Abusi edilizi e mancata demolizione: un quadro tormentato

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliano interviene con una sentenza molto innovativa sugli effetti della mancata demolizione degli abusi edilizi

di Redazione tecnica - 19/09/2023

Come se non bastasse la complessità della materia, la demolizione degli abusi edilizi è un argomento molto delicato su cui è importante conoscere non solo la normativa ma anche la sua evoluzione negli anni. Tra abusi formali e sostanziali, fiscalizzazione, sanzione alternativa e possibilità di sanatoria, un aspetto è certo: nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, se manca la doppia conformità la demolizione è una strada senza uscita.

La demolizione degli abusi edilizi

In particolare, l'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) definisce nel dettaglio la procedura da seguire per la rimozione e demolizione di eventuali difformità edilizie non suscettibili di accertamento di conformità.

Secondo il comma 1 dell'art. 31 citato:

Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

A questo punto, senza alcuna scadenza o possibilità di prescrizione, non appena la pubblica amministrazione accerta l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario dell'immobile e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto.

Emessa l'ordinanza di demolizione, come previsto al comma 3 dell'art. 31 del T.U. Edilizia, se il responsabile dell'abuso non provvede nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.

L'inottemperanza alla demolizione

Secondo quanto prevede il successivo comma 4 dell'art. 31:

L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.

Dal 12 settembre 2014 è, inoltre, in vigore il comma 4-bis dell'art. 31 (su cui si discute ancora) che prevede:

L'autorità competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

Le domande e la sentenza della CGA Siciliana

A questo punto è lecito porsi alcune domande:

  • l'inottemperanza all'ordine di demolizione entro 90 giorni comporta automaticamente l'acquisizione a patrimonio comunale?
  • la presentazione di un'istanza di sanatoria (art. 36) successivamente ai 90 giorni, è lecita oppure no?

Ha provato a rispondere a queste interessanti domande il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana con la sentenza 15 settembre 2023, n. 569 che fornisce nuovi spunti sull'argomento.

In particolare, viene proposto appello per la riforma di una decisione del primo giudice che aveva confermato un'ordinanza di demolizione e dichiarato inammissibile il ricorso presentato per l'annullamento di un provvedimento di diniego di accertamento di conformità basato sul fatto che l'istanza sarebbe stata presentata dopo i 90 giorni previsti dall'ordine di demolizione e, quindi, quando si sarebbe già consumata l’acquisizione al patrimonio comunale.

Secondo il giudice di prime cure, dopo i 90 giorni previsti dalla normativa edilizia per ottemperare all'ordine di demolizione, il ricorrente sarebbe stato privato del suo diritto a ricorrere. Il primo grado viene affermato che con il mero decorso dei termini di ottemperanza all’ordinanza di demolizione, si produce di diritto l’effetto traslativo della proprietà. Quindi, l’originario proprietario rimane privo di legittimazione per attivare una istanza di sanatoria, così come, in sede processuale, rimane privo di legittimazione ad impugnare il diniego di sanatoria.

Quadro "tormentato"

Da rilevare che secondo i giudici di secondo grado "La questione esige previamente la sintetica disamina di un quadro, sia normativo, sia giurisprudenziale, alquanto tormentato". Definizione certamente azzeccata.

Di seguito la ricostruzione normativa effettuata dal Consiglio di Giustizia Amministrativo Siciliano:

  • da una parte, ai sensi dell’art. 31, comma 3, del T.U. edilizia, se il responsabile dell'abuso “non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione”, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive “sono acquisiti di diritto” gratuitamente al patrimonio del comune;
  • dall'altra parte, ai sensi dell’art. 36, comma 1, dello stesso T.U. edilizia “in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria”.

Mentre l'art. 31, comma 3 sembrerebbe configurare una produzione ex lege dell’effetto traslativo in ragione della sola ricorrenza dell’inottemperanza nei termini, dall'altra parte l'art. 36, comma 1 consente la sanatoria anche oltre la scadenza di tali termini e cioè “comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Un aspetto, quest'ultimo, che lascerebbe intendere che vi sia un quid pluris nel cui arco temporale la sanatoria è ancora esperibile, come se la produzione dell’effetto traslativo per la sola scadenza dei termini non si sia in realtà determinata (o, quantomeno, non si sia determinata a tutti gli effetti giuridici).

Difficoltà di natura sistematica

I giudici di secondo grado rilevano, inoltre, che la legge finisce sempre per prevedere, come necessario, lo svolgimento di un’attività amministrativa, poiché occorre un atto di “accertamento dell'inottemperanza” (art. 31, comma 4), così come occorre accertare la precisa estensione dell’”area acquisita”, atteso che essa “non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita” (art. 31., comma 3).

Aspetti che secondo i giudici siciliani appaiono scarsamente conciliabili con un puro automatismo degli effetti, sembrando poco congruente postulare la verificazione di un effetto acquisitivo automatico immediato.

Cosa dice la giurisprudenza

Di recente si è statuito che:

  • il “presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge”;
  • il "diverso orientamento invocato dall’appellante si scontra con l’insuperabile rilievo per cui, decorso inutilmente il termine previsto per la demolizione, il manufatto abusivo è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune, sicché colui che presenta la domanda di accertamento in conformità non è più proprietario del bene che intende sanare, con conseguente carenza di legittimazione all’avvio dell’iter procedimentale”;
  • la giurisprudenza ha chiarito che "l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire”;
  • deve ritenersi ininfluente la sussistenza (o meno) di atto di accertamento di inottemperanza all'ordinanza di demolizione, proprio in forza della natura automatica dell’acquisto da parte dell’amministrazione … l’atto dichiarativo dell’accertamento dell’inottemperanza è necessario ai fini dell’immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari e non è costitutivo dell’effetto acquisitivo … il verbale di accertamento dell’inottemperanza non assume portata lesiva degli interessi del privato”.

I principi europei

Secondo i giudici siciliani non si può fare a meno di rimarcare come il governo di tale quadro normativo, al di là dello scomposto e dunque insufficiente dato letterale, sia e debba essere ormai decisamente influenzato dai principi della CEDU e dalla correlativa necessità di recuperare maggiori margini di tutela per il cittadino, il che induce peraltro a ritrovare, rispetto all’eccentricità di affrettate formule legislative privatistiche, interpretazioni conformi ai principi del sistema pubblicistico.

Conclusioni

Secondo il CGA Siciliano il mero trascorrere dei 90 giorni non conclude il procedimento amministrativo volto a tutelare l’integrità del territorio violata dalla costruzione abusiva. La necessità di individuare e rispettare tutte le fasi ulteriori del procedimento risponde ai principi più volte ribaditi anche in sede multilivello di certezza dei rapporti giuridici, di corretto agire della pubblica amministrazione alla stregua del principio di “buona amministrazione” che è di diretta applicazione nel nostro ordinamento.

Per questo motivo, la pubblica amministrazione deve accertare l’ottemperanza o meno dell'ordine di demolizione, che deve essere ritualmente notificata all’interessato.

In questo interstizio tra il decorso dei 90 giorni e l’adozione degli ulteriori provvedimenti si radica la previsione di chiusura dell’art. 36 del testo unico dell’edilizia dovendosi ritenere questa la sola interpretazione che possa rendere conciliabili le due disposizioni.

Per cui, la celere definizione del procedimento di reintegra del territorio violato impedisce la proposizione dell’istanza di sanatoria, mentre il suo dilatarsi nel tempo consente al cittadino di proporre la verifica della doppia legittimità delle opere abusive.

In definitiva, decorsi inutilmente i 90 giorni dall'ordine di demolizione è concessa sempre la proposizione di istanza di accertamento di conformità almeno fino a quando la P.A. non ha accertato e notificato l'inottemperanza.

Concludendo, poiché la sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di demolizione, anche se definita dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 come una conseguenza «di diritto», necessita comunque, conformemente ai principi della C.e.d.u., di una fase di accertamento dell’inadempimento e di una fase di formale irrogazione con un provvedimento che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale, non può ritenersi che il mero decorso del termine di novanta giorni determini la carenza di legittimazione a presentare l’istanza di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Rimane un punto ancora non del tutto chiarito in relazione alla sopravvenuta sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis TU edilizia (aspetto su cui non si troverà mai un orientamento pacifico che metta tutti d'accordo).

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