Sanatoria edilizia e vincoli: quando la differenza sta nella data di realizzazione dell'abuso

La data di realizzazione dell'abuso edilizio è fondamentale per l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria in presenza di vincoli di inedificabilità

di Redazione tecnica - 09/01/2021

Vincoli espropiativi e conformativi, PRG e richiesta di sanatoria edilizia. Ne parliamo mettendo sotto la lente la sentenza del Consiglio di Stato n. 8384 del 28 dicembre 2020 che si esprime sul ricorso presentato dal proprietario di un edificio abusivo al quale era stata rigettata la richiesta di condono edilizio ai sensi della Legge n. 47/1985.

La data di realizzazione dell'immobile abusivo

Di vicende simili se ne è occupato parecchie volte il Consiglio di Stato. Già in una precedente sentenza (la numero 2766/2020), i giudici avevano affermato che spetta a colui che ha commesso l'abuso "l'onere di provare la data di realizzazione dell'immobile abusivo" e che questo "non può limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferendo l'onere di prova contraria in capo all'amministrazione".

La data di realizzazione dell'abuso edilizio è fondamentale anche nel caso analizzato. Questo perché se fosse stato realizzato prima del vincolo voluto dal comune, influirebbe sulla legittimità del provvedimento impugnato. Ma la data deve essere provata dal proprietario dell'immobile, l'unico a poter possedere documenti ed elementi di prova validi in grado di dimostrare con certezza l'epoca di realizzazione del manufatto. Nel caso analizzato, il proprietario del manufatto non è riuscito a provare la data esatta della realizzazione dell'immobile, non smentendo le date portate ai giudici dall'amministrazione comunale. E, seppur sia vero che l'intervento di realizzazione è stato avviato nel 1980, questo è proseguito fino al 1982, a fronte di un Prg con dei vincoli approvato nel 1980. In ogni caso, sottolineano i giudici, non ci sono prove che i lavori siano cominciati prima dell'approvazione del Prg.

Vincoli espropiativi e vincoli conformativi

Con in vincolo viario c'è l'inedificabilità assoluta di natura conformativa. Si devono distinguere, dunque, i vincoli espropriativi da quelli conformativi. I primi, quindi quelli espropriativi, sono soggetti alla scadenza quinquennale e concernono beni determinati, individuati per la realizzazione di un'opera pubblica e che non può essere realizzata proprio per la presenza di una proprietà privata. Diversa la questione relativa ai vincoli conformativi che sono sovraordinati alle scelte di pianificazione territoriale e urbanistica, sia di ente pubblico comunale che di livello superiore. Questi vincoli derivano da norme, regolamenti o provvedimenti sovraordinati. La differenza con quelli espropriativi è che non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono dei limiti e particolari condizioni agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell’interesse pubblico.

Distinzione tra vincoli, il Consiglio di Stato spiega

"La distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi non discende dalla collocazione del vincolo in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma va operata in relazione agli effetti dell’atto di pianificazione". Così dicono i giudici del Consiglio di Stato. In particolare "se lo strumento urbanistico mira ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, in modo tale da incidere su di una generalità di beni nei confronti di una pluralità di soggetti, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, nel caso in cui imponga solo un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso va qualificato come preordinato alla relativa espropriazione". Quindi, i vincoli conformativi sono posti in relazione alla natura di intere categorie di immobili e configurano il regime di appartenenza di tali immobili che si trovino in un particolare rapporto con beni ed interessi della collettività, "in funzione del loro carattere generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di determinati beni individuati a priori per categoria derivante dalla loro posizione o localizzazione".

Il vincolo viario

Nel piano regolatore vengono indicati le reti delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti, mentre pertiene ai piani particolareggiati di esecuzione, e quindi ai piani attuativi, l’indicazione delle reti stradali "di ciascuna zona". Quindi, come specificato varie volte dalla giurisprudenza, "l'indicazione delle opere di viabilità contenute nel Prg riconducibili alle previsioni programmatiche implica non già un puntuale vincolo espropriativo, assoggettato a decadenza, a meno che non si tratti in realtà di un tipo di viabilità assimilabile a quella interna alle singole zone, e come tale integri un vincolo espropriativo". La circostanza che tale vincolo privo di natura espropriativa escluda l’edificabilità "non va confusa con altri vincoli conformativi che ammettono la realizzazione di opere a cura di privati, né data la previsione diretta nel Prg e in relazione alle caratteristiche funzionali di collegamento di due assi viari di penetrazione, possono assumere rilievole valutazioni svolte in ordine alle caratteristiche dimensionali, afferenti alla relativa brevità del suo sviluppo lineare o all’interessamento di un numero più o meno ridotto di particelle catastali. Proprio la funzione di collegamento di due assi stradali di penetrazione, infatti, ne qualifica la rilevanza, valendo a operare uno smistamento tra le correnti di traffico in entrata e in uscita dall’abitato".

Opere di viabilità e inedificabilità

In genere, dicono i giudici, l'indicazione di opere di viabilità nel piano regolatore generale comporta un vincolo di inedificabilità delle parti di territorio interessate. Ma non si tratta per forza di un vincolo preordinato ad esproprio, a meno che non si tratti, in via eccezionale, di destinazione assimilabile all'indicazione delle reti stradali all'interno ed a servizio delle singole zone, come tali riconducibili a vincoli imposti a titolo particolare, di carattere espropriativo. Ed è questo il caso analizzato. Le modalità di rappresentazione dell’asse viario nell'area in cui si trova il manufatto abusivo, non consentono di localizzare i beni suscettibili di espropriazione "necessitando, dunque, di successiva attuazione, mediante la localizzazione lenticolare dell’opera pubblica". Quindi, si legge nella sentenza, non si è in presenza di un vincolo di inedificabilità di natura espropriativa, non facendosi questione di viabilità assimilabile a quella interna alle singole zone, bensì di una previsione insediativa, volta ad individuare le zone in cui inserire le opere viarie di comunicazione del comune, interessanti una pluralità indifferenziata di proprietà esistenti nell'ambito di ciascuna di esse. Quindi le opere viarie sono previste nell'ambito del programma generale di sviluppo urbanistico, diventando vincolo conformativo della proprietà privata, non potendo, invece, ricondursi a quelle limitazioni incidenti su beni determinati in funzione, ma della localizzazione lenticolare dell'opera pubblica, per le quali soltanto è predicabile la natura di vincolo a titolo particolare, a carattere espropriativo.

I vincoli di inedificabilità

I vincoli di inedificabilità correlati alla realizzazione delle opere viarie determinano un divieto assoluto di costruire che rende inedificabili le aree site pure nella relativa "fascia di rispetto", indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale. Nel caso analizzato, dunque, si è in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, avente natura conformativa e, dunque, non soggetto a decadenza, preesistente rispetto all’esecuzione delle opere abusive, come tale idoneo ad impedire, come correttamente statuito dal Tar, l’accoglimento dell’istanza di condono. Non vale il fatto che le opere viarie non siano state ancora realizzate. Pertanto, dicono i giudici, "persistendo il vincolo viario al momento in cui la domanda di condono è stata presa in considerazione, sussisteva una legittima ragione ostativa alla sanatoria". Il ricorso è stato respinto.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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