Abusi edilizi: niente sanatoria parziale

Il TAR si esprime sull’annullamento in autotutela di un permesso di costruire in sanatoria per mancata rappresentazione di tutti gli abusi edilizi

di Redazione tecnica - 22/04/2024

Esiste un principio consolidato della giurisprudenza amministrativa per cui la valutazione di un abuso edilizio ai fini della presentazione dell’istanza e ottenimento del permesso di costruire in sanatoria, va considerato l’immobile nella sua interezza e non nelle sue singole parti.

Abusi edilizi e sanatoria parziale: interviene il TAR

Un principio che è stato ribadito dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia che con la sentenza 17 aprile 2024, n. 1308 ci consente di approfondire il tema della sanatoria edilizia e dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire in sanatoria.

Il caso, molto interessante, riguarda il ricorso contro un provvedimento del Comune che ha disposto l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire in sanatoria ad oggetto le opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia in sanatoria. Provvedimento emanato a seguito di un esposto dei vicini confinanti e basato:

  • sulla mancata produzione di un titolo da cui risultasse il diritto alla realizzazione di nuove aperture, prospicienti su un terreno retrostante di proprietà privata;
  • sulla circostanza che tali aperture non sarebbero state conformi alle previsioni della concessione edilizia in sanatoria;
  • sull’errata rappresentazione dei luoghi (avuto particolare riguardo alle quote riportate nell’elaborato grafico di rilievo) che avrebbe indotto l’amministrazione comunale ad adottare il provvedimento poi annullato.

Il ricorso

Secondo il ricorrente, però, il provvedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria sarebbe illegittimo perché adottato non sul presupposto di una violazione di norme dettate in materia di edilizia ed urbanistica, e, quindi, per il perseguimento dell’interesse pubblico, ma al solo fine di tutelare la proprietà dei terzi privati confinanti, proprietà in realtà oggetto di contestazione giudiziale.

Nel caso di specie, quindi, annullando il provvedimento di sanatoria per il solo fatto della (ritenuta) altrui titolarità del fondo su cui le aperture si affacciano, l’amministrazione avrebbe violato il principio per il quale il Comune, al fine di provvedere al rilascio dei permessi di costruire, non deve verificare ogni aspetto civilistico che potrebbe emergere, ma deve esclusivamente vagliare i profili urbanistici ed edilizi connessi al titolo richiesto, dovendo escludersi l’obbligo di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità del bene o di verificare l’inesistenza di servitù o altri vincoli reali che potrebbero limitare l’attività edificatoria.

L’eccezione

I vicini, controinteressati in primo grado, hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso perché non basato sulla mancata contestazione di alcuni capi motivazionali ovvero:

  • il rilievo relativo alla infedele rappresentazione dello stato di fatto;
  • l’esistenza di aperture mai autorizzate nell’attuale conformazione.

Niente sanatoria parziale

I giudici di primo grado hanno confermato che il provvedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria è stato adottato dal Comune per le seguenti ragioni:

  • la ditta titolare non ha prodotto alcun titolo sul possesso del diritto alle “nuove” aperture presenti sul prospetto retrostante che si affaccia su un terreno privato;
  • le aperture preesistenti, riportate nell’elaborato grafico allegato alla Concessione Edilizia in sanatoria, risultano essere state modificate senza alcun valido titolo”;
  • l’Amministrazione è stata indotta ad adottare il provvedimento autorizzatorio tramite un’errata/falsa rappresentazione dei luoghi (vedi le quote riportate nella sezione dell’elaborato grafico di rilievo).

Dunque, le motivazioni su cui poggia il provvedimento impugnato sono molteplici e non risiedono nella mera necessità di tutelare il diritto di proprietà dei vicini.

L’amministrazione ha dato rilievo all’ulteriore circostanza stante nell’esistenza di abusi ulteriori rispetto a quelli di cui è stata chiesta la sanatoria, abusi che non solo non sono stati menzionati dalla ricorrente tra le opere di cui è stata chiesta la regolarizzazione, ma sono stati anzi dalla medesima celati, a mezzo di una rappresentazione grafica dello stato dei luoghi difforme rispetto alla realtà.

Nel dettaglio, il Comune ha descritto le difformità tra l’effettivo stato dei luoghi e la rappresentazione grafica allegata all’istanza di sanatoria edilizia:

  • diversa altezza della gronda del terzo piano (quarto f.t) con conseguente diversa inclinazione del solaio di copertura rispetto alla realtà dei luoghi;
  • errata/falsa quotatura delle altezze di interpiano,
  • mancata rappresentazione dell’ampia finestratura presente al terzo piano sul retro prospetto e assenza delle quote in tutte le aperture (porte e finestre) presenti sul retro prospetto, le quali, graficamente, risultano essere state ingrandite rispetto a quelle autorizzate.

Difformità enunciate, sebbene non dettagliatamente indicate, nel provvedimento impugnato, con la conseguenza che deve escludersi ogni dubbio (sollevato da parte ricorrente) che l’amministrazione abbia dato luogo ad una inammissibile integrazione postuma della motivazione. L’amministrazione, piuttosto, ha reso un chiarimento volto ad enucleare la natura e la consistenza delle difformità poste a base del diniego impugnato.

In definitiva, l’esistenza dei descritti abusi, ulteriori rispetto a quelli denunciati nell’istanza di sanatoria, costituisce circostanza di per sé idonea a motivare il provvedimento di rigetto.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, non è consentita la sanatoria parziale di un abuso, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono, per ritenerne sanabili singole porzioni della stessa.

La presenza di abusi ulteriori rispetto a quelli rappresentati e di cui è stata chiesta la sanatoria, posta dal Comune a fondamento del provvedimento impugnato, non ha formato oggetto di contestazione in ricorso, né sotto il profilo fattuale, né sotto quello giuridico (ossia in relazione all’attitudine della medesima a giustificare il diniego di sanatoria) e, come si è detto, è idonea, per lo meno in astratto, a giustificare il diniego.

Oltretutto, secondo un altro pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale, quando, come nella fattispecie, la determinazione amministrativa gravata si basi su una pluralità di motivi indipendenti ed autonomi gli uni dagli altri, il ricorrente ha l’onere di censurare ciascuna di queste motivazioni, diversamente configurandosi un’ipotesi di inammissibilità dell’impugnazione.

In conclusione, il ricorso ed i successivi motivi aggiunti sono stati dichiarati inammissibili e la demolizione confermata.

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