Abusi edilizi in condominio: il Consiglio di Stato sul permesso in sanatoria

Nel caso di istanza di permesso di costruire ordinario o in sanatoria per un intervento sulle parti comuni in condominio occorre verificare la legittimazione del richiedente

di Redazione tecnica - 17/03/2023

Diversamente dagli unifamiliari, nel caso di interventi su edifici plurifamiliari (a maggior ragione nei condomini) occorre sempre fare molta attenzione alle parti in cui si interviene. L'art. 1117 del Codice Civile, infatti, definisce puntualmente quali sono le parti oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio. Su queste parti occorre sempre avere l'autorizzazione di tutti proprietari prima di richiedere un titolo edilizio ordinario o in sanatoria.

Abusi edilizi in condominio: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Se ne parla nella sentenza del Consiglio di Stato 13 marzo 2023, n. 2618 resa in riferimento ad un diniego di permesso di costruire in sanatoria. Il caso di specie riguarda una mansarda al piano sottotetto di un condominio che era stato condonato (per cambio di destinazione da soffitta ad appartamento).

Il proprietario aveva richiesto autorizzazione al Condominio per ampliare il terrazzo (terrazza a tasca) e aprire 4 lucernari per dare più luce all'immobile. Considerate le tempistiche per il rilascio del permesso di costruire, il proprietario decideva di effettuare i lavori per poi chiedere la sanatoria edilizia.

Occhio alle parti comuni e all'autorizzazione dell'assemblea

Il Comune, però, dopo avere effettuato le dovute verifiche sia urbanistico-edilizie che di tipo privatistico, emetteva provvedimento di diniego all'istanza di permesso di costruire in sanatoria che il tribunale di primo grado confermava.

Il Comune, infatti, dopo aver richiesto all'amministratore di condominio copia del verbale di approvazione dei lavori, aveva ricevuto la copia di due progetti di cui uno comportante modifiche solo interne all’appartamento, segnalato dall’amministratore del condominio come l’unico approvato e l’altro recante ampliamenti al terrazzo e l’apertura di lucernari che, invece, secondo quanto rilevato dall’amministratore, il condominio non avrebbe approvato.

Sulla base della comunicazione del condominio, il Comune negava il provvedimento abilitativo in sanatoria sul presupposto che, secondo quanto riferito dal condominio, i lavori realizzati non fossero conformi al progetto approvato dall’assemblea, il cui accordo sarebbe stato necessario trattandosi di intervento avente ad oggetto “parti comuni e strutturali del condominio”.

Le conferme del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente osservato che non è in discussione il fatto che l’appellante abbia chiesto all’Amministrazione il rilascio di un titolo edilizio a cui compete l’onere di accertare con serietà e rigore la legittimazione a chiedere il titolo edilizio, dovendo accertare che l’istante sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria.

La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato è oggi allineata nel senso che l'Amministrazione, quando venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza del giudice ordinario), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

Alla luce dei suddetti principi, è preciso compito dell’Amministrazione verificare l’effettiva legittimazione dell’appellante a richiedere il titolo richiesto. L’Amministrazione comunale non può ignorare la posizione esplicitamente espressa dal condominio nel caso di interventi che coinvolgono le parti comuni. Occorre, dunque, che l’assemblea esprima un consenso espresso sul progetto presentato.

Nel caso di specie, l’appellante sostiene che nessun consenso avrebbe dovuto chiedere al condominio e che realizzare la terrazza “a tasca” fosse nel suo pieno diritto.

La posizione della Cassazione

Il Consiglio di Stato ha richiamato una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. VI, 13/12/2022, n. 36389) per la quale il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell'edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, ma sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali.

In prima approssimazione va richiamato il principio generale secondo il quale il lastrico solare e il tetto sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'articolo 1117 del codice civile, anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato diviso in porzioni individuali e svolgono una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti.

La giurisprudenza in ambito condominiale, interpretando la disposizione di cui all'art. 1102 c.c., ha posto il principio che l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo partecipante incontra un limite interno e un limite esterno:

  • il primo consiste nel non alterare la destinazione della cosa e non impedirne il pari uso degli altri;
  • il secondo limite, invece, va inteso nel senso che l'uso esclusivo è precluso qualora esso implichi una lesione del diritto di un altro partecipante sul bene di sua proprietà esclusiva.

Applicando i principi generali al caso concreto, occorre sottolineare che non esiste, pertanto, un diritto assoluto di realizzare il terrazzo a tasca. Al contrario esso è soggetto a significativi limiti come ribadito dalla citata sentenza della Cassazione.

I principi della giurisprudenza

Vengono richiamati i seguenti principi:

  • da Cass. civile, sez. II, 15/06/2020, n. 11490: «Ai sensi dell'articolo 1127 c.c., costituisce sopraelevazione , soltanto l'intervento edificatorio che comporti l'occupazione della colonna d'aria soprastante il fabbricato condominiale. Ove, invece, il proprietario dell'ultimo piano abbatta parte della falda del tetto e della muratura per la costruzione di una terrazza, con destinazione ad uso esclusivo, siffatta modifica integra una utilizzazione non consentita delle cose comuni e, dunque, una innovazione vietata, giacché le trasformazioni strutturali realizzate determinano l'appropriazione definitiva di cose comuni alla proprietà individuale, con conseguente lesione dei diritti degli altri condomini»;
  • da Cass. civile, sez. II, 11/09/2017, n. 21049: «Il consenso all'alterazione della struttura del tetto di un edificio condominiale, mediante la creazione di una terrazza “a tasca”, a servizio di un appartamento di proprietà esclusiva, deve essere espresso con un atto avente la forma scritta ad substantiam, trattandosi di consenso alla realizzazione di un'innovazione sulla cosa comune».

Conclusioni

In conclusione:

  • l’appellante doveva ottenere il consenso del condominio per realizzare la terrazza (come, in effetti ha cercato di fare);
  • correttamente l’Amministrazione ha verificato se, prima facie, tale consenso del condominio era stato espresso nelle forme dovute.

Nella specie il Comune ha verificato la discrasia tra il progetto presentato e quello su cui era stato ottenuto il consenso. Tale constatazione è sufficiente a legittimare il provvedimento di diniego.

Nella specie, comunque, il taglio del tetto non poteva considerarsi come un intervento che dà “luogo a modifiche non significative della consistenza del bene”.

Per questo motivo l'appello è stato ritenuto infondato.

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