Abusi edilizi: no a interventi successivi all'istanza di condono

Fino all'eventuale concessione in sanatoria, i manufatti oggetto dell'istanza mantengono comunque il loro carattere di abusività

di Redazione tecnica - 27/05/2024

La presentazione della istanza di condono non autorizza l'interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare, i manufatti che ne formano oggetto, i quali, fino al momento dell'eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi.

Istanza di condono non autorizza nuovi interventi abusivi

A ribadire il concetto è il TAR Sicilia con la sentenza n. 1243 del 12 aprile 2024, che ha rigettato il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione in relazione ad opere di ampliamento e di realizzazione di un muro di contenimento, in un immobile già abusivo, sul quale era stata presentata istanza condono, ancora in fase di valutazione.

Le opere in questione hanno riguardato in particolare l’ampliamento dell’immobile preesistente (già oggetto di richiesta di Primo Condono Edilizio, ai sensi della Legge n. 47/1985, ancora in valutazione) con la realizzazione di due nuovi vani cucina, uno al pian terreno e l’altro al primo piano, entrambi delle dimensioni di 1,80 x 8,00 m circa, e la realizzazione di un muro in contenimento in cemento armato.

I due vani non sono stati realizzati mediante la semplice chiusura di spazi interni con opere precarie, come sostenuto dal ricorrente; sono bensì configurabili come vere e proprie opere di ampliamento dell’edificio preesistente, e pertanto per realizzarle era obbligatorio richiedere il permesso di costruire, così come anche per costruire il muro.

Di conseguenza, si spiega, trattandosi di nuove opere realizzate in totale assenza del titolo obbligatorio, non si può applicare la misura eccezionale di cui all’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001 esclusivamente alle opere, per le quali si dimostri che la demolizione arrecherebbe più danni che benefici, consistenti in:

  • interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” - ai sensi del TUE, art. 10 (“Interventi subordinati a permesso di costruire”) comma 1, lettera c) - realizzati senza permesso o in totale difformità dallo stesso;
  • interventi di nuova costruzione realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire.

Considerato che nel caso in esame sono state realizzate nuove opere ed eseguito l’ampliamento dell’edificio preesistente, è corretto l’operato dell’Amministrazione che ha applicato le sanzioni di cui al TUE all’art. 31 (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) sia per il muro di contenimento che per i nuovi vani costruiti.

No alla fiscalizzazione per nuove opere eseguite senza permesso

Il TAR ha anche precisato che la fiscalizzazione dell’abuso è una misura eccezionale che ammette - per i casi nei quali il ripristino dei luoghi non fosse possibile oppure arrecasse danno alla parte dell’immobile eseguita in conformità - la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con la sanzione pecuniaria.

Si tratta di una concessione derogatoria per la quale il soggetto responsabile è tenuto a fornire prove e valide dimostrazioni, in quanto il Comune non è tenuto in alcun modo a verificare l’applicabilità della fiscalizzazione a favore dell’abuso commesso prima di emettere l’ordine di demolizione.In ogni caso, comunque, la misura è dedicata esclusivamente agli interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” eseguiti senza titolo o in difformità dallo stesso, e alle nuove costruzioni realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire.

Ingiunzione di demolizione: cosa succede se non si provvede?

Qui si prevede che, nel caso in cui il responsabile non dovesse provvedere alla demolizione entro 90 giorni, il bene, l’area di sedime e tutta l’area necessaria (fino a 10 volte la superficie utile complessiva realizzata abusivamente) debba essere acquisita di diritto gratuitamente al patrimonio del comune; condizione riscontrabile nell’abuso in questione, dove peraltro già nel provvedimento di demolizione erano state specificate chiaramente le conseguenze giuridiche derivanti dall’inosservanza dell’obbligo entro il termine di legge, con particolare riguardo alla possibile acquisizione di diritto al patrimonio, all’irrogazione della sanzione pecuniaria (art. 31, comma 4-bis) e all’esecuzione d’ufficio.

I giudici del TAR confermano in conclusione l’efficacia della sanzione ripristinatoria e della conseguente acquisizione al patrimonio comunale, precisando inoltre i seguenti punti sull’ordine di demolizione:

  1. è un atto vincolato che non richiede ulteriori motivazioni oltre a quelle di ripristino della legalità violata;
  2. è valido anche se disposto a distanza di molto tempo dalla realizzazione dell’abuso;
  3. non può essere considerato inesistente o invalido a causa di vizi nella notifica dell’atto - che in questo caso è stato notificato mediante messo comunale invece che tramite ufficiale giudiziario - in quanto ogni eventuale vizio della notifica viene sanato dal raggiungimento dello scopo dell’atto, che è quello di portare il provvedimento a conoscenza del destinatario.

 

 

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