Abusi edilizi, ante '67 e sanzione alternativa: interviene Palazzo Spada

Consiglio di Stato: "... art. 34 applicabile solo agli abusi meno gravi riferibili all'ipotesi della parziale difformità e dell'annullamento del permesso di costruire"

di Redazione tecnica - 17/02/2022

Abusi edilizi, ordine di demolizione, ante '67, sanzione alternativa alla demolizione. Gli ingredienti ci sono tutti e sono contenuti nel nuovo intervento del Consiglio di Stato che ci consente di approfondire un argomento evergreen quando si parla di edilizia: il rapporto tra abuso edilizio e ordine di demolizione.

Abusi edilizi, ante '67 e sanzione alternativa: la sentenza

Con la sentenza n. 499 del 25 gennaio 2022, i giudici di Palazzo Spada intervengono sul ricorso presentato per l'annullamento della decisione dei giudici di primo grado in merito ad una ingiunzione di demolizione, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), avente ad oggetto opere abusive realizzate in una porzione di un immobile, tutte realizzate senza alcun titolo edilizio, in zona vincolata paesaggisticamente.

Le opere oggetto dell'ordinanza di demolizione consistevano:

  • nella edificazione di 3 manufatti, rispettivamente aventi una superficie di 33, 18 e 19,30 mq;
  • nella realizzazione di una tettoia di 15 mq., di una recinzione in muratura lunga 9 mt., di un muro di contenimento lungo circa 7 mt. e alto 1,70 mt.;
  • nell’ampliamento della cantina garage e nella trasformazione di una preesistente cisterna in locale abitativo.

La decisione di primo grado

In primo grado i giudici avevano confermato la demolizione ritenendo:

  • che non fosse stata data una prova certa del fatto che le opere in contestazione fossero state realizzate prima del 1967 e, comunque, prima della entrata in vigore del vincolo paesaggistico, imposto con D.M. 19 giugno 1958, dal quale conseguiva la necessità di ottenere la preventiva autorizzazione da parte della Soprintendenza, anche nella ipotesi in cui le opere fossero state qualificabili come meramente pertinenziali o precarie, e quindi a prescindere dal titolo edilizio necessario;
  • che l’effettiva possibilità di procedere al ripristino, comminando in caso contrario una sanzione pecuniaria, avrebbe dovuto essere valutata in fase dell’esecuzione della sanzione, e non in quella della irrogazione;
  • che a fronte del rilievo di una attività edilizia non libera ma completamente priva dei prescritti titoli abilitativi si giustificava di per sé l’adozione dell’ingiunzione di demolizione, senza che potesse ammettersi la sussistenza di un legittimo affidamento del privato al mantenimento delle opere, e quindi senza che il Comune fosse onerato di motivare ina maniera specifica in ordine all’interesse pubblico alla rimozione delle opere;
  • che il procedimento amministrativo sfociato nel provvedimento impugnato non richiedeva la preventiva comunicazione.

Ante '67 e la prova della data di realizzazione dell'abuso

Sulla data di realizzazione degli interventi, il Consiglio di Stato ha prima confermato l'assunto che è onere dell'interessato provarla e da questo, dopo aver analizzato le vicende di primo grado, ha rilevato che l’unico documento che il ricorrente ha fornito, a dimostrazione dell’assunto secondo cui le opere preesistevano alla entrata in vigore della Legge n. 765 del 1967 (Legge Ponte), fosse costituita da una fotografia aerea del 1966 di assai difficile lettura.

Inoltre, l’assenza di un parere della Soprintendenza, relativo alle opere medesime, risulta pure sospetto, in quanto, pure volendo concedere che prima del 1967 la zona interessata dagli abusi edilizi fosse allocata all’esterno del centro abitato, e non fosse perciò necessaria la licenza edilizia, comunque le opere avrebbero dovuto essere preventivamente autorizzate dal Soprintendente in forza del D.M. del 19 giugno 1958.

Dunque, l'assenza di documenti che, con assoluta certezza, collochino la realizzazione delle opere prima del 1967, e l’assenza di qualsiasi parere della Soprintendenza hanno indotto il Consiglio di Stato a confermare la tesi del TAR nel ritenere che si tratti di interventi posteriori al 1967, in relazione ai quali avrebbe dovuto essere chiesto ed ottenuto, in via preventiva, un titolo edilizio, nei fatti inesistente.

La sanzione alternativa alla demolizione

Molto interessante è la parte della sentenza del Consiglio di Stato che chiarisce alcuni aspetti applicativi della disposizione prevista all'art. 34 (Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire), comma 2 del Testo Unico Edilizia:

2. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Secondo i ricorrenti, il TAR avrebbe sbagliato a non ritenere violato questo principio per il quale il legislatore avrebbe imposto sempre l’irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, nel caso non sia possibile rimuovere le difformità senza pregiudizio di quelle legittimamente edificate.

Considerazioni ritenute errate dal TAR e dallo stesso Consiglio di Stato che ha confermato una giurisprudenza pacifica su questo argomento, per la quale l’art. 34 è applicabile solo agli abusi meno gravi riferibili all'ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo ( in ragione del minor pregiudizio causato all'interesse urbanistico) e dell'annullamento del permesso di costruire ( in ragione della tutela dell'affidamento che il privato ha posto nel titolo edilizio a suo tempo rilasciato e, poi, fatto oggetto di autotutela e della circostanza che l'opera è stata costruita comunque sulla base di un provvedimento abilitativo).

Viceversa, con riferimento alle ipotesi di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l’unica applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato.

© Riproduzione riservata