggetto del nuovo intervento, dopo aver subìto una sentenza negativa dal TAR, il proprietario di alcuni manufatti ritenuti abusivi porta la documentazione al Consiglio di Stato. Sul tavolo dei giudici, l'ordinanza di demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi per un manufatto a destinazione residenziale e un piccolo manufatto in legno adibito a magazzino. Secondo il ricorrente i giudici di primo grado avrebbero fatto valutazioni errate soprattutto in merito a quella che riteneva fosse una pertinenza.

Pertinenza, spieghiamo bene

Proprio sulla pertinenza la sentenza del Consiglio di Stato fa una netta distinzione tra il concetto in senso civilistico e quella in ambito urbanistico. Quest'ultimo concetto, si legge nella sentenza, viene applicato a quelle costruzioni che assumono "una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente assoggettamento di esse al regime del permesso di costruire". Secondo quanto si legge nella descrizione degli immobili (definiti "piccolo fabbricato per civile abitazione" e "piccolo manufatto in legno adibito a deposito"), appare del tutto coerente, dicono i giudici, "ritenere che nessuno dei manufatti avesse le caratteristiche della pertinenza in senso edilizio, in quanto i due immobili hanno certamente una propria autonomia strutturale e funzionale e certamente hanno l’attitudine ad incidere in modo definitivo sull’assetto dei luoghi creando nuovo volume".

La mancata descrizione degli immobili abusivi

Non viene considerata l'accusa fatta dal ricorrente sulla mancata considerazione "della natura del manufatto". E i giudici non perdono molto tempo. Infatti, dicono, la descrizione dei manufatti è stata fatta nel verbale stilato dopo il sopralluogo della polizia municipale. Sono irrilevanti, e i giudici del Consiglio di Stato sono d'accordo con quelli del Tar, i materiali con cui sono stati realizzati. Conta di più la realtà delle cose e il fatto che si tratti di un magazzino abusivo che il ricorrente, erroneamente, definisce "un semplice armadio di legno poggiato sul terreno". Ma, specificano i giudici, il ricorrente non è riuscito a dimostrare, in maniera semplice e immediata, che si trattava di un mero oggetto di arredamento. Per questo il ricorso è stato respinto e confermata la sentenza del Tar.

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A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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