SHIVA: la macchina che consente di simulare cosa avviene nella sorgente di un terremoto

Sul sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è da poco visibile un esperimento spettacolare: un sofisticato apparato simile a un torni...

19/01/2010
Sul sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è da poco visibile un esperimento spettacolare: un sofisticato apparato simile a un tornio, costruito in Italia, imprime una rotazione ad alta velocità (3000 giri al minuto) ad un cilindro di roccia di qualche centimetro di diametro. Il cilindro è inoltre sottoposto a pressioni che troviamo a qualche chilometro di profondità nella crosta terrestre. In una frazione di secondo, l'apparato scarica sul campione una grande potenza, pari a quella consumata da 100 appartamenti. Il risultato non è la banale frammentazione e disgregazione della roccia che noi ci aspetteremmo, ma addirittura la sua fusione istantanea in lava incandescente.

Questo apparato sperimentale chiamato SHIVA, dalle iniziali di Slow to High Velocity Apparatus è da poco entrato in funzione nei laboratori del gruppo di Roma 1 (sezione di sismologia e tettonofisica) dell'INGV in via di Vigna Murata a Roma e rappresenta attualmente la più potente macchina al Mondo per effettuare esperimenti di frammentazione delle rocce utili a capire i processi meccanici che precedono e accompagnano lo scatenarsi dei più violenti terremoti della Terra. Infatti, SHIVA, grazie alle sue eccezionali prestazioni meccaniche riproduce in piccolo quelle tremende forze che portano all'attivazione delle faglie generatrici dei grandi terremoti.

A Giulio Di Toro, responsabile del gruppo sperimentale che studia questi fenomeni chiediamo innanzitutto come è possibile da un campione roccioso così piccolo dedurre delle informazioni su fenomeni così grandiosi, come i terremoti che spesso coinvolgono faglie lunghe diversi chilometri o addirittura decine e più di chilometri?

Beh, i campioni così piccoli danno delle informazioni che riguardano solo uno dei numerosi aspetti di quel complesso fenomeno naturale che sono i terremoti. Questi studi sperimentali devono essere infatti integrati da altre informazioni che ricaviamo dallo studio delle faglie naturali. Infatti, le onde sismiche (il terremoto) sono emesse durante la propagazione di una rottura lungo una superficie chiamata faglia, che nel caso di un terremoto medio -grande come quello del 6 Aprile del 2009 che ha colpito l'Abruzzo, può essere lunga anche 15-20 km e avere un'area di 300-400 km2. Il terremoto è il risultato di due processi, la propagazione della rottura, che "libera" i blocchi di roccia ai lati opposti della faglia, e, una volta che i due blocchi sono liberi di muoversi, dell'attrito dovuto allo sfregamento dei blocchi. La rottura si propaga a velocità di qualche chilometro al secondo, mentre i blocchi scivolano l'uno rispetto all'altro a velocità di qualche metro al secondo. In particolare, il nuovo apparato sperimentale installato a Roma consente di studiare l'attrito delle rocce quando sono sottoposte a condizioni di sollecitazione tipiche di un terremoto (velocità di scivolamento fino a 10 m/s, rigetti di diversi metri e pressioni pari allo spessore di diversi chilometri di roccia). Dovendo impiegare provini di pochi centimetri di diametro (altrimenti la macchina sperimentale avrebbe dei costi spropositati), siamo in grado di determinare l'attrito delle rocce in un punto della faglia. Per avere una visione completa del terremoto, occorre introdurre la geometria della faglia (alla scala chilometrica). A questo scopo stiamo conducendo una serie di studi nelle Alpi, dove affiorano delle faglie che scatenavano milioni di anni fa (le faglie non producono più terremoti oggi), per misurare con grande dettaglio la geometria delle faglie. E solo integrando studi sperimentali con studi di terreno che possiamo avere una visione più completa della meccanica dei terremoti.

Voi siete convinti che lo studio dei terremoti, oggi basato soprattutto sull'analisi dei tracciati sismici e sullo studio delle faglie superficiali non basta, come possono i vostri studi in laboratorio aggiungere qualcosa di più?

In realtà, come dicevo prima, SHIVA è uno dei pilastri di un progetto di più ampio respiro, finanziato dalla Unione Europea, che comprende rilevamenti geologici (o studi di terreno, come diciamo noi geologi), e altri studi ancora (mineralogici, geochimici, ecc). L'idea del progetto è di offrire un'informazione complementare a quella che otteniamo dall'analisi delle onde sismiche (i tracciati sismici). Ovviamente, la sismologia rimane uno strumento potentissimo per lo studio dei terremoti: è la sismologia che ci può dire, per esempio, quanto è grande un terremoto, in che direzione si è propagata la rottura durante il terremoto, ecc. ecc. Però le onde sismiche non hanno la risoluzione sufficiente per studiare i complessi fenomeni chimici e fisici che avvengono lungo una faglia durante un terremoto. Allo stesso tempo, lo studio delle faglie superficiali non basta, perché non offre dati quantitativi su alcuni parametri fondamentali di un terremoto (per esempio, l'attrito).
In altre parole, la sismologia offre dei vincoli fondamentali per studiare la fisica dei terremoti; l'integrazione degli studi sperimentali con quelli di terreno offre una visione "più da vicino" di quanto avviene durante un terremoto. La sismologia ci consente di capire come "funziona" un terremoto ascoltandone il rumore (le onde sismiche) da lontano, mentre gli studi di terreno e di laboratorio consentono di sollevare il cofano del motore dei terremoti e di guardarci dentro... anche se occorre avere un po' di fantasia!

Abbiamo voluto definire SHIVA come un grosso tornio dalle prestazioni eccezionali. E' appropriata questa descrizione? Quali sono le caratteristiche più originali dell'apparato in funzione all'INGV?

Sì, la descrizione è sicuramente appropriata. SHIVA (che è anche il Dio distruttore della religione Indù!) è una specie di tornio lungo circa tre metri e mezzo e pesante quattro tonnellate. SHIVA è stata realizzata in Italia ed è l'unica macchina di questo genere installata in Europa. Le caratteristiche più originali sono la grande potenza (fino a 280 kW, pari al consumo di circa 100 appartamenti e ben 20 volte di più di qualsiasi apparato sperimentale mai realizzato) e le eccezionali accelerazioni (da 0 a 10 m/s in 0.1 s) che è in grado di trasmettere ai provini di roccia. Queste potenze e accelerazioni consentono di meglio simulare rispetto a quanto fatto in passato cosa avviene nella sorgente di un terremoto.
Inoltre SHIVA è una macchina estremamente versatile: una volta completati i collaudi della macchina, condurremo delle ricerche sulla frammentazione per processi di interesse industriale.


A cura di Sonia Topazio - Capo ufficio stampa INGV - ufficiostampa@ingv.it - topazio@ingv.it
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