Abusi edilizi maggiori: no al condono edilizio in zona vincolata

Il vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi costituisce una motivazione sufficiente a fondare il diniego di condono

di Redazione tecnica - 30/11/2022

Nella “tempesta” che per ora, alla luce dei recenti tragici evnti di Ischia, investe le pratiche di condono edilizio, c’è una certezza granitica: un’Amministrazione non concederà mai la sanatoria – straordinaria – su immobili abusivi costruiti su aree vincolate, senza il parere dell’Autorità preposta al vincolo e, soprattutto nel caso di abusi edilizi maggiori.

Abusi in zona vincolata: condono edilizio impossibile

Una certezza che viene nuovamente confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 10495/2022, che ha respinto l’appello di una società immobiliare contro il rigetto delle istanze di condono che aveva presentato ai sensi del D.L. n. 326/2003 (cd “Terzo Condono Edilizio”).

Mentre secondo il Comune gli abusi erano insanabili a causa del vincolo insistente sull’area e sulla modifica dell’aspetto esteriore dei luoghi che ne derivava, il ricorrente sosteneva che le opere non avrebbero comportato aumento volumetrico o modifica di sagoma. Non solo: l’amministrazione avrebbe errato nel ritenere il silenzio ndell’Autorità preposta al vincolo come silenzio rigetto.

La sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha specificato che il richiamo al vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alle caratteristiche di questi ultimi costituisce una motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati, anche rispetto alle deduzioni difensive presentate in sede di contraddittorio procedimentale.

Come disposto dall’art. 32, del D.L. n. 269/2003, è previsto in linea generale un divieto di sanatoria delle opere realizzate su «immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi (…) dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali» [comma 27, lett. d)].

Eccezione alla regola è costituita da:

  • vincoli di carattere relativo ex art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47;
  • interventi che, se «conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici», rientrano nelle ipotesi di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al medesimo decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 [comma 26, lett. b)].

In questo caso invece sono stati realizzati nuovi volumi, attraverso la chiusura di spazi delimitati da una tettoia aperta su un lato, o l’ampliamento di quelli preesistenti. Si tratta nel loro complesso di interventi non riconducibili alle fattispecie rientranti nei cd “abusi minori”, contrastanti per altro con le norme di piano regolatore generale per la zona agricola in cui l’immobile è ubicato, vietanti modifiche della configurazione volumetrica esistente.

Compatibilità paesaggistica e silenzio assenso

Inoltre va esclusa la formazione del parere favorevole di compatibilità paesaggistica in via tacita: è costante al riguardo l’orientamento giurisprudenziale che esclude la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata. L’art. 32, comma 1, legge n. 47/1985, richiamato dall’art. 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».

Questo implica che per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge correla all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita dell’atto consultivo. Al contrario, lo stesso art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come ipotesi di «silenzio-rifiuto», impugnabile dall’interessato, il quale non può dunque dolersi del mancato sollecito dell’amministrazione comunale affinché il parere fosse reso.

Il ricorso è stato quindi respinto, legittimando il diniego alle istanze di condono formulato dall’Amministrazione Comunale.

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